CICERONE, VENDICATORE DI PETRA
Per l'antica Roma, la provincia della Sicilia fu, come disse Catone, il granaio della repubblica, la nutrice al cui seno il popolo romano si era nutrito. Infatti da alcune di quelle città siciliane che erano state conquistate dopo aver fatto resistenza, fra cui Petra, l'Urbe esigeva una tassa annua corrispondente ad un decimo del raccolto, la decuma, la cui riscossione veniva data in appalto a soggetti privati, i decumani. I vari governatori romani dell'isola ne approfittarono regolarmente per arricchirsi con vari accorgimenti poco leciti e tollerati da Roma.
Ma uno più di tutti, Gaio Licinio VERRE, emanando editti arbitrari e con metodi addirittura banditeschi, si diede dal 73 al 71 a. C. ad una sistematica depredazione, determinando la rovina degli agricoltori isolani. Molti, abbandonate le loro terre, si trovarono costretti, già da allora, ad emigrare.
Collezionista accanito, egli saccheggiò sia i privati che i templi, portandosi via le più belle opere d'arte e trovò ogni sotterfugio per esigere a nome di Roma il pagamento indebito di somme, che finivano nelle sue tasche.
Carta della Sicilia romana La individuazione di Petra è tuttora controversa |
La reazione di Petra e di altre città decumanae
I Petrini, insieme ai rappresentanti di diverse altre città siciliane, disperando di potersi difendere, perché Verre era un uomo spregiudicato e molto potente, abituato a corrompere i politici e ad intimidire i sottoposti, si rivolsero ad un avvocato ancora poco conosciuto, Marco Tullio Cicerone, del quale avevano potuto conoscere l'onestà quando era stato questore di Lilibeo nel 75 a. C. (vicino Marsala).
Cicerone giovane avvocato integro e determinato |
Incisione francese del XVIII secolo
Cosa aveva fatto Verre ai Petrini?
Solitamente le amministrazioni cittadine concorrevano agli appalti per poter svolger esse stesse le funzioni dei decumani, limitando così il costo per la popolazione, ma Verre era a capo di un'organizzazione estorsiva con molti complici. Partecipavano anche loro alle gare, facendo lievitare gli importi in modo spropositato e vincendo l'appalto. Le città si trovavano allora costrette a riscattare a loro il servizio, cioè a comprarlo oppure a subappaltarlo alle loro condizioni. Costoro esigevano qualunque cifra, costringendo le città a ricorrere alle finanziarie di allora o ad usurai, pure collegati a Verre. In breve, si facevano prestare da Verre i soldi per pagare i suoi stessi prestanome!
Un sesterzio dell'epoca dei fatti |
Così i Petrini furono costretti a dare a tale Publio Nevio Turpione, turpe di nome e di fatto, (così come Verre, il cui nome - in latino maiale - era già tutto un programma) una somma di 52.000 sesterzi per riscattare decime il cui valore originario era di 45.000. I Petrini pagarono, perché ben sapevano a quali mezzi ricorressero per le esazioni gli sgherri di costoro, fra cui anche violenze fisiche e ritorsioni di ogni tipo.
Vista della Sicilia granaria dalla antica roccaforte di Petralia Soprana |
Il danno subito
Per farci un'idea del valore della moneta di allora, considerando che un soldato semplice guadagnava meno di cento sesterzi al mese, si può approssimare che i Petrini abbiano pagato l'equivalente di 520.000 euro. Ma questo solo per la decima, cui andavano poi aggiunte, a carico dell'agricoltore, la vendita forzosa di un altro decimo del raccolto a prezzo irrisorio imposto da Verre, e poi ulteriori tasse per pagare le spese del governatore e dei suoi familiari, con importi liberamente fissati da lui. Le imposte arrivavano talvolta in questo modo a coprire il 75% del raccolto e oltre. Spesso inoltre Verre, una volta ricevuta la decima in natura, e ammassatala nei suoi granai, lamentava falsamente che non fosse di buona qualità e ne richiedeva un nuovo pagamento in denaro che intascava, mandando invece a Roma il grano ammassato.
Cicerone accetta l'incarico...
Cicerone fu grande anche per il semplice fatto di aver accettato di difendere i siciliani da un nemico così potente. All'epoca gli abitanti delle Province erano poco più che stranieri, non godevano certo dei diritti dei cittadini romani: basti pensare che tutte le loro proprietà erano state acquisite da Roma, e che ne risultavano ormai meri usufruttuari (ed ecco la giustificazione legale della decima).
...e misura lo strapotere dell'avversario
Fu subito una battaglia all'ultimo sangue e una corsa contro il tempo degna di un film, che ricorda altre vicende moderne. Verre infatti, che aveva fatto pressioni su tutti coloro che potevano influire sul processo, cercando di far nominare un altro accusatore di suo gradimento, e di corrompere i giudici, ricorse ad ogni mezzo per sabotare Cicerone, anche con insidie fisiche. Nella procedura giudiziaria romana poteva assumere la veste di accusatore (in luogo di un pubblico ministero), anche un privato riconosciuto degno del ruolo, il quale era autorizzato a svolgere una sua autonoma indagine, sequestrando documenti e interrogando testimoni. A Roma però, Cicerone scoprì che la maggioranza delle registrazioni contabili relative a Verre, guarda caso, erano scomparse.
Durante il viaggio in Sicilia Cicerone dovette superare le insidie di Verre sia per mare che per terra |
Il blitz in Sicilia
A Cicerone erano stati assegnati poco più di tre mesi di tempo, per cui non esitò a partire direttamente in Sicilia, ove rimase per cinquanta giorni sino all'aprile del 70 a. C., spostandosi di città in città e quindi anche a Petra, per raccogliere dati, documenti e testimonianze. Visto l'ostruzionismo del nuovo governatore, Cicerone dovette fare le indagini praticamente da solo e con pochi collaboratori suoi familiari, ma l'inchiesta fu comunque conclusa ai primi di aprile con una straordinaria abbondanza di prove.
L'orazione verrina De Frumento in cui si parla di Petra |
Il processo a tamburo battente
Il 20 aprile si presentò a Roma per l'udienza, secondo quanto stabilito. E ivi, poiché erano incombenti le elezioni, che potevano influire pesantemente sull'esito del processo, giocò d'astuzia. Forte dei risultati della sua inchiesta, dopo una breve arringa preliminare, per non dare la possibilità di rinvii, cominciò immediatamente a presentare i suoi testimoni e le prove, completando la fase istruttoria in soli otto giorni. Con l'effetto di spiazzare e prevenire gli avversari. Le prove infatti furono talmente schiaccianti, che la difesa rinunciò all'incarico e che l'imputato scappò in volontario esilio a Marsiglia. Implicita confessione, che impose l'immediata condanna.
Le Verrine
Il clamoroso processo, che fu l'evento mediatico di quei tempi, risulta immortalato nelle due actiones, cioè arringhe, pronunciate da Cicerone, le c.d. Verrine, che i liceali di oggi si ritrovano ad affrontare nelle versioni latine. La vicenda di Petra è descritta nella terza parte della seconda, al n. 90.
Il trionfo di Cicerone Dettaglio da un affresco del Franciabigio (1519-21) |
Con questo exploit di ingegno e coraggio, Cicerone si conquistò la definitiva riconoscenza del popolo siciliano, e iniziò una brillante carriera di giurista e di politico.
Fu sempre coerente, e questo gli costò in ultimo la vita.
Uccisione di Cicerone
Infatti all'ascesa del secondo triumvirato, cui partecipava Marco Antonio, che Cicerone aveva sempre osteggiato, fu inserito nelle liste di proscrizione, e ucciso brutalmente da sicari: tanto aveva dato fastidio, che a 64 anni, e nonostante il suo prestigio, gli vennero persino mozzate la testa e le mani, che vennero esposte sui rostri, come pubblica ammonizione.
Ironia della sorte: nelle stesse liste di proscrizione c'era anche Verre, che venne ucciso pure lui nel 43 a.C. nel suo luogo di esilio.
Uccisione di Cicerone Incisione di fine XIX secolo |
Conclusione
Come abbiamo visto nel post Le monete della misteriosa Petra, nell'ipotesi in cui Petra sia identificabile con Petralia Soprana, ci si chiede: dove effettuò Cicerone quella parte dell'inchiesta relativa ai soprusi di Verre? Verosimilmente le sedi del potere locale anche in epoca romana coincidevano con la roccaforte naturale poi occupata da bizantini ed Arabi, e che da sempre permise, per la sua stessa conformazione, un controllo strategico del territorio circostante. È possibile che dei resti romani siano sepolti sotto la cripta di S. Maria di Loreto, cioè sotto strati e strati di costruzioni che vi si sono susseguiti nei secoli? Oppure dobbiamo immaginare che in prossimità del sito archeologico di Santa Marina potesse essere presente un centro più esteso identificabile addirittura con una città... Chissà se mai lo si scoprirà.
Cenni bibliografici:
Marco Tullio Cicerone, In Verrem, online
Cicerone, Il processo di Verre; introduzione di Nino Marinone, traduzione e note di Laura Fiocchi; Bur Rizzoli, Milano, 1992
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