IL FEUDO MONACO

 

Monaco di mezzo


Sin dal Medio Evo abbiamo notizia di un feudo Lo Monaco sito nel Val di Mazara fra le due Petralie, Polizzi e Resuttano, e delimitato per un lato dal fiume Imera Meridionale, feudo che era sede di signoria e faceva parte del territorio di Petralia Superiore.

Nel Trecento appartenne a Cicco Ventimiglia, figlio naturale del marchese di Geraci.

I Grimaldi di Monaco
Dopo alterne vicende e diatribe giudiziarie, nel 1561 il feudo venne venduto dai fratelli Mariano e Salvatore Geremia a Pietro Andrea Grimaldi da Castrogiovanni (l'attuale Enna) al prezzo di 1900 onze.

Chi era costui? Era discendente di Enrico Grimaldi, patrizio genovese dei signori di Monaco (della stessa famiglia degli attuali Principi di Monaco). Enrico fu ciambellano e consigliere di re Martino, e nel 1397 divenne governatore di Castrogiovanni (Enna)  ottenendo in compenso dei suoi servigi, tutte le terre confiscate ai nobili ribelli di quel territorio.


Stele funeraria di Pietro Andrea Grimaldi
Chiesa di S. Francesco a Palermo

I suoi discendenti furono baroni di S. Caterina Villarmosa. 

In ultimo il nostro Pietro Andrea nel 1625 ottenne dal re di Spagna Filippo IV che la baronia fosse elevata addirittura a principato. Ed ecco i Grimaldi divenuti principi di S. Caterina di Villarmosa, oltre che signori di Monaco (il feudo petralese).


 Filippo IV ritratto da Velàsquez nel 1624
all'epoca in cui fece i Grimaldi
Principi di S. Caterina Villarmosa.

A sostegno di questa parentela fra i principi monegaschi e i principi di S. Caterina Villarmosa sussistono diversi fatti storici, ed in particolare i continui rapporti sia a Genova che a Monaco fra i Grimaldi dei due casati. E non solo per iniziativa dei siciliani, ma nei due sensi.

Il tutto trova poi una giustificazione, oltre che nei testi sacri della storia nobiliare siciliana (Mugnos, Villabianca, Mango di Casalgerardo ecc.) in un testo genealogico cinquecentesco, Genealogica et Historica Grimaldae Gentis Arbor del 1647, scritto da Charles de Venasque-Ferriol (segretario di Honoré II, Principe di Monaco), che argomentava approfonditamente su tale parentela. Un riscontro di fonte monegasca particolarmente autorevole.


Il testo cinquecentesco che comprova
la parentela fra i Grimaldi monegaschi e quelli siciliani. 


Per coronare il tutto, nel 2017, Il principe Alberto II di Monaco è venuto con la moglie in visita ufficiale a S. Caterina Villarmosa, confermando anche lui le comuni origini.




Possiamo  quindi affermare che per una strana combinazione, così come i principi Grimaldi franco-genovesi furono e sono signori di Monaco (Monte-Carlo), anche i Grimaldi di Sicilia, Principi di S. Caterina, furono per un secolo circa signori di Monaco, riferendoci stavolta al feudo delle Petralie. Curiose coincidenze.

Inoltre, per le suddette considerazioni, il feudo Monaco avrebbe titolo per essere ammesso alla associazione franco-italiana Federazione dei Siti Storici dei Grimaldi creata dal principe Alberto nel 2022, e di cui fa parte appunto S. Caterina.


Il barone Paolo Agliata

Il barone Agliata
Nel 1653, per sopravvenuti problemi economici, il feudo, al quale era stata collegata una baronia, venne venduto dai Grimaldi, con il relativo titolo, al notaio Paolo Agliata (1613-1672), come ancora oggi si legge sulla sua lapide sepolcrale, nella cappella da lui fatta costruire nella Chiesa Madre di Petralia Sottana.
Egli pagò il tutto 5.400 onze, di cui 5.100 per la baronia, 250 per il molino e 50 per il mero e misto imperio, cioè per il potere di amministrare sugli abitanti del feudo la bassa ed alta giustizia, cioè di giudicarli e di comminare loro pene. Degno di rilievo il grande valore del molino.
Il prezzo pagato corrisponde approssimativamente ai nostri 380.000 euro (alla fine del 1600, il canone annuo di locazione di una casa si aggirava sul centinaio di onze). 


Stele funeraria di Paolo Agliata
 "Barone delli Monaci,"
    Chiesa Madre di Petralia Sottana.


I tre feudi Monaco Soprano, Medio e Sottano nel catasto borbonico dell'800


Paolo Agliata aveva il titolo di barone "delli Monaci" perché il feudo era suddiviso in tre parti: Monaco Soprano o de susu, Monaco Medio o d'immenzo e Monaco Sottano o de jusu, parti collegate da trazzere. La chiesetta comune alle tre parti, tuttora visitabile, era sita in posizione centrale a Monaco di mezzo, per essere agevolmente accessibile all'intera popolazione del feudo. In quell'epoca facevano ormai parte del territorio non più di Petralia Soprana ma di Petralia Sottana.

Come abbiamo detto, era presente nel feudo un molino, che sfruttando la vicinanza del fiume Imera Meridionale, assicurava sia la lavorazione dei cereali raccolti sul posto, che sostanziosi guadagni al feudatario che riscuoteva la relativa gabella molitoria.


L'antica chiesa del feudo Monaco, situata a Monaco di Mezzo.


Successivi passaggi delle terre e dei titoli
Le varie parti del feudo e i titoli relativi subirono poi nel tempo passaggi di proprietà autonomi e si assistette addirittura ad una duplicazione dei titoli stessi.

Monaco Soprano insieme al titolo di barone passò nel 1722 a Domenico Pucci della famiglia nobiliare di Petralia Sottana. 

D'altra parte, nel 1760, del titolo di barone di Lo Monaco, senza altre specificazioni, venne investito Francesco Sgadari, figlio di don Matteo Sgadari di Petralia Soprana, pur non essendo egli proprietario neppure di parte del feudo in questione.

Inoltre il titolo corrispondente all'originaria signoria, anch'esso sganciato dalle terre, giunse a Casimiro Di Maria (della famiglia patrizia di Petralia Sottana), che nel 1890 venne riconosciuto signore di Monaco Soprano, Monaco d'Immezzo e Monaco Sottano, e ciò in coesistenza con il titolo di barone suddetto, che pure avrebbe dovuto secondo logica assorbire il primo, essendogli superiore di grado.



A questo proposito il feudo Monaco appare esemplificativo di due tendenze storiche del feudalesimo siciliano, a partire dal 1600: 

- quella del governo centrale di fare moneta con la vendita di nuovi titoli e di feudi su cui "appoggiarli", creando quindi di fatto nuovi nobili, fra coloro che possedevano i mezzi per permetterselo,
- quella delle casate nobiliari più antiche di vendere parte di feudi in loro possesso a persone interessate a nobilitarsi, salva la convalida successiva dell'investitura da parte del Regno, pur mantenendo i titoli originari, con conseguente parcellizzazione e talvolta sostanziale duplicazione degli stessi. 

Ecco che si trovano a coesistere i titoli di signore e di barone sulle stesse terre, o su terre che erano inizialmente un unico feudo, e che il titolo di barone forma addirittura oggetto di investitura autonoma, senza essere più, per l'investito, appoggiato sulla proprietà reale di alcuna terra feudale.


La masseria settecentesca di Monaco di Mezzo

MONACO DI MEZZO

Le terre di Monaco di Mezzo vennero ereditate dall'Opera Pia fondata dal barone Agliata, che gestiva l'ospedale di Petralia Sottana, e dopo l'eversione dell'asse ecclesiastico, vennero vendute dalla Commissione per la Vendita dei Beni Ecclesiali a don Michele Pottino (1807-1887) di Petralia Soprana. Oggi l'ex feudo appartiene agli eredi Ettore e Vincenzo, del ramo dei Marchesi di Echifaldo.


Michele Pottino


Come possiamo leggere nel relativo sito, Monaco di Mezzo con la sua masseria è stato per secoli il fulcro del feudo.


Foto di Monaco di Mezzo ai primi del XX secolo

Sino a pochi decenni fa, il caseggiato era circondato dai pagliari, rustiche capanne in pietra e paglia, dove le famiglie dei coloni vivevano nella stagione fredda. L’economia era quella del latifondo che peraltro, rispetto alle risorse umane e tecniche disponibili, era quella più rispondente al razionale utilizzo di terreni adatti a colture estensive a basso reddito.


Monaco di Mezzo


Il frumento ed i prodotti dell’allevamento ovino erano il cardine del reddito aziendale. L’olivo e la vigna erano invece destinati a soddisfare i fabbisogni aziendali.


Stemma dei Pottino
 marchesi di Echifaldo

Gli attuali discendenti, Ettore e Vincenzo Pottino, hanno affiancato alle tradizionali attività agricole l’attività agrituristica, restaurando l’antica masseria del ‘700, ai tempi perno centrale dell’azienda agricola, che si estende per circa 180 ha.

Sita al centro di una valle particolarmente vocata per la coltivazione del grano duro, l'attività è principalmente rivolta alla produzione di cereali come grano, orzo, farro, frumento e sulla.



I metodi di produzione sono assolutamente biologici e certificati. Sono stati infatti introdotti tutti gli ultimi accorgimenti utili per il risparmio energetico, quali pale eoliche, impianto di biogas, pannelli solari e caldaia per il riscaldamento autonomo. Tutt’attorno all’azienda si trovano circa 10 ettari di terreni coltivati ad olivo da cui si produce un olio dalle caratteristiche organolettiche uniche.



Gli animali degli allevamenti bovino e ovino possono pascolare allo stato brado, nutrendosi dell’erba dei pascoli attorno all’azienda, non subendo stress di alcun tipo e non venendo alimentati con mangimi sintetici.



Particolare attenzione e rispetto sono riposti nei temi della sostenibilità ambientale. L’agriturismo Monaco di Mezzo utilizza solo concimi naturali. È dotato di impianti da fonti rinnovabili ed è autosufficiente per quanto riguarda i consumi termici, essendo munito di una caldaia a legna che brucia la legna prodotta nel bosco aziendale di 80 ettari, e di un sistema di pannelli solari per la produzione di acqua calda.



Ringraziamenti per le foto ad Ettore Pottino


Cenni bibliografici

- Giovan L. Barberi, I capibrevi. I feudi dei tre Valli di Sicilia 1508 (rist. anast.), Società Storia Patria Palermo,  "Documenti storia di Sicilia diplomatica", 1985 volume 3 p. 238

- Charles de Venasque-Ferriol, Genealogica et Historica Grimaldae Gentis Arbor, 1647 

- Filadelfo Mugnos, Teatro genologico delle famiglie nobili, titolate, feudatarie ed antiche nobili del fidelissimo regno di Sicilia viventi ed estinte... P. Coppola, 1647

- Francesco Maria Emanuele e Gaetani, marchese di Villabianca, Della Sicilia nobile, parte II, 1759,  p.362

- Vincenzo Palizzolo Gravina, Il blasone in Sicilia : ossia, Raccolta araldica... Palermo, Visconti & Huber, 1875

-Antonino Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, Notizie e stemmi relativi alle famiglie nobili siciliane. (Palermo, A. Reber, 1912 

- Soprintendenza Archivistica della Sicilia Archivio di Stato di Palermo, Protonotaro del Regno di Sicilia, Repertorio dei processi di investiture feudali dal 1452 al 1812

- Timothy Davies, Famiglie Feudali Siciliane, Patrimoni, Redditi ed Investimenti tra ‘500 e ‘600, S. Sciascia, 1985

- Giuseppe "Pippo" Nicoletti, I Grimaldi di S. Caterina, le sepolture, Reischling Press 2022


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