RAFFO: MACONE


Sito su di un'altura, il quartiere Macone o Macuni, distante 8 km dal centro storico di Petralia Soprana, contribuisce con altri costoni rocciosi a comporre l'anfiteatro naturale in cui si sviluppa Raffo sino a fondo valle, sull’impluvio del Salso. 

I caseggiati di Macone sono addossati ad una parete rocciosa di calcarenite; vi si giunge  percorrendo la strada provinciale Madonnuzza-Raffo, poi un breve tratto del viadotto appartenente all’Italkali s.p.a., e infine un tratto di strada lastricata in pietra locale in ripida salita. Un'altra stradina in terra battuta collega a nord Macone a Bonicozzo, inerpicandosi sul costone roccioso. 


La stradina selciata di accesso
 
Macone si affaccia ad est sul monte Bovolito, geosito stratificato-strutturale del Parco delle Madonie che racchiude, alla base del suo versante nord, la miniera di salgemma. 
A poca distanza si può ammirare una suggestiva cascata del fiume Salso, U strittu d'u satu, in prossimità della vecchia entrata della miniera di salgemma. Proseguendo si possono ammirare antichi caseggiati rurali e ruderi di vecchi mulini, con ruota orizzontale, adiacenti all’imbocco attuale del sito minerario. 
A nord-est dei caseggiati di Macone si trova inoltre un costone roccioso, su cui si ergeva in passato la “Torre de lu Gurrafi" di cui abbiamo già parlato nel post sul quartiere Case Sgadari.

Il primo corpo di fabbrica dei caseggiati, databile al ‘700, commissionato da un medico, tale Signor Gennaro, e i manufatti adiacenti risalenti al secolo successivo, sono ricompresi sin dal 1998 fra i beni architettonici di notevole interesse pubblico.  


Fra questi ultimi viene segnalata un'elegante fontana in pietra concia di calcare compatto, con motivi decorativi a rilievo, di tipo geometrico e floreale, con modanature architettoniche di pregio, arricchita da un sistema idrico di “scifi”, bevai e canali in pietra. 
Nel tempo, in adiacenza al caseggiato più antico o nelle vicinanze, sono sorte altre costruzioni, che si sono raggruppate attorno alla corte privata. 

Gli Sgadari
Macone sormonta il quartiere Case Sgadari, che presenta fabbricati della stessa epoca e tipologia. In entrambi i casi si trattava di tenute, con edifici destinati a dimora padronale, e caratterizzati da una certa ricerca di eleganza, denotata dallo stile delle rispettive fontane.

Giulio Litterio Sgadari

Nell'800 infatti gran parte del territorio di Raffo si concentrò nelle mani della potente famiglia nobiliare degli Sgadari, ivi compresa Macone. Fu Giulio Litterio Sgadari a realizzare molti miglioramenti della tenuta, facendovi realizzare sia la fontana che il palmento, datato 1876.
Durante le infinite diatribe ereditarie successive alla morte del barone (1895), che durarono per anni, il cappellano del defunto barone Sgadari, padre Conte, si stabilì nel caseggiato più antico, adibendo un ambiente a cappella. Ivi celebrava ogni domenica la Messa, cui assistevano diversi abitanti di Raffo.

Nel corso dei primi decenni del Novecento, giunta ad una composizione la vertenza fra gli eredi Sgadari e Averna, la tenuta venne da loro venduta e vi si avvicendarono diversi proprietari (famiglie Ferrara, Pollara, La Placa, Lo Mauro e Trapani) per giungere poi tra il 1940 e il 1950 a Li Puma Pietro.


Foto di Alessandro Li Puma

I caseggiati si possono distinguere in tre corpi di fabbrica, ognuno con singoli o multipli accessi indipendenti, che si affacciano per la maggior parte sulla corte privata, realizzata in terra battuta e basolato in pietra. L’esposizione è come al solito rivolta verso sud-est, in modo tale che le varie aperture concedano il massimo dell’irraggiamento e il caldo in casa per l’intera giornata. 
Conformemente alla tipica struttura delle tenute madoniti, vi si trovano un palmento, ricoveri per animali, così come, al piano superiore, alloggi padronali.




Il forno e il bel palmento datato 1876 si trovano all'interno di uno degli edifici ottocenteschi.
Il termine "palmento" deriva dal latino pavimentum, e in origine indicava appunto il pavimento liscio ove ruotava la macina del mulino. Nel meridione passò a designare invece il luogo ove avveniva la pigiatura delle uve e la fermentazione del mosto.


Il palmento

L'ambiente, sito al pianterreno, conteneva la vasca principale elevata rispetto al pavimento, il parmìentu vero e proprio, e quella di raccolta, sottostante e seminterrata, per la raccolta del mosto.
A piedi scalzi, si spremeva l'uva con passo ritmato, mentre all'occorrenza si aggiungevano nella vasca nuovi grappoli.
Il succo che fuoriusciva (u mustu) travasava nella tina attraverso u cannuolu, a cui veniva appeso un piccolo cesto a cartedda, che serviva da filtro.


cartedda appesa o' cannuolu
 
Il torchio era una pressa manuale per spremere le vinacce, cioè i residui solidi dell’uva dopo la pigiatura.


Il vecchio torchio di Macuni
Foto del 1990
Archivio Biblioteca Frate Umile Pintorno

Macuni, casa dell'acqua 
Una particolarità di Macone è l'articolato sistema di captazione e canalizzazione  delle acque della sorgente d’acqua ivi esistente, anticamente copiosa, che alimentava fontane, “scifi”, vasche, canali sotterranei e superficiali in pietra, posti a vari livelli del terreno, di cui oggi restano purtroppo solo alcune vestigia. 
Si creavano così veri e propri giochi d’acqua.




Al di sotto del piano di calpestio del volume settecentesco, risultano infatti presenti due canali sotterranei di raccolta delle acque sorgive, costituiti da blocchi di pietra squadrata accostati l’uno all’altro sia di base che di chiusura, in modo tale da ottenere una pendenza che facesse defluire l’acqua raccolta verso il basso. Il primo canale ai piedi del costone roccioso, adiacente alle fabbriche di fondazione, riversa le proprie acque sia al pozzo/cisterna scavato nella roccia, ossia alla riserva idrica dedicata ad uso domestico e al beveraggio animali, sia ad un altro canale che convoglia le acque in una vasca a valle, retrostante la fontana settecentesca. 


Parte di un canale all'aperto
 foto di Alessandro Li Puma

Dal pozzo, ubicato all’interno di un locale apposito, si dirama un ulteriore canale sotterraneo che funge da sistema di sovrappieno e conduce le acque al sistema di accumulo idrico principale alle spalle della fontana. 



La fontana, a sua volta, è collegata con una rete di bevai, scifi e canali esterni di scolo in conci di pietra intagliata. 
L’acqua accumulata nel suo serbatoio era poi fonte di approvvigionamento per l’irrigazione di ricchi frutteti, orti e piantagioni a valle ed inoltre alimentava vasche e piccole fontane che arricchivano il giardino circostante. Infine esiste un altro canale sotterraneo che capta le acque dal versante nord del costone roccioso e le convoglia nel pozzo a monte. 

Significativamente, ancora oggi Macuni viene definita localmente "la casa dell’acqua”. 


Fabbricati accessori

Un nome molto particolare
Curiosamente, il toponimo Macone o Macuni non si ritrova in alcun'altra parte della Sicilia, neppure sotto forma di varianti. Esiste solo un Macone in Toscana.

1) Potrebbe trattarsi di un nome o soprannome di persona, quelli dell'antico proprietario dei luoghi. In Toscana, appunto, il nome e il cognome Macone esistono sin dal Medioevo.

2) Più suggestiva appare una seconda possibilità: in ambito medievale europeo, "Macone", così come "Macometus", "Machome", "Bafomet", era una deformazione di Muḥammad, cioè del profeta dell'Islam, spesso usata in senso polemico o caricaturale.

Anche in alcuni testi latini del XIII-XIV secolo, Macone indica Maometto, ad esempio: Et credebant in Maconem (E credevano in Maometto" (cronache cristiane latine).
Nella Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso troviamo: Questi or Macone adora, e fu cristiano.

La Gerusalemme Liberata

In questo caso il nome Macone sarebbe un lascito della B.traliah araba descritta da al-Muqaddasi e da al-Idrisi.

3) L'ultima ipotesi appare quella più idonea a descrivere il luogo: si tratterebbe di un idronimo collegato alla radice indoeuropea "mak-" = bagnare, impregnare, per indicare un luogo attraversato da un piccolo corso d’acqua, specialmente se in zone rurali o montane (robertobigoni.it).
Non a caso, vista la ricchezza idrica caratteristica della "casa d'acqua".

Le ipotesi 2 e 3 trovano conferma nella denominazione originaria di Raffo, cioè Guraffo o Gurrafo  (Vecchio Catasto Fabbricati del 1877), che deriva dalla semantica araba جرف (jurf/giaraf) che designa impluvi, canali naturali o letti erosi dall’acqua. Questo nome comprova il fatto che in quella zona si fossero stabiliti dei musulmani.


Il Salso a Raffo

Purtroppo la vegetazione ha invaso i luoghi che non sono al momento visitabili.
Si gode però tuttora da Macone di uno stupendo panorama su Raffo e sul monte Bovolito.


Vista di Raffo da Macone


Cenni bibliografici

- Il Tabulario Belmonte, a cura di Enrico Mazzarese Fardella, Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo 1983, pag. 216

- Archivio di Stato di Palermo. Regia Cancelleria 29, d. 132

- Giuseppe La Placa, Le torri di Petralia Soprana in Un mondo che scompare, volume II, Edizioni Arianna 2013

- Giuseppe La Placa, Un mondo che scompare, nel bacino dell'Alto Salso, Comune di Petralia Soprana, 1994

- Dichiarazione di notevole interesse pubblico di un'area a ridosso della perimetrazione del Parco delle Madonie, ricadente nei comuni di Alimena, Blufi, Bompietro, Castellana Sicula, Petralia Soprana e Petralia Sottana (GU Serie Generale n.169 del 22-07-1998) e allegati

- Giuseppe La Placa, Un mondo che scompare volume II, Edizioni Arianna 2013

- Alessandro Li Puma, Progetto di recupero di un'architettura storica, Tesi di laurea magistrale in ingegneria dei sistemi edilizi sui caseggiati di Macone, Università degli Studi di Palermo, Anno Accademico 2017/18



Panorama da Macone

Ringraziamenti
alla Biblioteca Frate Umile Pintorno di Petralia Sopranaa Daniela ed Alessandro Li Puma, Pietro Cassaniti e Peppino La Placa.


Cancello di accesso al palmento e al forno 


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