La contrada è sita fra Raffo e Pellizzara ma storicamente viene accomunata con quest'ultima frazione, dato che la maggior parte dei suoi abitanti lavoravano per la tenuta stessa. Inoltre, fino alla installazione del servizio idrico, era la fonte di Santa Marina a garantire loro l'approvvigionamento di acqua potabile.
Il sito fu abitato sin dalla più remota antichità, come testimoniato da due grotte aperte nella collina, di cui la più grande è un unico ambiente di forma tondeggiante di circa 10 mq e servì da rifugio antiaereo nell'ultimo conflitto.
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La più grande delle due grotte di Santa Marina Foto tratta dal sito Santamarinabio
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E negli anni '50 ha rivisto la luce un insediamento di epoca tardo-romana, un edificio con annessa corte munita di portico e colonnato, situato su più livelli, sito a pochissima distanza dall'
abitazione nobiliare di campagna, come si potrà leggere in questo stesso blog nel post Il sito archeologico di Santa Marina.
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Da sn a dx il sito archeologico e la villa
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Da Ernesto Pottino la proprietà della tenuta è poi passata ai suoi discendenti, fra i quali Giuseppe Messineo e poi suo figlio Gaetano, i quali hanno avuto entrambi un ruolo fondamentale nella vita culturale di Petralia Soprana.
Giuseppe Messineo (1907-1958) sostenne infatti l'apertura della biblioteca comunale, con mezzi propri e in contrapposizione con l'amministrazione comunale, e ne fu direttore per trent'anni. Gli si devono l'acquisizione e il riordino dei testi preziosi che hanno costituito l'odierno fondo bibliografico antico. Sin dal 1940, fu fautore della realizzazione del monumento a Frate Umile.
A sua volta, l'archeologo Gaetano Messineo (1943-2010) svolse fruttuose attività di scavi in Abruzzo e nell'area di Roma, oltre che all'estero, in Turchia e in Grecia. A Petralia Soprana, fu promotore nel 2007 degli scavi archeologici proprio in contrada Santa Marina. A lui sono intitolati il Museo di Malborghetto a Roma, e il Museo Civico di Petralia Soprana.
Nelle pagine di U Postali ô Patrinuostru, Mario Sabatino così ci descrive la "casina" di campagna:
Era la tipica casa ad un piano con una fuga di stanze dai tetti a volta, l’altare, incassato nelle spesse mura di un ampio salone, per la messa domenicale...
... la cucina con un ampio cortile dove c'erano le case dei mezzadri...
A pianterreno vi era... il palmento, con le vasche per la pigiatura e la raccolta del mosto, e il torchio a leva.
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Foto degli anni '30 |
Il palmento, originariamente a due vasche, presentava lo "strettoio" (strincituri) al centro, in modo da servire alternativamente due "utenti".
Il servizio in conto terzi non prevedeva pagamento in denaro ma veniva reso in giornate di lavoro per le esigenze del fondo agricolo.
I conteggi si effettuavano calcolando i "carichi" di uva lavorati e segnandoli con una tacca su di un legno di ferula opportunamente predisposto e appeso ad una parete del locale.
Non è noto a quando risalga la casina, oggetto di rifacimenti nel corso dei secoli. La parte destra (compreso il muro sul quale è incassata la cappella) è più antica della parte sinistra. Le camere di questa area sono dotate di "feritoie", camuffate all'interno da sportelli.
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La camera del prof. Gaetano Messineo |
La pavimentazione del salone centrale risulta composta da eccedenze dei pavimenti di palazzo Pottino. Ai quattro angoli sono state utilizzate piastrelle diverse rispetto alla parte centrale della stanza.
Il visitatore che entra nella tenuta, procedendo in direzione della "casina", passa innanzitutto davanti un edificio sito in posizione elevata, al limite con le case Dauro, e che era originariamente suddiviso in 4 vani, occupati dall'oleificio con frantoio e torchio alla genovese, dalla pagliera, da una casa di abitazione colonica e infine dalla stalla, dove stavano gli animali da riproduzione, un grande toro e un paio di cavalli.
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Trappeto di S. Marina |
Quanto al frantoio o trappeto (dal greco trapetés, ovvero "mola", che ha dato successivamente origine al termine latino trapetum o tarpitum) a Santa Marina si tratta di un locale che si sviluppa in lunghezza. Vi ritroviamo un'enorme mola, che in origine veniva spinta dalla forza animale e accanto alla quale stavano i coffi, cioè i fiscoli, contenitori circolari in fibre vegetali intrecciate, dove si riponevano le olive macinate, pronte per essere spremute.
Il torchio metallico (dal latino torcularium), strumento originariamente realizzato interamente in legno, compresa la vite, veniva azionato dalla forza umana.
La fontana
... Andando avanti per il viale acciottolato, costeggiato dal bosco, si arrivava all'abbeveratoio, con la vasca grande piena di pesci rossi e la piccola con il lavatoio e "u cannuolu", da cui sgorgava l'acqua sorgiva raccolta nella coppa di pietra. Ed infine si sbucava nel cortile della palazzina.
Il sopravanzo della grande vasca andava ad alimentare altra vasca circolare di irrigazione.
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La fontana datata 1868
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Nella foto qui sotto si distinguono sulla destra il "trappeto" e le case Dauro, al centro la "fontana": u cannolu la vasca con i pesci e il lavatoio, a destra la "casina".
Lungo tutto il fronte della casina e della corte, su un piano leggermente più basso, si sviluppa un pergolato su colonne in pietra, che venne realizzato da Giuseppe Messineo tra il 1936 e il 1939. Nell'angolo più remoto del pergolato erano collocati un tavolo quadrato e quattro sedili in pietra, sede di interminabili partite a carte o a monopoli o a dama, durante le lunghe estati.
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L'impianto del pergolato negli anni '30 |
Ora la natura ha ripreso possesso dei luoghi e il tempo ha trasformato le colonne in alberi. È l'edera che ne mantiene in piedi alcune ed è la stessa edera che di altre provoca il crollo.
Sul lato nord della dimora, contemporaneamente al pergolato, venne realizzata anche una floretta.
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Iniziali di Giuseppe Messineo |
Addossato ad una delle facciate della villa, un sedile in pietra a volute, come in molte altre dimore patrizie delle Petralie.
Poco distanti, l'antica base di un torchio e due bassorilievi in pietra che entrambi rappresentano l'uomo verde, una figura simbolica diffusa in tutta Europa, di cui è ancora controverso il significato.
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L'uomo verde |
Nella forma più semplice si tratta di visi, generalmente maschili, dai cui orifizi, occhi, naso, bocca e orecchie, spunta il fogliame, spesso rami o foglie di vite, oppure che hanno vegetazione e arbusti al posto di barba e capelli.
Un altro rilievo di soggetto simile si può ammirare nel giardino del circolo di cultura di Petralia Soprana, e proviene con ogni verosimiglianza dalla scomparsa chiesa del Carmelo.
L'Azienda Agricola Biologica Santa Marina
Oggi Santa Marina è sede dell'
Azienda Agricola Biologica Santa Marina, che ha ridato vita all'antico fondo rurale e alla tenuta, tra scavi archeologici e permacultura, e che porta avanti la tradizione della annuale celebrazione della Santa.
La festa di S. Marina
La celebrazione in onore della Santa da cui prende il nome la contrada è una festa antica, a cui tutta Pellizzara partecipava storicamente nel periodo estivo, alla conclusione dei gravosi lavori di stagione. Oggi si svolge il 17 luglio di ogni anno nella tenuta, che è suolo consacrato, per via della cappella dedicata alla Santa.
Non è noto come sia giunto il suo culto a Petralia Soprana. La storia di Santa Marina si perde nella notte dei tempi, verso l’VIII secolo in Bitinia, in Asia minore. Nella penisola, la diffusione del culto si concentra nel centro-sud Italia.
In Sicilia una S. Marina è venerata a Termini Imerese, ma non si tratta della stessa santa di Bitinia, bensì di una siciliana, Santa Marina Vergine Pandarita, monaca basiliana, cioè di rito greco, vissuta dal 1036 al 1066 e quindi secoli dopo la santa di Bitinia, durante il periodo normanno, e che sarebbe nata a Scanio (Termini) oppure a Castell'Umberto (ME).
Sulla sua biografia esiste soltanto un codice manoscritto trecentesco redatto da un ignoto monaco di nome Daniele del Monastero di SS. Salvatore dell’Ordine basiliano in Messina. Il codice in seguito, venne scoperto e tradotto in latino dal gesuita Padre Ottavio Gaetani (1566-1620). Nella vita di questa Santa si ritrova peraltro il tema del travestimento in abiti maschili, proprio dell'agiografia di Santa Marina di Bitinia, ma inserito in un contesto biografico totalmente diverso.
Il culto di questa Santa greco-ortodossa in area petralese non avrebbe nulla di sorprendente perché perfettamente compatibile con la presenza, a poca distanza, del convento basiliano di Saccù.
Si spiegherebbe così il perché, nel dipinto della cappella riprodotto in apertura di questo post, la Santa sia ritratta, non con un bambino, come nell'iconografia propria di Santa Marina di Bitinia, ma con un teschio.
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