U SANCISUCARU

 di Nino Albanese


Fra le vie di Petralia Soprana, tanti sono i mestieri scomparsi, alcuni ormai sconosciuti ai più. Il personaggio più curioso, del quale oggi si è persa memoria, era il venditore di sanguisughe. La sua presenza nel nostro territorio si è protratta sino agli anni 1950 circa.

Annualmente, un giorno di tarda primavera, il grido forte e chiaro del sancisucaru rompeva la monotonia e la quiete del paese : Aiu i sancisuchi! Cu a accattari sancisuchi? 
Piccoli parassiti di colore nero con riflessi marrone, erano infatti presenti negli stagni o nelle pozze tra le anse del fiume Imera o del Salso, nei punti dove il corso dell’acqua era meno impetuoso.


Pesca delle sanguisughe 
nel XIX secolo

In paese qualcuno che lo conosceva lo chiamava Palù, diminutivo di Paolo o Paoluzzu; era un uomo sui 40 anni, gracile e smilzo, dal volto scarno e asciutto. Indossava ancora i vestiti della pesca : pantaloni arrotolati fin sopra le caviglie e una camicia logora dal colore indefinito. Il primo salasso era infatti toccato a lui che immergendosi a piedi nudi nell’acqua, si faceva attaccare dalle sanguisughe. Lungo il petto gli pendeva una brocca dal collo largo con la quale percorreva sempre le stesse strade del paese.


Boccali da farmacia con appositi fori 
per la conservazione 
delle sanguisughe vive,
che possono restare a digiuno per mesi.

I suoi clienti erano barbieri, tabaccai e le famiglie che, secondo la tradizione o per credenze proprie, ritenevano le sanguisughe una pratica salutare. I barbieri tenevano le sanguette in grandi barattoli di vetro bene in vista, pronte per la vendita a coloro che, per qualche indisposizione, ne avevano necessità. A volte erano loro stessi a dover praticare il salasso, prelevando le sanguisughe da un barattolo più piccolo e posizionandole con un apposito colino sul corpo del paziente.


Metodi per applicare le sanguisughe 
da Velpeau (1832)


La tradizione del “sanguisugio”, all'epoca ancora diffusa nel nostro territorio, risaliva a tempi antichissimi. Gli egizi ritenevano salutare il metodo di “estrarre il sangue marcio” dal corpo. Nel Medioevo si affermava che “tal mezzo non è nuovo“ e che il salasso “della giusta misura toglie gli umori velenosi e risana il corpo, proprio come la pioggia che scende sulla terra lentamente e la rende adatta a generare frutti”. E ancora che “il salasso giova più ai vecchi che ai giovani perché il sangue nelle vene dei vecchi è maggiormente misto a putredine e se la donna, non venisse purificata dalla putredine con le mestruazioni, comincerebbe a gonfiarsi e tumefarsi, e non potrebbe continuare a vivere”.


Applicazione di sanguisughe nel 1600


In effetti nella medicina del passato il salasso a mezzo di sanguisughe, in assenza di farmaci adeguati, portava benefici in caso di pressione alta, di edema polmonare, nell’accumulo di ferro o per evitare trombi. L'allevamento delle sanguisughe era tenuto in grande considerazione.

In un trattato del 1833 si affermava che: ”per tenerle in vita non occorre mettere nulla nell’acqua dove vivono e per esperienza è provato che le sanguette nulla pigliano dal liquido in cui si trovano”.


Per le malattie della gola, l'applicazione veniva fatta sul collo
Stampa dell'800

Il Pitrè sull'argomento scrive:
"Le mignatte vengono conservate in mezzo a creta entro tinozze di legno coperte e chiuse da tela tesavi a mo' di pelle di tamburo... omissis... Le applica il barbiere agli uomini, la moglie del barbiere alle donne, specialmente se nelle parti basse, nel davanti o nel didietro. Se la prescrizione è di quattro, il barbiere ne attacca 6; se di 14 (ne attacca) 16, dicendo che se ne sono attaccate tante, ed attaccate che erano, non poteva staccarle.
Le piccole sono ritenute le migliori perché credute vergini di sangue; non cadono finché non si riempiano e cadano da sé. La sancisuca nun cadi s'un si sazia. I morsi si lasciano aperti per il necessario sgorgo, se un emostatico è necessario, si principia con l'olio d'oliva e si finisce agli spicchi di fava, cioè alla fava sbucciata ed applicata con lieve compressione sulla ferita. 
Ciascuna mignatta è pagata, tutto compreso, un carrinu (cent. 21 di lira) e le mignatte si dissanguano immergendole in un po' di vino."


Antico boccale 
per la conservazione in vita delle sanguisughe
Museo della Ceramica di Sèvres


Oggi, a causa dell’inquinamento delle acque, le sanguisughe sono in via di estinzione e vengono allevate artificialmente e utilizzate come coadiuvante nella chirurgia plastica ricostruttiva, perché secernono una sostanza, l’irudina, che è il più potente anticoagulante che si conosca, evitando così la necrosi dei tessuti.

Le sanguisughe si trovano spesso negli abbeveratoi in disuso,
ma sono di specie diversa e più piccole di quelle ad uso medico.
Antica brivatura di Saccù


Nel nostro dialetto sono rimaste ancora oggi espressioni che fanno riferimento alle sanguisughe e al salasso :

Si na sancisuca (rivolto a chi ti assilla di pressanti richieste)

oppure:

- Pi tia ci voli na salina (in quanto non ti basta mai niente e sono costretto ad un continuo salasso).


In territorio di Polizzi 
Esiste la contrada Sanguisughe
Foto Wikilok


Il dipinto fiammingo in apertura del post è di Adriaen Brouwer e risale al 1635.  


Cenni bibliografici:

- Ildegarda di Bingen (1098-1179), Cause e cure delle infermità, con una nota di Angelo Morino, a cura di Paola Calef, Sellerio, Palermo 1998.

- Giovanni Battista Sembenini, Gazzetta eclettica di farmacia chimica-medica ... pei farmacisti, medici (etc.) , Volume 3, Gabinetto Letterario, 1833

- Alfred Velpeau, Nouveaux éléments de médecine opératoire, voll. 3, Parigi 1832, 2ª ed. 1839; (traduz. italiana, Milano 1834-35)

- Giuseppe Pitrè, Medicina popolare siciliana, C. Clausen, 1896



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