FIUMI delle PETRALIE (Parte II) - L'Imera Meridionale

L' Imera nella carta catastale 
di Petralia Sottana del XIX secolo

Il fiume delle Vanelle 

Il fiume Petralia, affluente più alto e più a nord dell'Imera Meridionale, nasce da un ventaglio di piccoli corsi d'acqua fra i quali il principale, il torrente Mandarini, prende il nome del relativo valico che in origine era "Mannarini", probabilmente a causa delle mannare, i recinti degli ovini.

Il torrente è alimentato ad est dalle acque che scendono da Piano Catarineci e ad ovest da quelle nascenti dal Monte S. Salvatore e dalla Madonna dell'Alto. Si tratta di una serie di valloni e fossi ripidi con frequenti salti e cascate : a nord di Petralia Sottana il vallone Carbonara, i torrenti Mandarini, S. Miceli, Campanarello e Scopalacqua.

In tutto questo primo percorso dell'Imera/Petralia, è evidente il carattere torrentizio delle sue acque, il cui volume varia in modo notevole a seconda delle precipitazioni, passando da un deflusso quasi inesistente in estate, a periodi di tumultuosa piena nei periodi invernali di pioggia.



L'Imera meridionale storico confine naturale
Nel corso della storia l'Imera Meridionale ha rappresentato quasi sempre un confine naturale fra diverse etnie, oppure una delimitazione amministrativa. E' stato infatti in passato il confine fra Siculi e Sicani, dato che questi ultimi inizialmente occuparono l’intera isola, ma nel XIII sec. a.C., a seguito dell’arrivo da est dei Siculi, dovettero spostarsi verso occidente stanziandosi ad ovest del fiume Himera. Gli abitati di Terravecchia di Cuti o di Pizzo Chibbò sarebbero quindi verosimilmente stati occupati da Sicani.
Gli arabi a loro volta, nel dividere la Sicilia in tre valli, seguirono il corso dei principali fiumi fra i quali l'Imera, così come nel Medioevo l'imperatore Federico II, nel ripartire la Sicilia in due grandi circoscrizioni amministrative e giudiziarie, prendendo come punto di riferimento proprio l'Imera (ivi compresa l'Imera settentrionale che veniva ritenuta parte dello stesso fiume) divise l'isola in due parti: Sicilia citra Salsum (orientale) e Sicilia ultra Salsum (occidentale). 

Inoltre il fiume, all'epoca in cui è sorta la necessità di una divisione territoriale fra le due Petralie, e particolarmente dal Settecento, ha rappresentato la naturale linea di ripartizione: ad ovest del fiume, verso Polizzi, il territorio di Petralia Inferior e ad est, verso Geraci, Gangi e Alimena, quello di Petralia Superior.


L'Imera, confine storico fra le due Petralie
in una carta catastale del 1840-58
S. Miceli  
Lo storico Tommaso Fazello nel 1558 scrive che il fiume Petralia nasce "da una fonte che si chiama Madonna dell'Alto, detto così da una chiesetta ch'è quivi, dedicata alla Vergine Maria, le cui acque crescono assai da alcune fontane che nascono sopra il Castel di Petralia, che continuano col nome Madonia e si chiamano le fonti di S. Arcangelo, da una chiesa del medesimo nome, e fanno il fiume che passa da Petralia inferiore e piglia il suo nome."

Si tratta della chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo, donata da Ruggero II nel 1131 al monastero benedettino di Cava dei Tirreni. Insieme alla chiesa vennero donati le terre circostanti, una casa, un mulino, delle vigne, ivi compresi dei servi della gleba, sia cristiani/greci che musulmani. Di tutto ciò oggi non rimane più che qualche resto poco decifrabile.
Il torrente tuttora esistente prende il nome appunto di S. Miceli.


Carta del Mercator 
rielaborata da Matthias Quad nel 1600

La cascata Scopalacqua
Nell'area di formazione del torrente Mandarini, in territorio di Petralia Sottana, si trova il vallone Scopalacqua, di cui è visibile, specie d'inverno, lungo la S. P. 54 che da Petralia porta a Piano Battaglia, la cascata omonima, con un dislivello di 40 metri. Il nome deriva da “scoppa l’acqua” (si getta l’acqua) da un verbo che ritroviamo nel nome anche di altre cascate meridionali (cascata dello Scoppo dell'acqua a Messina e Zompo lo Schioppo, in provincia de L'Aquila).
Cliccate qui per un filmato della cascata.


Cascata Scopalacqua
Foto di Gianpiero Lodico

I ponti
Sul torrente Mandarini, a 1010 m. d'altitudine, S. Pancrazio viene ricordato dal Ponte S. Brancatu, di epoca romana-altomedioevale, sito nella località omonima. L'arco in pietra a tutto sesto prende appoggio su due rocce scoscese e permette di scavalcare una forra profonda e difficile da valicare, in cui scorre una suggestiva gorga.
E' possibile che, su questo ponte o quantomeno su una sua versione più antica e rudimentale, sia passato con le sue truppe Ruggero d'Altavilla nel suo itinerario di guerra, per andare da Petralia a Collesano, seguendo per una lunghezza di circa 6 km il percorso iniziale della trazzera, poi conosciuta come Regia Trazzera n. 302.


Ponte San Brancatu
Foto di Francesco da Flickr

Sempre sul torrente Mandarini, poco più a sud, si incontra un altro ponte, anch'esso di fattura romanica, immerso in una natura di raro fascino: il Ponte di Pietra.



Ponte di Pietra
Foto di mikfer80 da Flickr

Sorgenti Catarratti

Sempre in territorio di Petralia Sottana, sul monte S. Salvatore, alle pendici della Madonna dell'Alto, troviamo le sorgenti Catarratti, poste a 1.175 m di altitudine. Sono perenni ed hanno un flusso medio di 40,5 litri di acqua purissima al secondo. Proprio per tale importanza, sono state utilizzate per l'approvvigionamento idrico prima di Petralia Sottana, e poi anche di Petralia Soprana e di Blufi ed incanalate, da secoli, anche per utilizzarne la forza idraulica, come vedremo appresso.

Cascate Catarratti
Foto del 1928  da Sicilia di Enrico Mauceri 

A valle, l'acqua del fiume è stata ovviamente utilizzata nel corso dei secoli per svariati usi. Le lavandaie, sfruttavano i punti in cui le sponde erano accessibili e presentavano sassi larghi e levigati, utili per sfregare i panni.






I mulini 
L'Imera/Petralia era puntellata, lungo il suo percorso, da svariati mulini a ruota orizzontale, che sfruttavano l'energia dell'acqua delle sorgenti, oppure deviata dal fiume e incanalata mediante condotte forzate (prise) simili a piccoli acquedotti. Già nel 1298 Enrico Ventimiglia fa donazione a tale Francesco Salvagnino di un mulino in territorio di Petralia, detto "de paleario" cioè del pagliaro. Nel Seicento, troviamo traccia documentale dei mulini Nuovo, Paratore, Fico, Miserianni, Torcicuda, Purgatorio e Noce, e successivamente anche dei mulini Soprano, Pagliaio (quello poc'anzi menzionato), S. Giuseppe e di Fogara. Mel 1868 Amato Amati riporta l'esistenza di ben diciannove mulini che fornivano farina non solo alle due Petralie ma anche ai comuni circostanti sino a Nicosia e a Mistretta.
I mulini appartenevano ai proprietari dei corsi d'acqua, quindi alla nobiltà locale o ad ecclesiastici ed erano opere di una certa imponenza che richiedevano un cospicuo investimento. Venivano solitamente affittati con le terre feudali ad un gabelloto, il quale a sua volta li dava in gestione ai mugnai.
Sia sui mugnai che sui clienti gravava la tassa della "gabella molitoria".
Andare alla ricerca dei vecchi mulini è possibile oggi anche con le foto satellitari. Seguendo il corso del fiume, evidenziato dalla vegetazione rigogliosa, si scopre il tracciato delle vecchie prise di mulini dimenticati, come nella foto che segue.



Un vecchio mulino nei pressi della sponda dell'Imera
poco a sud di Petralia Sottana.
Si nota la lunga prisa, anche se interrotta,

 e il foro della botte

Poiché alla base del funzionamento del mulino idraulico sta il "salto" dell'acqua che fornisce la forza per il movimento della ruota orizzontale, le sponde del fiume si presentavano particolarmente idonee per la loro pendenza, tanto da suggerire anche di edificare i mulini in sequenza, con altitudine decrescente, in modo che l'acqua di scarico del mulino più alto, alimentata dalla sorgente, venisse incanalata nella "botte" di quello più basso, e così via di seguito, sfruttando al massimo la risorsa idrica, e riversando lo scarico finale nel fiume. Di questa disposizione a "flomaria" si rinviene traccia nel nome, ad esempio del mulino "Soprano", che era evidentemente quello più alto della sequenza. Queste sequenze di mulini costituivano un vero e proprio complesso pre-industriale, di grande importanza per l'economia locale ed erano luoghi ove ferveva l'attività e confluivano utenti da tutta la zona circostante.
Alcuni mulini sono ancora visibili, altri sono scomparsi, o sono stati acquistati e inglobati dalle centrali, al momento in cui, ai primi del Novecento, iniziò lo sfruttamento del corso d'acqua per produrre energia elettrica.




Schema di centrale elettrica
    A e B: vasche di carico
Cf : condotta forzata
Ce: centrale elettrica
Cs: canale di scarico



Le centrali elettriche e lo schema Imera
L' Imera meridionale ha rappresentato nel secolo scorso una particolare ricchezza per le Madonie, nel fornire forza motrice ed elettromotrice, anche grazie allo sviluppo e al perfezionamento di quel principio di sequenza, già empiricamente attuato dai mulini, con il cosiddetto "Schema Imera di Petralia Sottana", costituito da ben quattro centrali idroelettriche poste a cascata, alimentate a monte dalle sorgenti Catarratti, e poi l'una con lo scarico dell'altra, con riversamento finale nel fiume.
Queste sono, procedendo dall'alto verso il basso, le centrali Catarratti e Paratore, il mulino-pastificio Pucci Calascibetta (poi Castagna) e la centrale Pagliaio, e tutte vennero gradualmente dismesse, negli anni '70, dopo che l'ENEL ebbe acquisito il monopolio dell'energia elettrica nel 1962.
Ne venne progettata anche una quinta ancora più vicina al fiume, che però non venne più realizzata.



Le centrali dello schema Imera, con l'indicazione dei kilovolt/ampere

La centrale Catarratti
Quella più antica e più a monte dello schema è la centrale Catarratti, situata in contrada Alastri, che, sfruttando l'acqua che scendeva dalle sorgenti omonime, ha fornito energia elettrica a Petralia Sottana dal 1908 al 1976. Il progetto dell'Ing. Rossi, del 1903, venne portato a realizzazione in cinque anni, con diverse varianti in corso d'opera, con l'uso di strumentazione elettrica della Siemens e opere murarie delle manovranze petralesi. L'opera venne inaugurata l'8.9.1908 in occasione della Festa di S. Maria Bambina.



Centrale Catarratti

Dalla vasca di carico, sita ad una quota di 1150 metri, l'acqua, incanalata in tubature, raggiungeva con un salto di 160 metri la centrale, ove veniva incamerata nella turbina, alla quale era collegato un alternatore da 5.3 kw, così producendo una tensione di 2000 volt. La corrente era trasportata poi mediante pali sino all'abitato in località Porticella, da cui giungeva infine, mediante un cavo interrato, alla stazione di trasformazione sita in Piazza Finocchiaro Aprile. Ivi la tensione veniva trasformata a 220 e 125 volt e distribuita in tutto il paese. Inizialmente funzionava solo nelle ore tardo pomeridiane e notturne e non vi erano contatori: gli utenti pagavano in base alle lampade installate in casa.






Nel 1929, essendo cresciuto il fabbisogno, vennero installati un secondo generatore, un nuovo quadro ad alta tensione e nella sottostazione, un secondo trasformatore. Nel 1932 l'originaria turbina venne sostituita con una di tipo Pelton. 






Nel 1933 venne sostituita l'originaria vasca, che ormai si svuotava in poche ore, con una più vasta e moderna, e nel 1959 le venne affiancata una seconda vasca. 



Foto da Si Energia News

Direttore dell'azienda fu sino al 1960 Giuseppe Rusignuolo. Nel 1976, i macchinari cessarono di funzionare, pur rimanendo i locali e le attrezzature di proprietà del Comune.
La centrale è stata restaurata nel 2008. Vi si possono oggi ammirare tre gruppi turbo-alternatore, quadri elettrici e tanti pezzi unici, tra i pochi ancora funzionanti in Italia.
Cliccate qui per vedere un interessante documentario sulla centrale.



Festeggiamenti per l'installazione
 della nuova turbina nel 1932


La centrale Paratore
E' stata creata in epoca più recente in altra località (contrada Paratore appunto) sull'altra sponda del fiume, ma fa parte dello stesso schema suddetto. A differenza della centrale Catarratti la centrale Paratore era destinata a fornire energia elettrica a zone diverse, in modo da divenire il nodo energetico delle Madonie: da un lato, in direzione di Castellana Sicula e di Polizzi Generosa; dall’altro, verso Petralia Soprana e Gangi. Successivamente si ebbe un prolungamento fino a Castelbuono.



La centrale Paratore 
A sinistra, una moderna cabina elettrica


Il pastificio Pucci-Calascibetta (poi Castagna)
Lo stabilimento, che costituì nel XX secolo una realtà industriale di spicco delle Madonie, fu fondato in coincidenza con la creazione della centrale Catarratti nel 1908, per sfruttare, a valle di Petralia, l'energia derivante dallo scarico della stessa. il molino-pastificio fu realizzato dal nobile petralese Giovanni Calascibetta (suo comproprietario, insieme ai Pucci), che ne restò per tanti anni l'amministratore, e che è ricordato anche per essere stato il creatore della Sezione delle Madonie del Club Alpino Italiano. 
L'acqua proveniente dalla centrale Catarratti veniva raccolta in una vasca di carico, e incanalata poi sino al pastificio tramite condotta forzata che dopo aver attraversato in cunicolo la SS 120, giungeva negli scantinati dello stabilimento, sull'altra sponda del fiume, ove si trovavano le turbine.
A partire dal 1925, con lo sviluppo del fabbisogno, il pastificio attinse poi anche dallo scarico della nuova centrale Paratore. Tutta l’acqua confluiva nella vasca di accumulo detta “gorga di don Moffo".





Scritta pubblicitaria del 1933

Il mulino venne poi acquisito dalla famiglia Castagna che lo gestì sino alla sua chiusura, alla fine del XX secolo. 


Il pastificio Castagna

La centrale Pagliaio
Il pastificio, come si è detto, sfruttava energia dalle centrali situate a monte ma nel 25 si dotò di un'autonoma centrale, con lo scopo di aumentare il carico di energia recuperando le sue stesse acque di scarico, che venivano poi scaricate nel fiume. A tale scopo riconvertì il vecchio mulino Pagliaio, sito poco più giù in direzione del fiume, e che diventò così il punto più basso dello schema Imera.
Un quinto elemento dello schema venne progettato dalla SEE, ma mai realizzato .
Nel 1954 venne inoltre realizzata un'altra centrale in territorio di Castellana, in località Portella di Campo.
Al giorno d'oggi, in attuazione di strategie di sviluppo sostenibile, si pensa, oltre agli impianti in ambito eolico, solare termico e fotovoltaico, di recuperare il potenziale delle centrali idroelettriche con la riattivazione di taluni impianti e l'edificazione di nuovi acquedotti.


I laghetti
A causa dell'installazione delle centrali, è scomparso uno specchio d'acqua in contrada Paratore di cui ci rimane traccia solo in rare fotografie dei primissimi del Novecento. In compenso si può ammirare l'incantevole sito del laghetto Mandarini.


Il laghetto in contrada Paratore
ora scomparso

L'IMERA MERIDIONALE e Petralia Soprana

Le sorgenti di Savochella
Nell'ex feudo Savochella vi erano tre sorgenti: Sfurnapane o Sconchipane, Chianu della signora o della principessa e Chianu du scursuni.
Nel Rinascimento le loro acque vennero fatte confluire a quota 1300 m. in un unico canale che proseguiva con catusi interrati e poi sorretti da un monumentale acquedotto, per approvvigionare l'abitato di Petralia Soprana (gli archi ranni).
Successivamente, le acque scendevano sino a riunirsi all'Imera.


L'acquedotto rinascimentale di Petralia Soprana
Foto dal web

Il torrente Saccù
Tra gli affluenti dell'Imera/Petralia in territorio di Petralia Soprana troviamo il torrente Saccù, da cui prende il nome la frazione.
A valle dell'abitato, alla confluenza del torrente Saccù con il fiume Imera, che proviene da Petralia Sottana, è anche presente il mulino S. Francesco, privo di vasche e ormai diroccato, ma attivo sino agli anni '40. La sua fine coincide con la diffusione dell'energia elettrica e l'arrivo delle macine a cilindri con motori elettrici.
Caratteristico è l'accesso ad arco del locale sotterraneo ove era situata la ruota orizzontale in legno che azionava le macine.
Cliccate qui per un filmato di Domenico Sabatino che offre una visuale dall'alto del corso del fiume e del vecchio mulino ora invaso dalle sterpaglie.


Mulino S. Francesco
Foto di Natale Sabatino


Cenni bibliografici

Francesco Figlia, Poteri e società in un comune feudale, Salvatore Sciascia editore, 1990 
Salvatore Farinella, Storia delle Madonie dalla preistoria al Novecento, Arianna edizioni 2010
Ferdinando Mazzarella, Rosario Ferrara, Petralia Soprana e il territorio madonita: storia, arte e archeologia, Atti del seminario di studi, Petralia Soprana Chiesa di San Teodoro 4 agosto 1999, Comune di Petralia Soprana
Michele Amari, corrispondenza con Starrabba, in Archivio Storico Siciliano
Salvatore Mazzarella, Le Acque, in Nuove Effemeridi n. 27, 1994
Salvatore Dalia, Per le antiche strade, De Ferrari,
Alessandro Torre, Fabio Torre, Antonio Spinnato, Le Pietre e l'acqua, Università di Palermo 2014
Eugenio Scarnici, Catarratti sorgenti di luce, Il Petrino
A. Gagliano, G.M. Tina, F. Nocera F. Patania, Technical and Economic Perspective for Repowering of Micro Hydro Power Plants: a Case Study of an Early XX Century Power Plant, Università di Catania 2014
Giuseppe Biundo, Articoli sulle centrali di Petralia Sottana nel sito Terni Archeologia Industriale

Ringraziamenti
a Pietro Cassaniti, Domenico Gulino, Gianpiero Lodico, Mario Sabatino e all'Associazione SottoSale


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In chiusura una foto del lago Pollicino
  alimentato da sorgenti sotterranee
 


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