L'ACQUEDOTTO

Fotografia dei primi del XX secolo (Ferruzza)

                                   UNDICI PILONI NEL 1900...... CINQUE NEL 2016


dicembre  2016


Dell'acquedotto antico, destinato a trasportare l'acqua di sorgente dalla contrada Savochella al piano della Pinta e poi all'abitato di Petralia Soprana, restano al giorno d'oggi solo due archi completi. 





Nei testi più risalenti (1) e nella tradizione locale, l'acquedotto è stato sempre ritenuto di fattura romana, sino alla recente scoperta, da parte di Rosario Ferrara (2), dei documenti relativi alla sua edificazione (e alle spese sostenute), che fanno risalire invece la sua costruzione ad un'epoca ben più recente, cioè ai primi del Cinquecento.

I due tratti dell'acquedotto rimasti vennero chiamati "Archi grandi" e "Archi piccoli". Il loro tracciato può vedersi nella carta del Catasto Borbonico Mortillaro (1832-1857).
L'acqua veniva trasportata mediante una serie di "catusi" in terracotta, di cui si sono trovati resti lungo il percorso delle tubature, in zona "Cerasella".


Carta del territorio di Petralia Soprana
Catasto Borbonico (1840 circa)

L'acquedotto è raffigurato in uno degli affreschi di fine Ottocento del palazzo comunale.





Renata Prescia ha evidenziato che "La pietra più caratteristica, soprattutto dell’area delle due Petralie, è una roccia sedimentaria, di natura silicea quarzarenitica, che si trova in abbondanza sotto forma di affioramento roccioso o a seguito del dissodamento di terreni destinati a uso agricolo; rivela spesso, al momento dello spacco, insoliti disegni prodotti dalla più o meno netta alternanza di campi di calcare bianco e sottili sedimenti ferrosi che restituiscono il tipico colore rosso mattone (3)(4).

I fori, evidenti nella struttura dell'acquedotto, venivano predisposti durante l'edificazione per inserirvi trasversalmente, da una parte all'altra, le travi che avrebbero sorretto i tavolati dei ponteggi, necessari per la lavorazione delle parti più elevate.






Foro da ponte
 Notare i caratteristici disegni rossicci 
evidenziati dal taglio delle pietre

Sino agli anni 50, l'acqua trasportata dall'acquedotto, prima di arrivare al paese, passava da una torre d'acqua, oggi non più esistente, situata in località "Castiddaru", un po' dopo "Cerasella".

Questo sistema di distribuzione dell'acqua a "castelletti", di antichissima origine, probabilmente romana, e che erano diffusi in tutta la Sicilia (c.d. castella dividicula) permetteva di sollevare l'acqua alla stessa altezza della sorgente, per conservarle una pressione tale da poter raggiungere le diverse zone dei centri abitati.

Nei pressi del castello di Ruggero, è tuttora visibile una struttura in pietra che contiene una saracinesca relativa alla condotta d'acqua.



Nella parte alta di Petralia Soprana, l'acqua giungeva quindi alla storica fontana Quattro Cannoli, realizzata in marmo di Billemi, situata al centro della città. La fotografia qui sotto, risalente alla fine degli anni Venti, è interessante perché permette una sorta di gioco del "Cerca le differenze", in relazione ai diversi dettagli che nel tempo sono mutati: ad esempio, si possono vedere i merli del campanile del S.S. Salvatore, oggi non più esistenti. Il tetto del palazzo non è ancora munito dell'attuale grondaia, ma di tipiche tegole sporgenti, oggi scomparse. 



Il dislivello fra il basamento della fontana e il resto della piazza è più accentuato.
ll selciato è ancora concepito per il transito delle carrozze.
E' cambiata anche la denominazione delle vie: questo tratto dell'attuale via Generale Medici, detto piazza Quattro Cannoli, negli anni Venti si chiamava via Francesco Crispi.

L'acqua trasportata dall'acquedotto alimentava anche il bevaio della Pinta, che è stato ripulito nella primavera del 2015, su iniziativa di un gruppo di volontari di Petralia Soprana
e poi sottoposto a modifiche nel 2017.


Il bevaio della Pinta negli anni 80


nel giugno 2015

Infine nella parte bassa del borgo, l'acqua, deviata a partire dal castelletto di "Castiddaru", giungeva alla fontana di Porticella (6).



....e nell' agosto 2017

Qui giù, in una pagina della rivista di Petralia Sottana Giglio di Roccia risalente agli anni trenta, un quadro di Antonio Collisani che raffigura l'acquedotto, anche qui erroneamente riferito ad epoca romana.



Un altro articolo della stessa rivista, del maggio 1935, in cui gli archi vengono denominati Archi di Geraci:



D'altronde, come risulta dall'elenco delle vie e strade del Comune di Petralia Soprana nel 1909, la strada lungo la quale sono situati gli archi veniva denominata "strada vicinale Archi di Geraci".



Note
  1. Francesco Ferruzza Sabatino,  Cenni storici su Petralia Soprana, Pezzino, Palermo, 1938
  2. Rosario Ferrara, L'acquedotto di Petralia Soprana, in "I Tesori architettonici nel Parco delle Madonie",  Ente Parco delle Madonie, 2011
  3. Mario Sabatino, Petralia Soprana, ieri e oggi, Comune di Petralia Soprana, 1998
  4.  Renata Prescia, Madonie, costruzioni in pietra a secco, in Madonie Madonie, Caracol, 2013
  5. S. Boscarino, A. Federico, S.Giuffrida, R. Prescia - F. Rizzo (a cura di), Petralia Soprana. Ipotesi di restauro urbano e studi di analisi multicriteriale, Palermo 1994
  6. Mario Sabatino, U postali ô Patrinuostru. Come eravamo nel '900 a Petralia Soprana, edizioni Arianna, 2023
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