FORNACI di PETRALIA SOPRANA




In Sicilia veniva chiamato stazzuni il capannone dove si fabbricavano manualmente gli oggetti in argilla e che era solitamente situato in periferia dei centri abitati e vicino ad una cava di creta. Serviva molto spazio sia per le varie fasi della lavorazione, che per poter disporre i manufatti ad asciugare in lunghi tavoloni e scaffali, in attesa della cottura. Nelle Madonie, non era difficile trovare la materia prima, nei numerosi giacimenti di creta lungo i corsi d'acqua. Nelle vicinanze dello stazzuni era situata la fornace, luogo di cottura dei manufatti. Al giorno d'oggi questo tipo di artigianato è totalmente scomparso e le vecchie fornaci costituiscono ormai reperti di archeologia artigianale o industriale.
Si discute se la parola sia derivata dal latino statio (luogo di sosta e per estensione alloggio, insediamento), o stadium (ampio spazio delimitato) oppure semplicemente da tazza.
A Petralia Soprana, la ricerca dei ruderi dei vecchi stazzuna e delle relative fornaci ancora visibili, permette di ricostruire la storica evoluzione di questa tecnologia che risale agli albori della civiltà.

La fornace Lo Mauro

Nella zona di Serij, lungo la trazzera selciata che scende dall'omonima porta sino all'abbeveratoio, si trovano i ruderi di due fornaci, risalenti almeno al Settecento. La zona è infatti ricca di argilla, la quale veniva lavorata sino a prodotto finito nel sito stesso della fornace. 
Vi si produceva materiale da costruzione, ogni sorta di madunicanali o catusu. Le varie fasi erano la raffinazione, la miscelazione e la battitura (destinate alla ripulitura e omogeneizzazione dell'argilla), seguite dalla foggiatura nei vari manufatti e dall'asciugatura. Concludeva il ciclo la cottura nella fornace, con fuoco alimentato a paglia, combustibile che dava al materiale un particolare colorito chiaro.


Foto di Rosario Ferrara - anni '90


La fornace meglio conservata è quella della famiglia Lo Mauro, attiva per secoli e sino a una quarantina di anni fa. Si scorge ancora, fra la vegetazione che ha invaso il luogo, la struttura cilindrica in mattoni, suddivisa in due camere sovrapposte: una inferiore, di combustione, parzialmente interrata per stabilità e per un migliore isolamento termico, ed una superiore di cottura, ove venivano impilati i manufatti da cuocere. 



La fornace nel suo stato attuale, invasa dalla vegetazione

Le due camere erano separate tra loro da un divisorio orizzontale munito di fori (piano forato) che lasciava passare l'aria calda. Il combustibile veniva introdotto da una bocca di accesso alla camera di combustione, mentre un'altra apertura nella camera di cottura serviva a disporvi ordinatamente i pezzi da cuocere, e veniva murata e sigillata prima dell'accensione.
Si può notare come la fornace Lo Mauro non sia molto diversa da quelle anticamente in uso ai romani, come si vede nell'illustrazione qui sotto.



Fornace della Roma antica 
da Jean-Pierre Adam,
L’arte di costruire presso i Romani. Materiali e tecniche


Della seconda fornace esistente a Serij, situata a poca distanza, scendendo per la trazzera, è ancora rintracciabile il foro di alimentazione.

U "canalaru" di Gulini

Si tratta di una fornace a botte araba (tronco di cono), attiva nella frazione Gulini dal 1933 fino al 1963. Ultimo mastru canalaru è stato Giovannino D'Angelo di Polizzi Generosa.


Fornace di Gulini
foto Domenico Guli
no - anni '90



La fornace Ragazzo a Madonnuzza

Di questo stazzuni, oggi scomparso, rimane una testimonianza in questo fotogramma tratto dal film del 1959 "I Mafiosi" di Roberto Mauri.
I fratelli Ragazzo, nel 1948 modernizzarono il modo di raffinare l'argilla con una macina trainata da un mulo o da un asino. Rimase attiva fino al 1959, anno in cui i proprietari si spostarono in zona Pinta.

Fornace di Madonnuzza - 1959


La fornace Ragazzo alla Pinta

Si trova poco al di sotto della Chiesa di S. Maria ad Nives ed era attiva sino ad una cinquantina di anni fa. Si distingue ancora nel terreno la cavità circolare in cui veniva impastata l'argilla, con uno strumento azionato da un mulo, che girava attorno ad una struttura centrale in mattoni. 



Un mulo trainava in modo circolare in questa cavità
uno strumento atto ad impastare l'argilla

Anche in questo caso, la fornace è di tipo verticale. Si vede nelle foto l'apertura laterale che serviva a introdurre i laterizi da cuocere e che è rimasta ad oggi chiusa con tegole prodotte dallo stesso stazzuni, scarti di lavorazione.


La fornace cilindrica, racchiusa da altri edifici

Un locale attiguo presenta una parete composta di sole tegole. Altre tegole sono rimaste accatastate o sparse sul luogo.



Le tegole di scarto accatastate in modo
 da formare una parete del locale attiguo alla fornace


Alcuni ricordano i tempi in cui, alla fine delle operazioni di trebbiatura alla Pinta, i ragazzi andavano alla fornace a portare pruvulazzu residuato dalla pisatina (cioè residuati della paglia che servivano per alimentare il fuoco), ottenendo in cambio qualche mattone.

La fornace Arena 

Visitiamo adesso una fornace che rappresenta una tecnologia più evoluta.
Con le fornaci tradizionali di tipo verticale, i tempi di attesa tra una cottura e l'altra variavano da 5 a 30 giorni. A fine '800 si diffuse una nuova tipologia di fornaci, inventata dal tedesco Friedrich Hoffmann, con un metodo di cottura "a fuoco continuo" che permetteva ritmi di produzione molto più intensi. L'idea era quella di un canale circolare in cui l'aria, i gas e il calore potessero fluire continuamente, divisibile con paratie amovibili, in modo da ottenere distinte "camere" ove venivano sistemati su dei pianali i pezzi da cuocere.



Schema di una fornace Hoffmann


Il combustibile veniva inserito dall'alto nel tunnel, tramite bocchette di alimentazione chiuse da coperchi, con una precisa tempistica, in modo tale da spostare il fuoco da una camera a quella attigua, e poi a quella successiva, e così via di seguito. In tal modo, con la cottura progressiva dei vari carichi di laterizi, il calore ceduto dai prodotti cotti che si raffreddavano, andava ad asciugare i pezzi ancora da cuocere, e la produzione poteva avere un ritmo continuo, senza sprechi di tempo e di combustibile.




La fornace Arena oggi


A questa tipologia, che oggi è stata abbandonata in Europa a favore di metodi industriali più progrediti, appartiene la fornace Arena, situata a Petralia Soprana, in frazione Trinità, ed attiva sino ad alcuni decenni fa. La fornace, vero monumento di archeologia industriale, è composta da due gallerie parallele fra loro collegate, che occupano il piano inferiore, mentre al piano superiore sono situate le bocchette di alimentazione.
In questo video è illustrato il funzionamento delle fornaci hoffmann


La materia prima, l'argilla, proveniva da Castellana e veniva lavorata, con l'aggiunta di sale, da un'impastatrice elettrica, per poi essere foggiata, con forme dei vari oggetti da realizzare, in prevalenza mattoni di vario disegno e misura.


Impastatrici 


I pezzi da cuocere venivano poi disposti per l'asciugatura su scaffali all'aperto, in luogo arieggiato.


Tettoie per l'asciugatura dei manufatti - Fine anni '60


Il trasporto dei pianali con i mattoni dalle tettoie di asciugatura, sino all'interno della fornace, avveniva su carrelli spostati manualmente.



Spostamento dei laterizi pronti per la cottura a mezzo di carrelli
 Fine anni '60


La fornace veniva quindi riempita in tutta la sua capacità e le aperture venivano murate e sigillate. Le operazioni di cottura si protraevano per tre giorni e tre notti consecutive, in cui era necessaria un'assistenza ininterrotta degli operatori per regolare l'alimentazione e mantenere il fuoco alla temperatura corretta, spostandolo gradualmente da un carico di mattoni all'altro. Il combustibile, sansa oppure nafta, veniva inserito nella fornace dal piano superiore, tramite i fori di alimentazione. Al termine delle operazioni, una porta veniva aperta e i mattoni venivano estratti


4 delle 6 porte della fornace al giorno d'oggi


Molte delle porte di carico e scarico della fornace sono rimaste chiuse e sigillate, ormai da decenni, e sono muti testimoni di un lavoro che doveva essere faticosissimo. In altre sono accatastati dei mattoni prodotti dalla fornace, di forme variegate. L'arco delle porte sembra ormai, con i suoi tenui e caldi colori, un prezioso reperto archeologico.




Due delle porte, una aperta e l'altra ancora sigillata
e l'interno della fornace 

con i fori di alimentazione nel soffitto a volta


Accedendo ad una delle lunghe gallerie, rivestita anch'essa di mattoni, e nel passaggio dalla luce all'ombra, la lunga prospettiva evoca un luogo sacrale antico, in cui penetrare con rispetto. I luoghi sono ingombri di pianali e carrelli dismessi, vecchi macchinari e materiali residui. Nella volta sono ancora visibili i fori di alimentazione, attraverso i quali veniva immesso il combustibile dal piano superiore.



Fori di alimentazione visti dal pavimento del piano superiore

Fuori dalla struttura troviamo un tornio, imponente scultura di un'era industriale scomparsa.
E' bello immaginare che questi luoghi riprendano vita, sotto forma di museo, di sala riunioni o di ristorante, chissà...


Tornio 

Ringraziamenti 
A Carmelo Spitale, Domenico Gulino, Lucia Arena e Pietro Cassaniti.

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