ALLA RICERCA DEL BEZOAR A PETRALIA




Dal lontano 1658, ci proviene questo libricino di Paolo Boccone dal titolo intrigante: "Della pietra Belzuar minerale siciliana", dedicato ad una misteriosa pietra dalle straordinarie proprietà terapeutiche, reperibile in Sicilia. Nel testo si legge che la si può trovare sui monti delle Madonie, e che è ben conosciuta da medici e speziali di Petralia.
Ma andiamo con ordine: la consultazione del Dizionario Siciliano-Italiano del Mortillaro di Villarena (1838) rivela che con il termine "Berzuàli" o "Belzuàr" si indica niente di meno che il mitico "Bezoàr", caro a speziali e alchimisti medievali, e ritenuto un antidoto universale contro i veleni, tornato alla ribalta di recente nella saga di Harry Potter della Rowling.


Una curiosità naturale: il bezoar

Ora, il bezoàr non è un oggetto leggendario, esiste veramente ed è conosciuto da medici e veterinari. Si tratta di una formazione solida che si crea nell'apparato gastrointestinale di ruminanti (e talvolta anche di umani) per svariate cause, e che ha l'apparenza di una pietra levigata, dalla forma arrotondata. Se lo si rompe, si può notare la sovrapposizione di diversi strati che derivano dalla sedimentazione nel tempo di sostanze, attorno ad un nucleo originario che può essere di varia natura. Si tratta di un meccanismo assimilabile a quello della formazione della perla nell'ostrica.


Bezoàr animale - Messico 1828

Secondo la leggenda, i nomadi persiani chiamavano Pazahar una capra selvaggia, nel cui stomaco fu ritrovata per la prima volta la famosa pietra. In varie civiltà del medio oriente, la pietra fu adoperata per combattere veleni e febbri maligne, e più in generale come potente amuleto. Nel Medioevo il Bezoar era ricercatissimo e molto costoso, dato che le capre che lo producevano popolavano le regioni montagnose delle Indie orientali e occidentali, e anche il Regno del Cile, tutte località difficilmente accessibili a quell'epoca per gli europei.

Bezoàr incastonati esposti a Monaco di Baviera


Come si legge nel libricino, a seconda della sua provenienza, la pietra Bezoàr veniva detta orientale o occidentale. Per le sue virtù di antidoto, i potenti del Medio Evo facevano incastonare il bezoàr in anelli o pendenti, da portare sempre con sé.


A destra un calice intagliato in un bezoar

Si riteneva infatti che il semplice contatto con la pelle, specie dalla parte sinistra del corpo, proteggesse dai veleni. Il bezoàr poteva anche essere immerso tal quale nelle sostanze liquide, per neutralizzarne gli eventuali effetti perniciosi. Per maggiore tranquillità, ci fu persino chi si fece direttamente confezionare un calice scavato in un bezoàr.

Per affinità, tutti i medicamenti che avevano una proprietà contro le materie velenose, vennero definiti "medicamenti bezoardici", come l’Antiemetico di Poterio o Bezoàr Gioviale, e il Bezoàr Marziale, entrambi a base di antimonio, oppure come la Cerussa d'ammonio.

Gli alchimisti scoprirono poi che anche minerali esistenti in natura, oppure sostanze fossili, avevano virtù analoghe, e si fece quindi la distinzione fra "Bezoàr animale", quello originario, e "Bezoàr minerale".

Tornando al libro di Paolo Boccone, il "belzuàr minerale", reperibile a suo dire in Sicilia dalle parti di Modica, di Calatafimi e nelle Madonie, viene descritto come un minerale che presenta la stessa struttura stratificata concentrica e produce gli stessi effetti antiveleno, sudorifici e depurativi del bezoàr animale.


Simetite 

Va detto che la farmacopea del Medioevo e nel Rinascimento faceva grande ricorso non solo ai minerali, ma anche ai fossili, le cui sostanze venivano ingerite dal paziente o direttamente succhiandole, oppure previa polverizzazione, mescolate con altri ingredienti.
D'altronde, Petralia era già ben nota nell'ambiente degli speziali e dei medici, come località di produzione dell'ambra (la simetite, dal nome del fiume Simeto, che trasportava i pezzi di ambra a valle), alla base di molti preparati medicinali, e per l'acqua bituminosa della Madonna dell'Olio, famosa in tutta Europa, e di cui parlano diffusamente molti trattati di scienze naturali dell'epoca, anche stranieri.

Paolo Boccone

Paolo Boccone chi era costui?
Il palermitano Paolo Boccone (1633-1704), uno dei più illustri botanici della sua epoca, monaco certosino, insegnante e accademico di fama europea, dedicò la sua esistenza alla scoperta dei segreti della natura: pietre, fossili, erbe, viaggiando in tutta Europa, e scrivendo in diverse lingue opere sulle quali si fondarono gli studiosi dei secoli successivi. Fu uno degli iniziatori degli studi sistematici sulla flora europea. Morì ad Altofonte all'età (avanzata per quell'epoca) di settantun anni.
Questo per capire che il Boccone non era un visionario ma uno scienziato attendibile, in relazione alle conoscenze scientifiche di quell'epoca.
Inoltre la serietà delle sue ricerche lo distingue da vari ciarlatani che in quel periodo, lucrarono su polveri contenenti "belzuar minerale" di natura incerta e di fumosa provenienza alchemica, come ad esempio tal Chiaramonte, originario di Lentini.

Che aspetto aveva il minerale da lui chiamato belzuàr o bezoàr?
Egli afferma di averne visti di diversi tipi e di averne provato gli effetti sulla propria persona. 
Si legge nel libro che le dimensioni, la forma, il peso e la consistenza del belzuàr possono variare, e che l'unico elemento costante è la struttura a strati concentrici, che talvolta, contiene al suo centro un fossile, come ad esempio una chiocciola, una lumaca, oppure un granello di minerale bituminoso, sul quale si sono quindi accumulate nel tempo (per usare le parole del Boccone) svariate "tuniche", sovrapposte come quelle di una cipolla, ma in ordine concentrico.
Il colore è per lo più bianchiccio, e talvolta rugginoso.
Il libro del Boccone contiene un'incisione che rappresenta vari tipi del minerale indicato, a superficie liscia o rugosa, e di forma tonda o oblunga.


Incisione dal Della Pietra belzuar minerale siciliana

Quanto ai luoghi dove erano state trovate le pietre, in varie parti della Sicilia, come Modica, Calatafimi, Giarratana e, per quanto ci interessa, presso il "Monte di Madonia", dai dati forniti dal Boccone, emerge un comun denominatore: la vicinanza delle pietre all'acqua, che sia di fiume, di ruscello, di fontana, di cascata, di lavatoi o persino di "gebbie".
Circa il luogo preciso del Monte Madonia dove si trovano le pietre, il Boccone afferma che i Petralesi da lui interrogati non hanno fornito indicazioni precise e che notizie più esatte gli sono giunte invece da colleghi di Catania. Il bezoàr si troverebbe "fra certe sfenditure di terreno chiamate le Cadute di Madonia". Tradizionalmente, con il termine "Montagna di Madonia" viene indicato il massiccio compreso tra Collesano e Castelbuono, nella cui superficie era appunto il feudo di Madonia. 
La estrema difficoltà incontrata dal Boccone nel trovare notizie precise sulla localizzazione del belzuàr si spiega perché a quell'epoca, lo sfruttamento di pietre con quelle presunte proprietà terapeutiche, rappresentava per uno speziale una fonte di guadagno notevole. Uno dei fornitori della pietra a medici e speziali catanesi, soleva usare sotterfugi per non farsi vedere mentre raccoglieva i minerali, e teneva accuratamente segreti i luoghi di raccolta. 

Illustrazione dal Museo di Fisica (1697) 
del Boccone
In alto il bezoar minerale

Il Boccone riporta quanto imparato da medici di diverse parti della Sicilia, sulle indicazioni e sulla posologia del belzuàr, che ridotto in polvere e mescolato con altri ingredienti, debella "vermi, pustole e febbri putride".
Egli stesso ne ha tratto vantaggio, durante una forte febbre con affanno di cuore, perché il bezoàr gli ha provocato una forte sudorazione.
La monografia si conclude con una serie di attestati di efficacia del belzuàr firmati da eminenti medici dell'intera Sicilia.

Queste nozioni vennero ribadite dal Boccone anche nelle sue opere successive Osservazioni Naturali.... (1684) e Museo di Fisica... (1697) in cui, chiamando stavolta la pietra "Bezoar", e precisando che si tratta di un minerale fossile, commentava anche le scoperte analoghe fatte, in altre regioni d'Italia, da scienziati suoi contemporanei.
Precisava anche che la sua pietra era assimilabile al "geode" descritto da Ulisse Aldrovandi.

Geode di Aldrovandi

Andando a cercare al capitolo dedicato al "Geode" del Museum Metallicum (1648) di Ulisse Aldrovandi, troviamo un rimando al "bezoar minerale" e la descrizione di un minerale composto a strati concentrici, bianchiccio e friabile, di diversi tipi, che, a dire dell'Aldrovandi, per la sua struttura, richiama alla mente il bezoar animale.
Il geode raffigurato al n.11 dell'illustrazione a pagina 590, presenta una struttura stratificata simile alla pietra del Boccone.

Le scoperte del Boccone sono state anche riportate da studiosi di epoca successiva, sino all'Ottocento, anche fuori dall'Italia.
Ne parla Giacinto Gimma nel suo Della Fisica sotterranea (1730).
Nel Dizionario di Medicina (1757) dell'inglese Robert James, vi è una lunga dissertazione che riepiloga le conoscenze su tutti i tipi di bezoar, e che menziona, fra gli altri, il lapis bezoar minerale siculus, detto anche lapis bezoar fossilis. 


Con cosa può identificarsi al giorno d'oggi il misterioso bezoar minerale?

Nel libro di gemmologia del 1644 Le Parfait Joaillier, ou Histoire des pierreries... il medico fiammingo Anselme Boèce de Boodt (1550-1632), prima ancora delle scoperte del Boccone, affermava che il bezoàr minerale altro non era che Ammite, o ammonite,  o meconite, descritta come agglomerato di sassolini tondeggianti, strutturati a loro volta a strati, con quelli più profondi molto lucidi. 


Ammite 
dal testo di Anselme Boèce de Boodt
Il testo contiene una figura del minerale, che però appare molto differente da quello descritto e raffigurato dal Boccone. Questi non fa cenno ad aggregati di singole pietre, parla di pietre di dimensioni maggiori, e soprattutto evidenzia la presenza di molti strati concentrici, da cui dipende la conformazione a cipolla. Il raffronto fra le due illustrazioni mostra con evidenza che non si tratta dello stesso minerale.


Aetite - Boèce

Alla pagina 481 dello stesso libro, troviamo un'altra pietra di cui descrizione e aspetto appaiono invece simili a quelli del belzuàr di Boccone: l'Aetite.
Si tratta di una pietra che ne contiene un'altra o più altre, di varia consistenza o talvolta solo terra o un minerale friabile. E' stato identificato in antichità da Plinio il Vecchio ed è assimilabile al Geode.

Nel Dizionario delle scienze naturali del 1832 il belzuàr viene individuato nella calce carbonata globuliforme e lo stesso viene definito un fossile.

Se torniamo al Dizionario Siciliano-Italiano del Mortillaro (1838), nella definizione del Berzuàli, troviamo l'indicazione calce carbonata pisolitica:






Fra i sinonimi elencati dal Mortillaro, vi è il termine pisolito che ci riporta fortunatamente alla terminologia moderna (pisolite), che corrisponde ad un minerale simile alla descrizione del bezoàr del Boèce de Boodt.


Pisolite

Come evidenziato dal Boccone, il centro delle pietre belzuàr era costituito spesso da un fossile. 
Ora nei testi di mineralogia leggiamo che i pisoliti sono rocce sedimentarie composte da carbonato di calcio, derivanti dall'agglomerazione di ooidi (da oon, parola greca per uovo), formazioni sferiche provviste di un nucleo centrale (composto generalmente da un piccolo pezzetto di guscio), e di una struttura interna radiale. Quando i granelli sono inferiori ai 2 mm, si parla di ooliti (oo-lithos: pietra a forma di uovo).



 Perle di grotta - Sardegna

Ooidi si trovano spesso nelle grotte e vengono appunto denominate perle di grotta.

ooide

Ma tra i vari tipi di bezoàr descritti e disegnati dal Boccone, vi sono esemplari molto più grandi, sino al peso di quattro once (circa 250 g), e non agglomerati.


In sostanza, pisoliti e ooliti possono corrispondere alla descrizione dell'ammite fatta dal Boèce de Boodt, ma a tutti manca quell'apparenza di "cipolla" descritta e rappresentata dal Boccone, e che rendeva le sue pietre così simili ai bezoàr animali.


Minerale termoclastico

La netta separazione fra una "tunica" e l'altra descritta dal Boccone, richiama alla mente il fenomeno del termoclastismo, cioè il distacco dovuto all'azione alternata del freddo e del caldo, protratta per secoli. I cicli di dilatazione e contrazione del minerale producono infatti delle microfratture che fanno assumere alla roccia l'aspetto a "cipolla".


Meteorizzazione - Cina
Non è dato sapere se al centro
 di questa formazione vi sia o meno un fossile

Un ambiente montagnoso o arido appare favorevole a questo tipo di fenomeno, per la forte incursione termica fra giorno e notte. Nel nostro caso, si tratterebbe quindi di una pietra fossile e di una concrezione, in cui però l'intervento di agenti climatici ha determinato la divisione di uno strato dall'altro.
In conclusione, non è ancora chiara la natura dei minerali visti dal Boccone.




Possibile presenza di minerali di questo tipo nelle Madonie e in particolare nei pressi di Petralia?

L'ultimo passo della nostra ricerca consiste nell'individuare nelle Madonie, minerali assimilabili al "belzuàri" del Boccone. Le Madonie presentano effettivamente rilievi di origine carbonatica, che sono soggetti a fenomeni di carsismo, con la formazione di doline, inghiottitoi, grotte e abissi, carsismo compatibile con le "sfenditure" indicate dal Boccone, ove si troverebbero le pietre. Anche il fatto che le pietre venissero trovate vicino all'acqua di fiumi e ruscelli e si depositassero vicino ai punti ove erano installati i lavatoi, sembra indicare fenomeni carsici. Le Madonie sono ricche di fossili di gasteropodi marini, e anche questo coincide con la presenza di lumachelle o chiocciole all'interno dei bezoàr.


Effetti dello scorrimento dell'acqua nel carsismo

Per chiarire il mistero del bezoar minerale delle Madonie, si confida nel futuro aiuto di qualche geologo o speleologo interessato ad approfondire la questione.

Nell'attesa, si invitano gli escursionisti ad ispezionare le rocce nei pressi delle fenditure rocciose di Carbonara, o chissà, della Rocca delle Balate, e ad esplorare le rive del Gorgo Pollicino (specchio d'acqua che appare di natura carsica), alla ricerca dei misteriosi sassi-cipolla.

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