LUPI A PETRALIA

 


di Nino Albanese

I lupi, fino a agli inizi del secolo scorso, erano presenti nel nostro territorio e garantivano l'equilibrio dell'ecosistema, operando una selezione naturale della selvaggina.  Pur tendendo i lupi ad attaccare solo la preda, e non l’uomo, per i nostri antenati erano considerati comunque un nemico da abbattere, sia per la loro indole predatoria sugli animali domestici incustoditi, sia perché entravano in concorrenza con l'uomo nelle zone di caccia. 
Sin dai tempi dei principi normanni, per lo svago nobiliare della caccia erano state create ampie riserve forestali, in cui era disposta un'attenta sorveglianza per tutelare la selvaggina. Lo stesso Federico II, nelle zone infestate da lupi, inviava suoi funzionari, per sterminarli cum pulvere, cioè con veleno. 


Esemplare di lupo siciliano 
Museo La Specola di Firenze
Foto tratta dal sito biorxiv 

Il lupo siciliano
Il lupo siciliano, che era presente nelle nostre montagne, aveva un manto chiaro ed era di dimensioni paragonabili all’odierno lupo arabo. Si è estinto a causa della caccia indiscriminata intorno agli anni 1920, sebbene esistano segnalazioni della sua presenza fino agli anni '70. 
Ci rimane un'unica foto del tardo diciannovesimo secolo che ritrae un lupo siciliano in cattività. 



Solo di recente però, nel 2018, il lupo grigio siciliano (Canis lupus cristaldii) è stato riconosciuto come una vera e propria sottospecie, distinta dal lupo grigio appenninico.

Lupi nelle Madonie
Anche nelle Madonie i boschi in passato erano abitati dal lupo.
Francesco Minà Palumbo descrive le peculiarità di alcuni lupi uccisi che ebbe occasione di vedere. Il pelo era "di colore biancastro, quasi nero". Uno aveva le orecchie pendenti, l'altro il pelo lanuginoso, altro ancora la coda sfioccata.


Cranio di lupo siciliano
Museo La Specola di Firenze.
Foto tratta dal sito biorxiv 


Oltre che a Castelbuono, i lupi erano presenti nelle montagne delle Madonie sull’Antenna grande che sovrasta Polizzi Generosa e sul monte Quacella, lupi che, si racconta, si spostavano a gruppi di due o tre, o addirittura in branchi di sei o sette, e scendevano verso Piano Battaglia o verso Foguara e col cattivo tempo, si avvicinavano sino ai terreni coltivati.

Il nemico numero uno dei pastori
In passato il lupo era l'insidia peggiore per i pastori, che vivendo isolati per mesi con il bestiame, dovevano fronteggiarla con mezzi propri.
Proprio per difendere gli ovini dai lupi, nei màrcati il recinto degli ovini (a para) veniva in genere realizzato con una base in pietre a secco, sormontata da rami di arbusti spinosi, come la ginestra spinosa (alastra) o il susino selvatico (uzzulinu). Come spiega Mario Giacomarra, la scomparsa di questi predatori fu tra le cause prime della semplificazione della tecnica costruttiva dei recinti della fine del XX secolo, privi di un muro di base.


Il lupo e il taglialegna
 Illustrazione di un giornale del 1869

Nel territorio petralese
In un racconto dai toni fantastici pubblicato su Giglio di Roccia del 1958, Il grande lupo delle Madonie, Amleto Bologna rievoca i momenti di frenetica agitazione e paura in cui incorrevano i pastori, quando i lupi attaccavano in gruppo in ora notturna, e per giunta durante una tempesta. Tutti si mobilitavano nel màrcatu per fare chiasso con pentoloni e per intimidire i predatori, cui i cani non sempre riuscivano a mettere soggezione, e qualche pastore rischiava in prima persona, armato di accittuni, per salvare il gregge. 


S. Silvestro 

Si faceva anche ricorso preventivo alle protezioni sovrannaturali: la sera, dopo il Rosario, nei màrcati venivano recitate invocazioni in protezione delle pecore, fra le quali quella rivolta a San Silvestro, perché le difendesse dai lupi. Inoltre un particolare scongiuro veniva pronunciato ogni sera per tre volte tenendo in mano una striscia di pelle di cane e facendole dei nodi, striscia che veniva poi appesa al recinto delle pecore. Questa liata era un incantesimo destinato a "legare" il lupo per un certo periodo di ore. 

A lu lupu ci attaccu lu denti
supra via e sutta a via
nun la tuccari la vistiami mia.


Tratta dalla Carta dei sentieri del Parco delle Madonie

La toponomastica
La passata presenza dei lupi anche in zona petralese è confermata dai nomi tuttora ritrovabili nel territorio.
Al confine dei territori di Castellana e Petralia Sottana, Chianu i Lupi era sede di un màrcatu, a quota 1364 m. 


U vadduni u lupu
affluente dell'Acquamara o Alto Salso


Ma anche a Petralia Soprana, ai confini della frazione Salinella, troviamo un torrente ormai ridotto al minimo : U vadduni u Lupu, che confluisce nel fiume Acquamara in prossimità della miniera di Salinella.
Inoltre, a Blufi esiste un quartiere ancor oggi abitato da cinque famiglie, chiamato I Lupi, sicuramente per la passata presenza di questi animali, in quanto non si tratta di cognome di quella zona. 


Lupi, frazione di Blufi

Le taglie
Nelle Petralie, come nel resto delle Madonie, nel XIX secolo la cattura o l'uccisione dei lupi veniva incoraggiata e premiata dall'amministrazione. Infatti già il 16.5.1810, nel Regno delle Due Sicilie era stato emanato da Gioacchino Murat il decreto n. 643, con il quale si stabilivano i premi per la cattura dei lupi, decreto che venne poi sostanzialmente recepito nella normativa siciliana successiva dell'Ottocento.


Decreto di Murat del 1810


A Petralia Soprana 
Nel 1859, sempre a Blufi, certo sig. Alberto Di Vita, detto “Pirillo” di Nero, uccise una lupa in contrada Madonna Dell’Olio. A Nero ancora oggi sono presenti familiari del Di Vita.
Tanto risulta dall'Archivio Storico del Comune di Petralia Soprana, di cui Blufi all'epoca era una frazione. Infatti il sindaco, per poter concedere al Di Vita il premio di 2 onze e tarì 6 (circa 394,00 euro), dovette far tagliare le orecchie dell'animale, in applicazione delle norme allora vigenti, e mandarle a Cefalù come prova dell’abbattimento, al fine di evitare imbrogli derivanti dalla duplicazione di richieste di premi innanzi ad altri comuni.

A Petralia Sottana
Giuseppe De Luca in Storie vere del passato castelbuonese, riferisce che a fine Ottocento erano state indette taglie anche dal Comune di Petralia Sottana, per la zona che si trovava al confine con Castelbuono, in seguito alle numerose lamentele dei pastori petralesi. Un famoso cacciatore di lupi castelbuonese di quei tempi, Gioacchino Martorana, campiere dei baroni Minà, detto Iachinu Rucciuliddru (dal lacciuolo che stringeva a scarpa u pilu), ne aveva uccisi quasi trenta e aveva riscosso una taglia di 50 lire per ogni animale, cifra notevole, in quanto all'epoca un bracciante agricolo guadagnava meno di tre lire al giorno. 


Cattura di un lupo

Le cartucce le preparava personalmente, come era consuetudine dei cacciatori esperti; adoperava una miscela di polveri da sparo alla quale aggiungeva la cenere di tralci di viti ed un pizzico di salgemma (della miniera). Anche il piombo della “lupara”, tramandato negli anni, era già stato sperimentato per la sua efficacia. Per attirare i predatori, legava ad un albero un agnellino o in un'occasione, persino i cuccioli stessi di una lupa, da lui ritrovati, in modo che il loro richiamo facesse uscire l'animale allo scoperto. 

Al rientro in paese con il lupo catturato, l'evento veniva festeggiato ovunque con adunata di popolo, rullo di tamburi e sfilata, oltre a regalìe di ogni sorta al cacciatore trionfante con la sua preda. 



Gli abitanti più anziani di Petralia Soprana testimoniano che i loro genitori e i loro nonni ricordavano della presenza dei lupi nei secoli passati. 
Alla fine del XIX secolo era stato avvistato un lupo solitario del quale si erano perse le tracce. 
Infine mio padre stesso negli anni '60, mi disse che l’ultimo esemplare di lupo presente nel territorio era stato ucciso dal monaco bagillieri del convento dei Frati Minori, nei primi decenni del secolo scorso. La notizia mi è stata di recente confermata da diverse persone di età avanzata.



Proverbi
Sono molti i riferimenti al lupo, nei modi di dire di tutta Europa, e la Sicilia non fa eccezione. Pitrè ne elenca più di una trentina. 
Minà-Palumbo riporta questo antico proverbio madonita:
Tantu la crapa zoppa va pri li munti, 'nsinu chi lu lupu c'infrunta
La capra claudicante va lasciata legata sotto la vigilanza dei cani, se no, rimanendo l'ultima del gregge, è facile preda del lupo.
Applicabile a chi insiste nel correre rischi.

Tuttora nelle Petralie vengono usati i seguenti modi di dire:

Na notti i lupi 
Era durante il periodo più rigido dell’inverno in cui scarseggiavano le prede, che i lupi, cacciatori notturni, si avvicinavano ai centri abitati o ai màrcati in cerca di cibo.

Na vota u vitti u lupu ô picuraru
Chi ha subito un imbroglio una volta non commette più lo stesso errore.

Sinni ì na vucca u lupu
Si è rivolto alla persona sbagliata.

 


Conclusione
Un detto recita: “La foresta è sana laddove vivono i lupi” ed ancora: “è meglio vivere tra i lupi che tra le persone… un lupo non ti tradisce mai” ed essere considerati un “vecchio lupo”, vuol dire avere forza e coraggio in quanto è meglio “vivere poche ore da lupo che cent’anni da pecora”. 
Al giorno d'oggi vi è una nuova sensibilità. E ferve il dibattito ecologico sull'opportunità o meno di reintrodurre il predatore negli antichi suoi luoghi di caccia.
Per potere amare il lupo è necessario comprendere le sue diffidenze, i suoi bisogni, i suoi istinti ed anche le sue fragilità. Un documentario della RAI di questi giorni, sul parco della Maiella, ne ha parlato come di un animale da conoscere e da proteggere, per sfatare tutte le false credenze che in epoca passata ne hanno accompagnato lo sterminio.


Foto Stock

Cenni bibliografici:

-Francesco Minà-Palumbo. Studi agrari sulla campagna settentrionale delle Madonie: proverbi agrari, Pedone Lauriel, Palermo, 1854

- Giuseppe Pitrè, Usi e costumi credenze e pregiudizi del popolo siciliano, Volume 3, Palermo, 1889

- Francesco Minà Palumbo, Catalogo dei mammiferi della Sicilia, a cura di Maurizio Sarà, Società Messinese di Storia Patria, Messina 1999

- Cristoforo Grisanti, Usi, credenze, proverbi e racconti di Isnello, 1899 
 
- Amleto Bologna, Il lupo grande delle Madonie, in "Giglio di Roccia" autunno-inverno 1958

- Mario Giacomarra, I pastori della Madonie: ambiente, tecniche, società, Folkstudio, 1983

- Henry Bresc, Disfari e perdiri li fructi e li aglandi: economie e risorse boschive nella Sicilia medievale (XIII-XV secolo), «Quaderni storici», 54/3, 1983, pp. 941-969.

- Ente Parco delle Madonie, Francesco Alaimo, Parco delle Madonie, Fabio Orlando Editore, 1997-2012

- Francesco Maria Angelici, Lorenzo Rossi, A new subspecies of gray wolf, recently extinct, from Sicily, Italy (Carnivora, Canidae), in biorxiv,

- Roberto Sottile, Lessico della cultura dialettale delle Madonie. 2. Voci di saggio, Ente Parco delle Madonie, Petralia Sottana, 2011 

- Giuseppe De Luca, U zzu Jachinu Rucciuliddru e gli ultimi lupi delle Madonie, in Storie Vere del passato castelbuonese, 2018


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