METIRI E LIGARI
A Spica Museo civico di Petralia Soprana |
Giugnu faci ntô pugnu, giugnettu faci 'mpettu. Nelle Petralie, ci si dedicava alla mietitura da metà giugno circa sino ai primi di luglio.
Precisa Calogero D'Alberti di Casa dei Salici (Petralia Soprana) :
L'avvicinarsi alla stagione del raccolto del grano era un momento importantissimo per l'economia agraria; il pane, la pasta e gli altri derivati del grano erano l'elemento fondamentale della dieta per tutto l'anno e dalla bontà o meno del raccolto dipendeva in gran parte la serenità di potersi sfamare per la stagione intera.
Le comunità locali si attivavano in tutte le loro componenti per far fronte al duro e impegnativo momento. Gli ambiti lavorativi erano fondamentalmente due. I piccoli proprietari, o coloro che potevano coltivare a mezzadria, organizzavano la famiglia allargata per la mietitura e poi dividevano i frutti. Nei grandi feudi invece i contadini partecipavano come braccianti al servizio dei vari nobili e notabili sotto il controllo spesso ossessivo dei "suprastanti".
La paga giornaliera non era mai in denaro ma consisteva nel cibo per la giornata e una piccola parte di grano che il bracciante poteva portare a casa. Per tutti i contadini che non possedevano, in proprietà o in uso, un terreno proprio (ed erano tanti), questo era l'unico modo per procurarsi il grano di riserva per l'anno.
Fotogramma da Parabola d'oro di Vincenzo De Seta 1955 |
Negli anni '70, un signore di mezza età di Polizzi Generosa che viveva da anni in Belgio mi raccontò che aveva comprato un terreno a Bompietro soltanto perché da ragazzino, partiva con suo padre nella notte da Polizzi per andare a mietere proprio in quel feudo: 2 ore di cammino, una giornata intera di lavoro più il ritorno in paese, il tutto solo per il cibo di quel giorno e per circa 5 kg di grano a testa!
Rammentava con commozione quei giorni duri ma pieni anche delle sensazioni forti date dal viaggio di notte, dal rapporto con gli altri lavoratori e dalle calde giornate passate a lavorare, con l'insistente compagnia delle cicale.
Foto tratta dalla rivista Giglio di roccia autunno-inverno 1960 |
Fotogramma da Parabola d'oro di Vincenzo De Seta 1955 |
Ancinu |
Ancinieddu Palmento AgroVerdi |
A gregna era composta a sua volta da più ièrmiti. U ièrmitu era un mazzo di spighe costituito da due manipoli (quanto poteva raccogliere una mano), che venivano detti schietti, prima di venire legati da un filo di ddisa, e maritati, dopo la legatura. 12 gregni formavano un mazzu di gregni.
Gomitolo di liami Foto di Giampiero Lo Dico |
Ligari |
Domenico Vaccarella di Cipampini mentre mantiene e lega u iermitu negli anni '70 |
Il lavoro era massacrante e si protraeva dall'alba al tramonto, con poche interruzioni per mangiare e bere. In assenza di tavoli o punti di appoggio, il pane e il companatico, per esempio formaggio e pomodoro, erano tenuti nella mano sinistra, la mano destra teneva il coltello con cui tagliare e portava l cibo alla bocca mentre si discuteva con i compagni di lavoro.
Il tavolo imbandito Foto di Calogero D'Alberti |
Finita la mietitura, i covoni andavano trasportati attraverso i campi, anche per lunghe tratte, sino alle aie, per la successiva fase della trebbiatura. Nei terreni accidentati di montagna e sulle zolle, non essendo possibile usare le ruote di un normale carretto, si doveva ricorrere alle bestie da soma bardate con sidduna, oppure ad un mezzo antichissimo, a stràula, una sorta di slitta in legno trainata da una coppia di buoi o di muli.
Sidduna Collezione Antonio Scelfo |
Ricostruzione di una stràula Alfredo La Placa, Blufi |
Il nome di questo antichissimo mezzo di trasporto agricolo deriva probabilmente dal latino extrahere, cioè estrarre o tirare fuori. Ne è derivato il verbo strauliari che indica appunto il trasporto dei covoni sino all'aia (aria).
Una stráula a Cuti Archivio Ettore Pottino |
Il seguito al post PISARI E SPAGGHIARI...
Ringraziamenti (in ordine alfabetico) a Piero Agliata, Calogero D'Alberti, Domenico Gulino, Peppino la Placa, Giampiero Lodico, Giancarlo Lo Mauro, Ernesto Messineo, Palmento Agroverdi, e Ettore Pottino e Antonio Scelfo.
Cenni bibliografici
Michele Pasqualino, Vocabolario siciliano etimologico, italiano e latino, Palermo 1789
Francesco Tropea, Etnofonia madonita, in "Giglio di Roccia", autunno-inverno 1960
Giuseppe La Placa, Un mondo che scompare, nel bacino dell'Alto Salso, Comune di Petralia Soprana, 1994
Roberto Sottile, Massimo Genchi, Lessico della cultura dialettale delle Madonie. 2. Voci di saggio, Centro Studi Filologici 2011
Giuseppe La Placa, "Glossario" in Un mondo che scompare volume II, Edizioni Arianna 2013
Influenza delle lingue sul dialetto
Giuseppe Puma, Arti e Mestieri, U Viddanu, 2012
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Michele Pasqualino, Vocabolario siciliano etimologico, italiano e latino, Palermo 1789
Francesco Tropea, Etnofonia madonita, in "Giglio di Roccia", autunno-inverno 1960
Giuseppe La Placa, Un mondo che scompare, nel bacino dell'Alto Salso, Comune di Petralia Soprana, 1994
Roberto Sottile, Massimo Genchi, Lessico della cultura dialettale delle Madonie. 2. Voci di saggio, Centro Studi Filologici 2011
Giuseppe La Placa, "Glossario" in Un mondo che scompare volume II, Edizioni Arianna 2013
Influenza delle lingue sul dialetto
Giuseppe Puma, Arti e Mestieri, U Viddanu, 2012
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