LA MADONNA DELLA PINTA

 


Quasi un avamposto dell'abitato, la chiesetta nota come Madonna della Pinta, grazie alla sua posizione sopraelevata, è la prima ad apparire, per chi giunge a Petralia Soprana da quella che oggi è la SP 29. È in realtà intitolata a S. Maria ad Nives, ma lo è stata solo a partire dal XVII secolo.
Guido Macaluso afferma infatti che la chiesa abbia origini molto più antiche e che l'attuale edificio sia la ricostruzione di un precedente edificio di culto, di cui venne mantenuto il solo prospetto, che ancora presenta tracce romaniche o rinascimentali.
La chiesa era lentamente caduta in rovina, con crollo del tetto e di un muro, tanto da venire addirittura in parte adibita a ricovero bestiame, ma fortunatamente è stata restaurata negli anni '90.


Il degrado negli anni '80
Foto gentilmente concessa da Piero Agliata

La chiesa della Pinta oggi


La Madonna della Neve
Questo titolo venne introdotto per la basilica di Santa Maria ad Nives di Roma (l'attuale Santa Maria Maggiore), ritenuta il più antico santuario mariano dell'Occidente, eretta sul sito di un'altra antica basilica edificata da Papa Liberio. L'ubicazione della stessa, secondo la tradizione, era stata indicata  dalla Madonna stessa, con il cosiddetto miracolo della neve, una nevicata avvenuta il 5 di agosto e localizzata solo sul colle Esquilino.


Masolino da Panicale
Miracolo della Neve
Tempera su tavola


Il culto ebbe poi la massima diffusione a partire dal XV secolo sino il XVIII, con il sorgere in tutta Italia di chiese dedicate a Nostra Signora della Neve. Ed infatti, nel caso di Petralia, la data di intitolazione è documentata al 1670. Non si hanno notizie precedenti.



Nel territorio madonita, regolarmente innevato nella stagione invernale, troviamo chiese con questa intitolazione, oltre che a Petralia,  anche a Geraci, a Collesano e a Piano Battaglia. S. Maria ad Nives è inoltre la Patrona dell'Ente Parco Madonie.

Da dove deriva il nome Pinta? 
Esso designa sia la chiesa che l'intero colle, la contrada e il quartiere di Petralia sorto nella seconda metà del XX secolo.
Ma chi ha dato il nome a cosa? E' venuta per prima la contrada o la chiesa?
Nasce spontanea l'associazione mentale alla chiesa bizantina di Palermo dello stesso nome, Santa Maria dell'Annunciata detta la Pinta, ove "Pinta" è una contrazione del latino S. Maria Depinta, cioè dipinta.
La chiesa di Palermo, di epoca bizantina, fu fondata dal generale Belisario presso i bastioni meridionali di Palazzo Reale. L'aggettivo depinta le derivò da una serie di pitture decorative che la caratterizzavano.
 

Foto di Giuseppe Federico

L'affresco della chiesa della Pinta di Petralia
Effettivamente, anche nel caso della chiesetta di Petralia, vi è traccia di affreschi che potrebbero aver giustificato l'aggettivo "depinta", poi suddiviso e trasformato, nel corso dei secoli, dal comune parlare locale. 
Era infatti presente sopra l'altare un affresco raffigurante la Vergine con S. Anna e la colomba dello Spirito Santo, dipinto che, per usare le parole dello studioso Guido Macaluso, traduceva in termini di popolare semplicità moduli raffaelleschi. 
Ora rimane solo qualche traccia del fregio che lo circondava.


Fregio ancora visibile
Foto Giuseppe Federico

La tela
Un altro storico di Petralia Soprana, Francesco Paolo Ferruzza, rammenta che, secondo la tradizione locale, essendosi voluto ricoprire l'affresco con un'immagine su tela, questa sarebbe stata ripetutamente trovata spostata dall'altare, come per un intervento non umano.


Foto scattata negli anni '70
da Santo La Placa


Il soffitto della chiesa della Pinta, sino agli anni '70, era inoltre ricoperto di un enorme dipinto su tela, che ad un certo punto, si staccò per intero e cadde rovinosamente. Per un certo tempo, rimase appoggiato ad una parete, e se ne persero poi le tracce. Dalla rarissima fotografia qui sopra, si evince che si trattava di un olio del XVIII secolo, raffigurante S. Filippo Neri con il cuore infiammato (oppure un donatore) ai piedi della Madonna con il Bambino. Peccato che non si possa leggere l'iscrizione sul libro retto da un angioletto. La figura maschile rammenta sia nelle fattezze che nella posa del busto, quella del dipinto "Madonna col Bambino insieme a S. Antonio, S. Apollonia, S. Gaetano da Thiene e S. Lucia", situato nella Chiesa Madre di Petralia Soprana.




La chiesa era la cappella palatina del castello di Ruggero?
Gli archeologi hanno formulato questa ipotesi non priva di fascino. Sta di fatto che le caratteristiche strutturali della chiesa sono compatibili con un'origine normanna o anche più antica, cioè bizantina.
Bizantina come S. Maria Depinta di Palermo, ci viene spontaneo aggiungere.
Questa teoria è avvalorata dalle ridotte dimensioni della chiesa e dalla sua collocazione fuori da quelle che erano le mura di Petralia, e a poca distanza dal castello. 
Per quale altro motivo potrebbe essere stata costruita proprio in quel punto? Fuori dall'abitato, e neppure in un luogo particolarmente elevato, né tradizionalmente noto come luogo sacro (per quanto è dato sapere, naturalmente). 


Ruderi del castello


Va inoltre considerato che i ruderi del castello oggi visibili (ben poca cosa ormai) corrispondono ad un torrione, ma non esauriscono la struttura del fortilizio, che quasi certamente è in gran parte interrato. Depongono per questa ipotesi la presenza di magazzini e volte, oggi sotterranei, e l'anomala forma dell'altura su cui emergono i ruderi, e che è stata oggetto di studio specifico.
Esperti di castellologia medievale di varie nazioni si sono infatti interessati della conformazione del sito, ed è nata una controversia sul punto se si trattasse o meno di un castello a "motta", cioè se il montarozzo sul quale poggiano i ruderi fosse parte della struttura difensiva stessa, come sostenuto dall'inglese A.J. Taylor, o se invece il rialzo celi il crollo delle strutture del castello stesso. Di questa seconda opinione sono il medievalista francese Henri Bresc e lo storico siciliano F. Maurici.


La chiesa rispetto ai ruderi del castello


La costruzione del serbatoio idrico comunale proprio sul sito, rende ormai molto difficile la valutazione, a meno di non avviare scavi mirati. 
In conclusione, un tempo, la chiesetta della Pinta potrebbe effettivamente essere stata interna alla cinta muraria del castello, con una disposizione analoga a quella che si può tuttora vedere a Geraci. Se questa ipotesi fosse avvalorata, si tratterebbe quindi della chiesa più antica di Petralia, insieme alla Chiesa Madre.                         


Equini alla Pinta

Secondo un'antica tradizione, quando muli o cavalli soffrivano della dolla, cioè di mal di pancia, i loro padroni li portavano a fare giri attorno a questa chiesa. Non è noto a quanto risalga questa tradizione e se corrispondesse a qualche rito locale precristiano, che potrebbe fornire indicazioni sulla natura sacra del luogo ove è stato costruito l'edificio religioso. Ma è più probabile che a Petralia la chiesa della Pinta fosse stata scelta per questo rituale curativo, semplicemente perché l'unica,  vicina all'abitato, con spazio sufficiente per girarvi intorno.
Una tradizione analoga viene riportata da Giuseppe La Placa per il territorio di Raffo, e si ritrova anche in altri paesi di Sicilia, come per esempio a Grammichele.


Foto degli anni 80
tratta da Petralia Soprana di Guido Macaluso


La statua dell'Immacolata
La chiesa custodisce una statua lignea dell'Immacolata Concezione risalente al XVII secolo, restaurata in modo un po' sommario, e di cui è dubbia l'attribuzione.
Da alcuni viene riferita a Giovan Pietro Ragona (1632-1692) intagliatore e scultore di Petralia Sottana. Ciò perché in un manoscritto datato 1714, conservato presso l’Archivio Storico Parrocchiale di Petralia Sottana, di mano dell'abate Antonino Gangi, si legge che Giovan Pietro Ragona aveva realizzato una “conceptione”, cioè una statua dell'Immacolata, proprio a Petralia Soprana.


Foto di Giuseppe Federico

Da altri la statua viene ritenuta di epoca antecedente (di circa 50 anni) e riferita a Stefano Li Volsi, autore del S. Antonio Abate del SS. Salvatore. Ciò sia per affinità stilistiche, sia perché è stato ritrovato un contratto datato 1633, con il quale questo scultore si obbliga, in Petralia Soprana, nei confronti di Andreotta De Gangi, (dal 1613 al 1640 procuratore laico e amministratore del convento di S. Maria di Gesù di Petralia Soprana), ad eseguire una statua dell'Immacolata. Potrebbe cioè trattarsi di questa Immacolata.
A dire il vero, sotto il profilo stilistico, non si ravvisano molte affinità fra la statua della Pinta e le opere del Li Volsi. Ma neppure con l'Immacolata che sicuramente è di mano del Ragona, quella commissionatagli nel 1674 da Giovanni Lo Carlo, per la chiesa di San Rocco di Motta d'Affermo, oratorio di S. Filippo Neri.
Le statue di questi scultori, infatti, presentano una notevole plasticità corporea, tutto un insieme di piccole rotazioni e inclinazioni contrapposte di collo, torace e bacino, di grande espressività. L'atteggiamento del corpo è infatti dettato dall'appoggio di un piede sul globo terrestre, quindi in posizione più elevata rispetto all'altro. 
Di tale plasticità non vi è traccia nella statua della Pinta, la quale presenta un atteggiamento frontale, ieratico. I piedi sono allo stesso livello, per l'assenza del globo terrestre. L'impressione di leggero movimento deriva solo dal disegno curvo delle pieghe sottili della veste.


Da sinistra l'Immacolata della Chiesa Madre, quella della Pinta,
e quella di Enna di mano di Frate Innocenzo da Petralia, 
in tutte un atteggiamento frontale e l'assenza del globo terrestre.


Si è anche discusso dei rapporti fra l'Immacolata della Pinta e quella, di dimensioni molto più piccole, custodita nella Chiesa Madre di Petralia Soprana, che da alcuni studiosi era stata ritenuta un modello per la prima. Il drappeggio dell'abito appare molto simile, così come la posizione generale del corpo, ma volto, mani e soprattutto acconciatura dei capelli, sono totalmente diversi.
In ultimo, è stato ritenuto che la Vergine della Chiesa Madre di Petralia Soprana, la quale si trovava in origine nella cripta della Chiesa di S. Maria di Gesù, possa essere in realtà opera di Frate Innocenzo da Petralia. Frate Innocenzo, fra l'altro, è autore della Immacolata della chiesa di S. Biagio ad Enna, la quale a sua volta, presenta alcune affinità con quella della Pinta.
Si spera che la scoperta di nuovi documenti permetta di dare una risposta a tutti questi interrogativi.




Ringraziamenti per le informazioni (in ordine alfabetico) a Maria Carmela Burgio, Giuseppe Fazio, Santo La Placa e Mario Sabatino. 


Cenni bibliografici

- Francesco Ferruzza Sabatino, Cenni storici su Petralia Soprana, Palermo, Pezzino, 1938

- Guido Macaluso, Petralia Soprana, Guida alla storia e all'arte, Palermo 1986

- A. J. Taylor, Three early castle sites in Sicily: Motta Camastra, Sperlinga and Petralia Soprana, in Chateau-Gaillard: études de castellologie médiévale, VII: actes du colloque international d'archéologie médiévale tenu à Blois, France, 2-7 septembre 1974

- Henri Bresc, "Motta, Sala, Pietra": un incastellamento trecentesco in Sicilia in Archeologia Medievale VI, 1979

- Ferdinando Maurici, Castelli Medievali in Sicilia: dai bizantini ai normanni, Sellerio 1992 e Castelli Medievali, Sellerio 1992

- Giuseppe La Placa, Un mondo che scompare, volume I, Comune di Petralia Soprana, 1994

- Salvatore Anselmo, L'Immacolata nell'arte decorativa madonita, in Diego Ciccarelli, Marisa Dora Valenza, "La Sicilia e l'Immacolata: non solo 150 anni", Palermo, Officina di Studi Medievali, 2006.
p. 18

- Paolo Russo, Una Immacolata Concezione di Frate Innocenzo in Scritti di Storia dell'Arte in onore di Teresa Pugliatti, De Luca editore, 2007

- Salvatore Anselmo, Da Giovan Pietro Ragona a Pietro Bencivinniin Teresa Pugliatti, Salvatore Rizzo e Paolo Russo (a cura di), «Manufacere et scolpire in lignamine». Scultura e intaglio in legno in Sicilia tra Rinascimento e Barocco, Giuseppe Maimone Editore, 2012, p. 261

- Giuseppe Fazio, La cultura figurativa in legno nelle Madonie tra la Gran Corte vescovile di Cefalù, il marchesato dei Ventimiglia e le città demaniali, in Teresa Pugliatti, Salvatore Rizzo e Paolo Russo (a cura di), «Manufacere et scolpire in lignamine». Scultura e intaglio in legno in Sicilia tra Rinascimento e Barocco, Giuseppe Maimone Editore, 2012, p. 204


https://ilcantooscuro.wordpress.com/2019/01/26/santa-maria-la-pinta




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