LA SAGRESTIA DEL SS. SALVATORE A PETRALIA SOPRANA


Esiste a Petralia Soprana un gioiello artistico per intenditori, poco frequentato dai turisti, alla scoperta delle cui gemme vogliamo accompagnarvi.
Questa preziosa raccolta di opere, in gran parte risalenti al Seicento, è la sagrestia della chiesa del Santissimo Salvatore.

L'arciprete Gaetano Ragonese

La chiesa non era in origine dotata di una sagrestia consona al suo splendore. Fu intorno agli anni 1865, che l'Arciprete Gaetano Ragonese decise di ricostruirla secondo un progetto ambizioso, in uno stile che non fosse da meno, rispetto alla  magnificenza della chiesa, realizzandovi una vera e propria galleria, ove esporre quadri pregiati; una sala, per usare le sue stesse parole, che facesse « onore ad una capitale».
La nuova sagrestia venne così realizzata con profusione di ornati in stucco, filettati in oro e a vari colori, e vi venne radunata una pregevole collezione di dipinti di diversa provenienza.


Armadio della sacrestia -  XVIII secolo

All'ingresso, si impone subito alla vista lo spettacolare armadio, opera ottocentesca di Silvestre Sabatino da Petralia Soprana. Dai documenti rinvenuti risulta che venne realizzato nell'arco di tempo dal 1763 al 1772 con la collaborazione anche dei mastri Mariano Li Puma, Franco Ferruzza e Francesco Cerami.
Il 28.6.1916 un incendio ne distrusse la parte superiore, che venne restaurata dai fratelli Grippaldi da Catania.

Il Volto di Cristo
Parte superiore dell'armadio della sagrestia

Al centro, in una cornice dorata, vi venne quindi collocato, sempre agli inizi del XX secolo,  Il Volto di Cristo, circondato da raggi, pittura di forma ovoidale realizzata da Arcangelo Gargano.
Passiamo ad ammirare le opere della collezione.
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        Santa Caterina  d'Alessandria 

Opera di grande spicco è Santa Caterina d'Alessandria, olio su tela adibito a pala d'altare, realizzato ai primi del Seicento da uno dei pittori barocchi più famosi nelle Madonie, Giuseppe Salerno di Gangi, uno dei due artisti che condividono il soprannome de «Lo Zoppo di Gangi»
In linea con l'iconografia tradizionale, la Santa regge un libro, che evoca la sua sapienza (è la patrona degli studenti universitari e degli insegnanti di teologia e filosofia), oltre alla palma del martirio. Il suo supplizio è rammentato dalla spada (fu infatti decapitata) e dal frammento di ruota dentata visibile a terra. Ai suoi piedi giace il tiranno sconfitto Massenzio. Un angelo poggia una corona in capo a Caterina, in ricordo della sua ascendenza reale.
Nello sfondo, uno scorcio di paesaggio evoca, in modo fantastico e stilizzato, le due Petralie.

Lo sfondo con la raffigurazione simbolica
 delle due Petralie

La figura della santa è inquadrata scenicamente da otto formelle, con la rappresentazione di altrettanti episodi della vita di Santa Caterina. Le iscrizioni presenti sui due plinti sono leggibili solo in parte, perché la tela venne tagliata per adattarla ad una cornice più stretta. Quella di sinistra reca la data e la firma dell’artista, mentre quella di destra rammenta che l'opera è frutto di una donazione di un Sandoval di Petralia Sottana e delle offerte di alcuni devoti. La provenienza del dipinto è ignota.
In svariate altre opere attribuite al Salerno o ad altri pittori siciliani della sua epoca, viene adottata questa stessa soluzione di una cornice o addirittura di un portale composto da scene didascaliche, come ad esempio nella Visione di Santo Stefano di Geraci Siculo o nel Sant'Onofrio della Chiesa Madre di Petralia Sottana. L'opera presenta anche affinità con la Santa Caterina dipinta nel 1596 da Giuseppe Alvino o d'Alvino e custodita nella Basilica di San Pietro di Collesano.


Iscrizione relativa a committente e donatori

Nell'arte sacra seicentesca I quadri avevano un ruolo importante nella catechesi: la funzione di comunicare ai fedeli di tutte le estrazioni sociali, in prevalenza analfabeti, dei messaggi religiosi e di coscienza. Da ciò l'abitudine delle scenette didascaliche.
Il dipinto va datato in epoca compresa nei primi due decenni del Seicento, considerando che il Salerno in quegli anni, produsse in tutte le Madonie opere analoghe, come la Madonna del Rosario e Santisita nella chiesa di San Gerolamo a Polizzi Generosa.  

Sacra Famiglia con S. Giovannino

Riprendendo la nostra visita, un'altro tesoro della sagrestia, anche stavolta opera del Salerno, è La Sacra Famiglia con S. Giovannino, detta la «Madonna del gatto» (1618). 
La tela mostra diverse affinità con l'incisione omonima del 1577 del fiammingo Cornelis Cort , esposta al British Museum di Londra, tratta a sua volta dalla Madonna del Gatto di Federico Barocci custodita alla National Gallery di Londra


Dettaglio 

Nel dipinto, Gesù lascia un attimo il seno materno per osservare S. Giovannino, il quale trattiene un uccellino per salvarlo dal gatto, che vediamo pronto a balzare, nell’angolo destro. Si è pensato che l’uccellino in questione fosse un cardellino, riferimento simbolico alle piante spinose del cardo, che a loro volta, vengono associate alla Passione di Cristo. Infatti anche in altri quadri aventi lo stesso soggetto, sono solitamente presenti simboli analoghi.
L'ambientazione è particolarmente intima, uno squarcio di vita domestica del Seicento: in primo piano il tombolo, in un cesto, poi una panca con un cuscino, e nel fondo, uno scranno.


San Nicolò di Bari

S. Nicolò di Baritela di autore ignoto, risale anch'essa al Seicento. Il Santo è rappresentato con la mitra e il pastorale, simboli della sua qualità di Vescovo di Myra (una provincia dell'impero bizantino), seduto su di un seggio, entro una nicchia. Ai due lati, otto illustrazioni munite di didascalie, fanno rivivere episodi della sua vita.
Il quadro proviene dalla chiesa di San Nicolò, che si trovava nell'omonimo quartiere, vicino a Porticella, chiesa abbattuta a fine Ottocento, per permettere il passaggio di Corso Umberto I, la nuova arteria rotabile che attraversava il centro abitato.


Fuga in Egitto

La Fuga in Egitto replica dell'omonimo dipinto di Alessandro Turchi detto «l'Orbetto» (1633) attualmente al Museo del Prado. In passato, l'opera venne attribuita allo Zampieri, detto il Domenichinoma sembra che la datazione debba invece farsi risalire ad epoca successiva, nel Settecento.
Due angeli aiutano la Sacra Famiglia, uno indica il percorso, e l'altro guida l'asino su cui è seduta la Madonna con il Bambino.
Altre copie del dipinto originario si trovano a Napoli, a Bologna, a Sassoferrato e a Malta.
Va precisato, quanto a questa sovrabbondanza di copie di un originale famoso, innanzitutto, che all'epoca,  l'attività di copista non era disonorevole neppure per gli artisti più famosi (vedi Michelangelo), e che la funzione di catechesi, assunta come si è detto, dai quadri di arte sacra, determinava una forte richiesta di soggetti predeterminati, cui poteva spesso rispondersi solo con delle copie del modello originale. Copie che beninteso, non avevano alcuna pretesa di autenticità.

S. Francesco di Paola

La figura di S. Francesco di Paola, appoggiato ad un bastone, emerge da un paesaggio crepuscolare, in cui si distinguono fortificazioni medievali su spuntoni rocciosi. Nel globo in alto a sinistra, è inserita l'iscrizione CHARITAS. Secondo alcuni, l'opera pur ricordando i modi di Marco Pino, è in linea con lo stile dello Zoppo di Gangi, per cui potrebbe essere attribuita ad un pittore della sua cerchia.


Annunciazione

L'Annunciazione, tela del Settecento di autore ignoto, dai toni delicati, proviene dalla distrutta chiesa del Carmelo, che si trovava nel sito dell'attuale Piazza del Popolo di Petralia Soprana.

Qui sotto la statua lignea di San Giuseppe con Gesù che sorregge il globo terrestre, risalente al XV-XVI secolo e di autore ignoto. Una delle rare statue lignee di quell'epoca ancora esistenti nelle Madonie.

S. Giuseppe e Gesù Bambino

Nella sagrestia sono esposti diversi altri oli su tela degni di attenzione, ad esempio il San Gaetano, oppure l'Arcangelo S. Michele (sec. XVIII).



L'Arcangelo San Michele (XVIII secolo)

Degno di nota è anche il dipinto Santa Rita in estasi, che per la composizione spaziale per diagonale, si può ricondurre, secondo Padre Guido Macaluso, alla scuola dei fratelli Manno. Alcuni attribuiscono allo stesso pennello il singolare dipinto raffigurante S. Anna che riceve Maria Bambina dalle mani dell'Eterno Padre, fra gli Angeli e San Gioacchino. 

Nella sacrestia infine si fronteggiano due ritratti dei fratelli Calascibetta, sacerdoti molto legati alla chiesa del Santissimo Salvatore, il maggiore dei quali fu esperto nei lavori in cera.
Purtroppo attualmente, a causa dell'umidità, si trovano in cattivo stato.



Note bibliografiche:

- Francesco Ferruzza Sabatino, Cenni storici su Petralia Soprana, Palermo, Pezzino, 1938
- Guido Macaluso, Petralia Soprana, Guida alla storia e all'arte, Palermo 1986
- Giovanni Mendola, Vulgo dicto lu Zoppo di Gangi, Palermo 2000
- Salvatore Anselmo, Pietro Bencivinni "magister civitatis Politii" e la scultura lignea nelle Madonie, Quaderni dell'OADI, Plumelia 2009







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