SAGNÉFERI

 



Scartabellando fra vecchi documenti, ci siamo imbattuti nel suggestivo nome dell'ex-feudo Sagnéferi. Nelle varie mappe e nei carteggi, si trovano costanti differenze di grafia : San Nefari, San Gnéfari, Sagnéfari, Segnéferi, Sagnéferi, Signéferi. Da lì la decisione di un sopralluogo. 
Inerpicandoci su di un colle, ed aprendoci un varco nella fitta vegetazione, è stato possibile accedere ai resti della vecchia dimora dei feudatari, che, nel silenzio della campagna e nell'intrico di fiori e di rovi, sembrava cristallizzata da un vecchio incantesimo.

Il rio Sagneferi 
Ma andiamo con ordine. Questo è innanzitutto il nome di un torrente, tributario dell'Imera Meridionale. Nella sua valle, che in epoca medioevale apparteneva a Petralia Soprana, ricadono oggi in parte i territori di Resuttano, Blufi, Bompietro e Alimena. Sito alle pendici delle Madonie, si tratta di un territorio collinare con rilievi argillosi, ai margini del quale l'altura principale è rappresentata da Balza Falcone (734 m).


Valle del Rio Sagneferi

L'insediamento preistorico
A Sagneferi, sono state fatte scoperte archeologiche, grazie all'apertura di una c.d. finestra geomorfologica, cioè all'affioramento, per effetto dell'erosione del suolo, di strati sottostanti nascosti. In particolare, le tracce di un intervento umano di aggradazione, insieme al reperimento di utensili, attestano la passata esistenza di un villaggio agricolo dell'Antica età del Bronzo. Ciò si accorda con la presenza di altri villaggi dello stesso periodo nelle vicine contrade Susafa, Catuso, Malpasso, Ciaramito e Terravecchia di Cuti. 


Il feudo Sagnéferi
In epoca medioevale non precisata, le terre in argomento vennero erette a feudo. Negli atti della Corte Giuratoria del 1702 si trova una "fede" dei giurati delle due Petralie, circa i feudi all'epoca esistenti, con la loro appartenenza territoriale all'una o all'altra delle città. "San Nefari" viene indicato come appartenente a Petralia Soprana.


Carta del Catasto Borbonico 1840 circa
Sagneferi viene indicato come Ex-Feudo,
data l'intervenuta abolizione del feudalesimo nel 1812


La Madonna dell'Olio 
Nel 1819, in esito al suo viaggio nelle Madonie, l'Abate Domenico Scinà riporta che nel borgesaggio di Conzavecchia, nel feudo di Sagneferi, scaturisce petrolio o bitume insieme con l'acqua, dal declivio e dalle radici di un colle argilloso.
Ed effettivamente era qui che sgorgava la famosa Fonte della Madonna dell'Olio e che era stato edificato il relativo Santuario. 


Fonte dell'Olio 
Blufi

L'area interessata costituiva in qualche modo un'enclave nel feudo, essendo un borgesaggio.
Sin dall'epoca normanna, anche all'interno di un feudo, potevano esistere terre allodiali, cioè vaste tenute libere da censo, appartenenti a privati, che con qualche limite potevano ivi svolgere attività agricola o di pastorizia. Il termine di burgisi ha poi mutato significato nel tempo, passando ad indicare il colono che acquistava il diritto di coltivare la terra di un proprietario o di un gabelloto, pagandogli un fitto.
Nel caso della Madonna dell'Olio, la fonte e il santuario, pur essendo inclusi nel feudo, erano di diversa proprietà, e venivano gestiti dalla Commenda dei Cavalieri Gerosolimitani di Polizzi.
Un atto notarile del 10.9.1737 (stipulato presso il notaio Costantino Bongiorno di Petralia Soprana) attesta che a quell'epoca, il borgesaggio Madonna dell'Olio era tenuto in gabella, cioè in affitto, dal sacerdote don Giuseppe Neglia di Petralia Soprana e che ivi era presente da tempi una chiesetta con catoio per gli eremiti, che si sostentavano vendendo l'olio medicinale e facendo la cerca fra i mandriani.

Campana del 1135


Un manoscritto del 1832, con cui venivano fornite informazioni al governo borbonico sul santuario della Madonna dell’Olio, conferma le remote origini della Chiesa, facendola risalire addirittura all’ottavo secolo.
Nel 1762 la chiesa venne poi riedificata a spese del clerico Don Francesco Ferrara di Petralia Soprana. 
Delle remote origini della chiesa fanno tuttora fede una parte della predella dell'altare maggiore, che risale al secolo XII, e la campanella che annuncia l'inizio della Messa, sulla quale è inciso, assieme a tre foglie, l’anno 1135.


Santuario della Madonna dell'Olio
Foto degli anni '40

I Cavalieri Gerosolimitani
Qualche parola merita la presenza a Sagneferi di quelli che sarebbero poi divenuti i Cavalieri di Malta.
Il Militare Ordine Gerosolimitano dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, dopo le crociate, operò su due fronti: la difesa armata dei deboli e il soccorso ai bisognosi. 


Cavalieri Gerosolimitani

Nel XII secolo, dopo l'abbandono della Terrasanta e dell'isola di Rodi, e prima di stabilirsi nel XVI secolo a Malta, i Cavalieri si erano insediati in varie parti della Sicilia e delle Madonie, a Polizzi, a Gratteri e a Gangi, e in territorio di Petralia Soprana, avevano un avamposto proprio al santuario sito a Sagneferi.
Le messe tenute ivi il lunedì di Pentecoste, giorno della festa della Madonna dell'Olio, venivano quindi celebrate da sacerdoti della Commenda di Polizzi.


Stemmi presenti presso il Santuario
Foto tratta da Sulle vie dei Cavalieri di Malta. Il Valdemone catanese


Nel 1820 Bompietro acquistò autonomia da Petralia Soprana e Sagneferi si divise in due parti, di cui la maggiore passò al territorio di Bompietro, mentre la zona del santuario e della sorgente della Madonna dell'Olio restò a Petralia Soprana. Ciò appare evidente nella carta topografica del 1832 qui sotto, che delimitò i rispettivi confini.
Quest'area poi, nel 1972, con la sopraggiunta autonomia di Blufi, è stata acquisita da questo comune. 


Pianta topografica dei territori di
Petralia Soprana e Bompietro - 1832


La trazzera di Sagneferi
La regia trazzera diretta a Catania, denominata Lilibetana o "di Passo della Mattina" e "di Sagnéfere", era una importante via di comunicazione tra i paesi della fascia pedemontana delle Madonie. Scendendo dall'Imera Meridionale, sfruttando i valloni Gangitano e Passo di Mattina, raggiungeva Alimena, transitando a Nord del Castello di Resuttano. Locati, frazione di Bompietro, sorta proprio in corrispondenza di questa strada, era posto di dogana, ove le merci venivano controllate e veniva pagato il dazio. 


Dal Ponte di Blufi sino ad Alimena, il tracciato della Trazzera Sagneferi
nella mappa elaborata da Luigi Santagati
sulla base della carta di Schmettau del 1720

La trazzera Sagnéferi corrisponde all'attuale via Rampanti di Locati, e segna al giorno d'oggi il confine fra i territori di Blufi e Resuttano.


Via Rampanti a Locati
Ex trazzera Sagneferi 

I feudatari 
Non è noto a quando risalga la creazione del feudo, che comunque rientrava nella contea di Collesano, in mano prima ai Ventimiglia di Geraci, poi ai catalani Cardona ed infine agli spagnoli Aragona.
Alla fine del '500 era terra del Duca di Montalto, sebbene nel 1666 gestita dal barone Notarbartolo di Polizzi, e nel 1678 venne acquistato da Pietro di Figlia, appartenente a famiglia nobiliare di spicco di Petralia Sottana.
Anna Maria Di Figlia, discendente del primo, nel 1766 sposò Francesco Agnello, Signore di Ogliastro, Capitano di Cefalù e poi Governatore della Contea-marchesato di Geraci, recandogli in dote il feudo di Signefari, per cui nel 1789 il loro figlio Pietro ottenne l'investitura con il titolo di barone di Signefari o Segneferi.



Nicolò Agnello Alfani (1815-1897)
Barone di Segneferi



Dopo di allora, nell'800, le terre si scindono dal titolo nobiliare, che rimane alla famiglia Agnello stabilitasi a Siculiana, e vengono comprate dai Pottino di Petralia Soprana, che avevano acquistato anche l'ex feudo di Irosa, con la relativa masseria.
Nel 1887 troviamo infatti l'ex feudo Sagneferi menzionato fra i beni dell'asse ereditario di Gaetano Pottino (1828-1876) marchese di Irosa, beni che, data la sua morte prematura, vennero a lungo gestiti dalla sua vedova, marchesa Vincenza Pottino.



Il prospetto posteriore 

La consistenza del feudo  
Dalle carte della successione del marchese Gaetano Pottino si evince l'importanza economica del feudo Sagnéferi, costituito da terre coltivate di grande estensione,  e che comportava una "casina", abitazione del feudatario, un'azienda agricola e di allevamento munita di ogni attrezzatura, uno stazzone, cioè una fabbrica artigianale di oggetti in argilla, canali e catusi, un palmento per la spremitura dell'uva, un apiario, una sorgente e due abbeveratoi.


Vista satellitare 

Una vecchia foto della casina


La casina Sagneferi
La collocazione della dimora, in posizione sopraelevata e isolata, richiama la sua funzione di controllo,  rispetto alle attività del latifondo agricolo. Com'è noto, le masserie erano strutture nate da una sorta di "colonizzazione" baronale di vaste aree abbandonate ed incolte, concesse dal sovrano, sotto il dominio spagnolo, fra il 500 e il 700, per la coltivazione intensiva dei cereali. 
Lo stabile principale appare databile al XVII secolo, e non si affaccia, come in altri casi, su di un "baglio" cioè su di un cortile interno fortificato.
La parte centrale è solerata, cioè dotata di un piano superiore ove erano siti gli appartamenti dei proprietari, e in seguito, del sovrastante.



Il portone principale

La Chiesa interdetta
La distinzione e ricchezza del padrone di una masseria era segnata dalla presenza di una chiesa. Ne abbiamo conferma dalle carte del 1887, in cui si precisa però che la chiesa era "interdetta". L'interdetto è una pena di diritto canonico che, applicata ad un luogo, vieta ivi lo svolgimento dei sacramenti e delle funzioni religiose. In questo caso la pena non riguardava una persona o una comunità, e quindi non derivava certamente da violazioni degli abitanti di Sagneferi, ma semplicemente dall'inagibilità dello stabile. Lo conferma il fatto che la stessa oggi sia in condizioni di quasi totale distruzione, a differenza degli altri locali. Restano solo un'acquasantiera e un residuo di bassorilievo con una croce.


Acquasantiera 
della chiesa interdetta 


Le vecchie strutture ormai pericolanti non hanno perso la loro imponenza, e percorrere l'alto e lungo vestibolo che dà accesso alle scuderie e alla parte posteriore, ci lascia immaginare la vita di un tempo, e l'andirivieni di personale affaccendato e di montature e carretti. 


Vestibolo

La vita agricola a Sagneferi
Sino a cinquant'anni fa, a Sagneferi  la vita agricola ferveva, e la contrada era affollata di contadini, di cui si vedono ancora case sparse, più o meno dirute e in stato di abbandono.
La maestra Pina Pepe ricorda che sino agli anni 70, insegnava ai bambini dei lavoratori agricoli ivi stanziati, nella scuola elementare sussidiaria interclasse, organizzata dalla Regione. I corsi si svolgevano in una stanza messa a disposizione da una delle famiglie, in una casa rurale non raggiungibile della strada, cui la maestra perveniva ogni giorno a piedi e munita di stivali. L'inizio delle lezioni doveva aspettare la fine delle incombenze mattutine dei piccoli allievi, impegnati con le capre o in altri lavori in aiuto dei propri genitori.
In caso di cattivo tempo, la maestra si doveva trattenere a dormire sul posto.  


Le scuderie

Nel silenzio della campagna, penetriamo nelle scuderie segnate dal tempo, ma che evocano ancora la fatica di allora. Un bummulu, dei cavigghiuni in legno infissi alla parete, restano al loro posto sino alla completa distruzione. All'esterno del casale addormentato, la natura ha rivendicato i suoi diritti e invade inesorabilmente ogni accesso. Peccato.


mangiatoia 


Origine del nome Sagnéferi
Per concludere, un breve spunto di toponomastica. Il suono della parola Segneferi o Sagneferi richiama alla mente il latino sìgnifer, cioè portatore di insegna.
Ma l'originaria suddivisione in due parole e l'accento sulla seconda sillaba gné, suggerisce invece una interpretazione etimologica associata a S. Onofrio, santo egiziano venerato dalla chiesa bizantina, il cui nome in copto era Néferi o Nùferi: San Néferi. Si tratta infatti di un santo il cui culto si è diffuso in Italia attraverso Bisanzio, e che è venerato anche nelle Madonie.


Zoppo di Gangi. S. Onofrio
Basilica S. Maria Assunta di Petralia Sottana



Grazie per la collaborazione a Domenico Gulino e ad Ernesto Messineo


Cavigghiuni


Cenni bibliografici

Domenico Scinà, Rapporto del viaggio alle Madonie impreso per ordine del governo da Domenico Scinà in occasione de' tremuoti colà accaduti, Palermo 1819

Luigi Ajosa, Pepi Statella, La ven.le Commenda Camera Magistrale San Giovanni Battista alias S. Maria Maddalena, detta pure San Giovanni Battista Del Ponte, della citta di Polizzi del Sovr. Ordine Gerosolimitano di Malta, Romano 1885

Celestina Salamone Cristodaro, Polizzi del passato, Edizioni Grifo 1990

O. Belvedere, A. Burgio, R.M. Cucco, D. Lauro, Relazioni fra geomorfologia, processi post-deposizionali e visibilità del suolo nella lettura dei dati di prospezione archeologica, Academia 2005
PROCESSI POST-DEPOSIZIONALI E VISIBILITÀ DEL SUOLO NELLA
LETTURA DEI DATI DI PROSPEZIONE ARCHEOLO

Luigi Santagati, Viabilità e topografia della Sicilia antica. 1. La Sicilia del 1720 : secondo Samuel von Schmettau ed altri geografi e storici del suo tempo, Regione siciliana, Assessorato dei Beni Culturali ed Ambientali e della Pubblica Istruzione, 2006

Virginia Buda, Stefania Lanuzza, Sulle vie dei Cavalieri di Malta. Il Valdemone catanese,  Messina Di Nicolò, 2008

Francesco Figlia, Il Seicento in Sicilia. Aspetti di vita quotidiana a Petralia Sottana, terra feudale, edizioni Officina di Studi Medievali collana Biblioteca dell'Officina studi medievali, 2008

Salvatore Farinella, Storia delle Madonie dalla Preistoria al Novecento, Edizioni Arianna  2010


Giddebbiu

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