SALINELLA
Salinella trae il suo nome dalla presenza di un importante giacimento di sale, che si estende alla frazione di Raffo, formatosi nel Miocene superiore (5.000.000 di anni fa), e che fu sfruttato sin dall'epoca romana. Nel periodo arabo (IX secolo) la miniera acquisì sempre maggiore importanza economica, tanto che la strada che vi transitava venne chiamata "La Via del Sale".
La miniera di salgemma - Foto di Roberto Boccaccino Per La Repubblica |
La miniera, ove l'estrazione è continuata nei secoli, con lo scavo di diverse gallerie per un totale di 80 km e di 12 livelli, per una profondità di 400 metri nelle profondità della terra, è un gigantesco deposito di salgemma, cioè di sale marino di peculiare purezza, originatosi nel Mesozoico, quando, in seguito alla chiusura dello stretto di Gibilterra, il Mediterraneo, non ricevendo più alimentazione, si chiuse e si prosciugò per effetto dell’evaporazione. Durante tale fenomeno, il sale andò a depositarsi nelle depressioni più profonde, le quali, per i movimenti successivi della crosta terrestre, si ritrovarono talvolta molto più in alto dell'originario livello, come nel caso di Salinella, che si trova a circa 900 m di altitudine.
Efflorescenze di salgemma |
Scrive Domenico Scinà nel 1819: "E procedendo dall’Alimena lungo il fiume di S. Giovanni verso le Petralie si veggono sull'una e l'altra sponda, l'efflorescenze saline che giungono sino alla Salinella, la quale è posta sotto la Superior Petralia. Salse quindi le acque in questa contrada per la soda muriata o salino amare (nota : come nella vicina Acquamara) per la soda solfata."
Salinella nelle mappe della prima metà dell'800 |
Nel 1399 Martino, re di Sicilia e Aragona, concesse le terre che comprendevano la miniera ad Antonio Ventimiglia Conte di Collesano. In un bosco della zona, è stato ritrovato un piliero con il segno distintivo di questa antica famiglia.
In ultimo, il titolo appartenne alla famiglia La Motta di Nicosia, fra i cui esponenti si distinse alla fine degli anni '40 Stefano La Motta, mecenate sportivo e pilota di auto da corsa, che trovò la morte nel 1951, proprio in una gara automobilistica.
Il Barone di Salinella Stefano La Motta alla guida di una Cisitalia 202 SMM all'8° Giro d'Italia - Targa Florio |
Le prime estrazioni di salgemma a Salinella sono documentate nell'800 proprio con il barone La Motta, che fu proprietario di terre estese sino a Nicosia. Egli diede in gabella a tali Intrabartolo e Cerami il territorio di Salinella, e la miniera a Giuseppe Di Gangi. In seguito, il barone cedette 100 ha di terra, sempre a Salinella, alla cooperativa "Madre Terra", riservando la salina, come buonuscita, al Di Gangi, alla cui morte subentrò poi il figlio.
Il sale si scavava e frantumava a mano, e con fatica disumana, lo si trasportava fuori a spalla o con i muli. Alla fine del XIX secolo, gravissimi incidenti occorsi ai lavoratori determinarono l'abbandono del primo accesso alla miniera, come descritto nel post La salina di Petralia nell'800.
A Salinella si distinguono vari quartieri dai nomi curiosi che evocano antiche famiglie e particolarità dei luoghi: Messineo, Richizieddi, Puputinti (dal nome di una famiglia ivi esistente), Cannuoli, Vizzini, Barbagianni, Scarpetta, Taralla, Ladestra e Strittu di Gangiutti.
In questo territorio, le pietre hanno una storia da raccontare; in ogni dove, nella campagna, sopravvivono reperti della civiltà contadina di una volta, alcuni dei quali risalgono a tempi immemorabili.
E' il caso del mulinu ru salinaru detto anche mulino Paradiso, dal nome di un suo proprietario, sito al confine fra Raffo e Salinella e attualmente invaso dalle sterpaglie.
Mulinu ru salinaru |
Come si vede nelle foto qui sopra, scattate una decina d'anni fa da Pietro Cassaniti, si tratta di un mulino del tipo usato nella Grecia antica, con ruota orizzontale, messa in modo dall'acqua incanalata in una sorta di serbatoio, la "botte" (foto 3) e fatta cadere dall'alto sulla ruota, in modo da metterne in moto le pale. Il locale sotterraneo ove si trovava la ruota presenta una volta (foto 2 e 4). La ruota era collegata direttamente con le due macine sovrapposte situate nella stanza di molitura al piano superiore, come illustrato qui sotto.
Funzionamento del mulino ad acqua di tipo greco |
Sino ad 80 anni fa, quando la vasca era piena, il mugnaio suonava la tromba ed avvisava i valligiani. Esisteva poi un altro mulino, sistemato alla confluenza del torrente Fiumicello con quello chiamato Serradamo, che non aveva vasche, ma un laghetto naturale chiamato localmente gibbiuni. Quando era colmo, il mugnaio avvisava gli abitanti della zona con il suono non di una tromba, ma di un corno. Non esistevano ancora i cellulari...
La zona è ricca di sorgenti. In vari punti ci si imbatte, in uno scenario da fiaba, in antichi pozzi immersi nella vegetazione. Nella foto sopra, eccone uno con il suo tetto a volta. A poca distanza, ne troviamo un altro in contrada "Chiusa Cavalla". La sua imponente mole richiama un animale giurassico acquattato nell'erba. Si tratta della copertura a volta del vecchio pozzo, che è munito di due scifi.
Pozzo con scifi di Chiusa Cavalla |
E' curioso pensare che il termine scifo, adoperato in siciliano per designare un ampio catino, oppure una vasca adibita ad abbeveratoio o lavatoio come quelle qui raffigurate, deriva dal greco antico σκύϕος (schìfos), che designava invece un'elegante coppa appiattita munita di manici, in cui sorseggiare vini deliziosi.
A Salinella si trova un tipo di uva dai chicchi piccoli e molto dolci, che produce un buon vino e che si narra essere di origine antichissima. E a proposito di vino, in contrada "Piano delle Tignole" scopriamo un antichissimo palmento, ricavato da un unico monolite. I palmenti, in antichità, non venivano costruiti in muratura, ma scavati in una roccia affiorante abbastanza tenera da poter essere lavorata. Proprio per questo motivo, quelli che si ritrovano sono spesso in cattive condizioni, con i margini consunti e frastagliati, come quello delle foto qui sopra. I palmenti erano muniti di una vasca o più spesso di due, fra loro collegate da un canale. In questo caso si tratta di vasca unica, con un canale di scolo verso l'esterno, munito di versatoio.
Nel palmento, dopo aver chiuso il foro di scolo con un tappo, l'uva veniva pigiata con i piedi. Si lasciava il composto fermentare e poi si apriva il tappo, lasciando il mosto scolare nei contenitori ivi predisposti.
Nei casi di palmenti a due vasche, quella superiore si chiamava pistaturi, mentre quella inferiore, ove si veniva a raccogliere il mosto, era lo zubbio.
Nel palmento, dopo aver chiuso il foro di scolo con un tappo, l'uva veniva pigiata con i piedi. Si lasciava il composto fermentare e poi si apriva il tappo, lasciando il mosto scolare nei contenitori ivi predisposti.
Nei casi di palmenti a due vasche, quella superiore si chiamava pistaturi, mentre quella inferiore, ove si veniva a raccogliere il mosto, era lo zubbio.
Ogni angolo di Salinella evoca una vita semplice e serena, fatta di lavoro a contatto costante con la natura. Nella zona dell'aria, in cui si svolgeva la pisatina, cioè la trebbiatura, si trova un abbeveratoio dalle linee essenziali. Un altro si trova a Richizieddi.
Chiesetta di Salinella |
Una religiosità ancora viva traspare, ad ogni angolo, da un'edicola votiva, dalla chiesetta campestre, o ancora, sulla trazzera in discesa, da un roccione sormontato da una croce, che evoca alla mente i lontani menhir celtici, e che estende la sua protezione ad ogni passante.
Sullo sfondo il centro storico di Petralia Soprana |
Qui sono rimasti in pochi e si può vivere al ritmo di cento anni fa: ci si incontra lungo le trazzere e in mezzo alla natura incontaminata, ci si saluta, si scambiano quattro chiacchiere. La pace è incredibile. Non per nulla, sino a qualche decennio fa, i caseggiati in contrada Fiscelli erano destinati a luogo di villeggiatura per ecclesiastici.
Edicola votiva |
(in ordine alfabetico)
a Pietro Cassaniti, Domenico Gulino e Mario Sabatino.
Riferimenti bibliografici
- Orazio Cancila, I Ventimiglia di Geraci, 2010
- Domenico Scinà, Rapporto del viaggio alle Madonie impreso per ordine del Governo da D. Scinà in occasione de'tremuoti colà accaduti nel 1818 e 1819, Reale Stamperia, 1819
- Capibrevi di Giovan Luca Barberi, Palermo 1886
- Francesco San Martino de Spucches, Storia dei Feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia, dalla loro origine ai nostri giorni
- Francesco Ferruzza Sabatino, Cenni Storici su Petralia Soprana, Pezzino Palermo 1938
- Capibrevi di Giovan Luca Barberi, Palermo 1886
- Francesco San Martino de Spucches, Storia dei Feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia, dalla loro origine ai nostri giorni
- Francesco Ferruzza Sabatino, Cenni Storici su Petralia Soprana, Pezzino Palermo 1938
- Di Martino Maria, Giacomarra Mario, I quartera di Soprana, Tesi di laurea, Facoltà di lettere e filosofia, Università di Palermo, 1993-1994
- Rosario Ferrara, Chiesa e società fra XI e XIX secolo a Petralia Soprana, 1999
- Giuseppe La Placa, Un Mondo che scompare volume I . Comune di Petralia Soprana
- Giuseppe La Placa, Un Mondo che scompare volume II. Editrice Arianna 2013
- Giuseppe La Placa, Sul fremito del passato. MACSS 2016
- Rosario Ferrara, Chiesa e società fra XI e XIX secolo a Petralia Soprana, 1999
- Giuseppe La Placa, Un Mondo che scompare volume I . Comune di Petralia Soprana
- Giuseppe La Placa, Un Mondo che scompare volume II. Editrice Arianna 2013
- Giuseppe La Placa, Sul fremito del passato. MACSS 2016
Grazie per l'interesse mostrato. È davvero da visitare come tutte le borgate di Petralia Soprana, una più bella dell'altra!
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