PALAZZO POTTINO
Foto Pantaleo Pirastu |
L'importanza acquisita dalla famiglia Pottino nella Petralia Soprana dell'800/900, traspare dal numero dei palazzi dei vari rami della famiglia che costellano il centro storico. Il più imponente, quello di cui ci occuperemo, campeggia all'incrocio fra Piazza del Popolo e corso Umberto e appartenne al ramo dei marchesi di Eschifaldo e baroni di Capuano. Si tratta di una costruzione della metà dell'800 che ha preso il posto del seicentesco palazzo Lo Squiglio, dimora di una più antica famiglia nobiliare di origine romana (da Esquilius).
Nella vecchia carta del catasto borbonico del 1840 circa, quindi precedente alla realizzazione del palazzo, si può leggere infatti che l'intero isolato, indicato con il numero 4, apparteneva a quell'epoca alle suore del Collegio di Maria, alle quali, probabilmente era stato ceduto dai Lo Squiglio.
Per avere un'idea della situazione originaria dei luoghi bisogna considerare che la facciata principale del palazzo dava su di una via stretta e non godeva come oggi dello spazio di Piazza del Popolo, dato che sino al 1929, tale area era occupata dalla chiesa della Madonna del Carmelo ed erano presenti notevoli dislivelli stradali che furono appianati solo a fine 800, con la creazione del Corso Umberto e di via Medici. Molte case si videro interrare un intero piano, mentre Palazzo Pottino subì al contrario una fuoriuscita delle fondamenta.
I muri esterni del palazzo ci parlano tuttora di queste modifiche, recando tracce evidenti del mutamento di livello del piano stradale. La freccia indica il livello dell'originario piano terra ed è ben visibile la linea sottostante delle fondamenta.
La famiglia Pottino
Don Michele Raimondo Pottino (Petralia Soprana 15.2.1807-13.3.1887) di famiglia originaria di Nicosia, figlio di Gaetano e di Vincenza Sabatino, e nipote di Don Nicolò, sposò nel 1834 una discendente di uno dei casati più potenti delle Madonie, Maddalena Sgadari dei baroni della Celsa (1807-1891), che discendeva dai Bongiorno di Gangi, e che qiindi, per effetto delle nozze, portò poi al primogenito dei Pottino la baronia di Capuano e il marchesato di Eschifaldo, insieme ad altri titoli.
Don Michele Pottino |
Nel 1840 Michele Pottino decise di dotarsi, nella sua città natia di Petralia Soprana, di un palazzo rappresentativo della sua situazione familiare e sociale, e scelse quindi, per la loro centralissima posizione, davanti al Municipio e alla Chiesa del Carmine, i locali del vetusto Palazzo Lo Squiglio. Per la realizzazione, venne scelto un architetto di grido nella Palermo della prima metà dell'Ottocento.
L'architetto Patti
Don Giuseppe Patti, di nobile famiglia di Partinico, aveva collaborato con l'architetto regio Carlo Chenchi (o Chenchè), pupillo del Vanvitelli, alla realizzazione della Real Cantina Borbonica di Partinico. Egli aderiva alla corrente stilistica allora dominante, il neo-classicismo, e con un intervento che all'epoca attuale avrebbe fatto scandalo, fu lui a "modernizzare" la chiesa arabo-normanna della Magione a Palermo, dotandola di una facciata nuova di zecca, giustapposta a quella storica originaria, realizzando un duplice loggiato con colonnato in stile dorico e una copertura neo-classica. Non ne rimane oggi più traccia, perché nel 1927 il tutto venne demolito e l'originaria facciata rivide la luce.
Fu sul finire della sua carriera che l'architetto Patti disegnò il progetto di quello che doveva divenire Palazzo Pottino.
Chiesa della Magione a Palermo Il portico neoclassico aggiunto da Giuseppe Patti e la sua demolizione nel 1927 |
La pianta e i vari progetti del palazzo fanno parte dell'Archivio Storico della Biblioteca Frate Umile Pintorno di Petralia Soprana (Fondo Antico. Archivio Pottino. Mappe e disegni 28 febbraio 1851).
Pianta del palazzo 1846 |
L'edificio ha linee molto semplici ed è ispirato a severità e imponenza, in coerenza con lo stile suddetto, che restò in auge per l'intero Ottocento. Si articola attorno ad un cortile centrale e i suoi prospetti principali si affacciano oggi su via Medici, Corso Umberto e Piazza del Popolo.
Prospetto del palazzo su Corso Umberto. Il portone, da cui si accede oggi al rinomato Bar Aspromonte, era quello del granaio. |
Le vicende successive del palazzo
Il primogenito di don Michele Pottino, Francesco (1839-1923) ereditò il palazzo, ma non ebbe figli, e quindi trasferì tutti i suoi titoli, così come il palazzo, al nipote Ernesto (figlio maggiore del fratello Nicolò Gaetano). A sua volta, nel 1926 questi trasferì i titoli al fratello Ettore Eugenio Pottino per anticipata successione. Successivamente l'edificio venne ereditato dai discendenti in linea retta di Ettore Eugenio, cioè il figlio Gaetano e poi il nipote Ettore, che infine lo vendette.
In ultimo, nel 1989 è stato acquistato dalla Provincia di Palermo.
Blasone dei Pottino |
L'intervento dell'arch. Caronia Roberti
Durante il periodo in cui il palazzo apparteneva a Ettore Eugenio Pottino, sorse l'esigenza di adibire i locali a piano terra della facciata principale a negozi.
Il Marchese si rivolse ad un architetto palermitano in vista : Salvatore Caronia Roberti (Palermo 1887-1970), tra i protagonisti tra gli anni '20 e gli anni '30 dell'architettura razionalista a Palermo. Fu infatti lui a realizzare nel 1934 la sede del Banco di Sicilia in via Roma 185 e nel 1932 il Palazzo Pantaleo in via Ruggero Settimo.
Nel Fondo Disegni di Roberto Caronia si ritrovano due "disegni di botteghe per il palazzo del Marchese Pottino a Petralia Soprana", databili al 1925 circa. Da qui l'inserimento, nel prospetto ottocentesco, in corrispondenza delle originarie porte a volta, delle aperture squadrate di gusto modernista tuttora presenti. Resta ancora però la traccia delle originarie aperture.
Nel 1995, dopo l'acquisto della provincia, il palazzo è stato restaurato dall'ing. Bartolo Fazio di Geraci.
Petralia innevata dei primi anni '40. Il Monumento ai Caduti era stato inaugurato nel 1938 |
Il palazzo del marchese di Echifaldo
Sulla targa infissa al portone, qualche tempo fa, si leggeva un'indicazione erronea e cioè il riferimento al "Marchese di Capuano". Innanzitutto non esiste un titolo simile, essendo Capuano una baronìa. I proprietari del palazzo erano marchesi di Echifaldo e baroni di Capuano. Con l'abolizione dei titoli nobiliari, il solo predicato di Capuano è stato cognominizzato, per cui l'ultimo dei Pottino che ne ebbe la proprietà, porta il cognome Pottino di Capuano, e gli spetta, dal solo punto di vista storico e araldico, il titolo di ultimo marchese di Echifaldo.
Le iniziali della famiglia intrecciate in ferro battuto nella parte alta del portone |
Anni '60 |
Da Eschifaldo a Echifaldo
Il predicato nobiliare originario è Eschifaldo con riferimento all'omonimo feudo di cui si trova ancora traccia nei pressi di Cacchiamo, sotto il nome di Schifano. Ettore Eugenio Pottino ottenne dalla consulta araldica un cambiamento, sostenendo che originariamente il nome si scrivesse Exifaldo, foneticamente trascrivibile quindi come Echifaldo.
Lo stemma della famiglia Pottino di Echifaldo |
Il portone monumentale del palazzo e il balcone del salone sovrastante, per la severa imponenza e la linearità dei loro elementi, il ricorso all'arco a tutto sesto e le due evocate colonne che lo incorniciano, rispettano gli stilemi neo-classici.
Accedendo dal portone principale, ci si ritrova in un androne da cui si dipartono a destra le scale per il piano superiore. Di fronte, alcuni gradini conducono al cortile centrale dell'edificio, rialzato rispetto al piano stradale.
Scorcio dell'androne di ingresso |
La fontana circolare che campeggia nel cortile centrale rialzato, mette in risalto il colonnato del passaggio coperto, da un'ala all'altra del palazzo. Questo incornicia a sua volta una porta in stile neo-rinascimentale. L'introduzione di elementi architettonici di gusto esotico, neo-rinascimentale o neo-gotico, è tipica dell'800.
Il cortile rialzato |
Nel cortile spicca un classico sedile in pietra a volute, comune nelle dimore nobiliari madonite, e probabilmente recuperato dalla vecchia struttura dell'edificio. Il fiore scolpito è un elemento decorativo seicentesco che si ritrova in vari monumenti di Petralia, come la facciata della chiesta di S. Maria di Gesù, nelle scale di Villa Sgadari o negli elementi più recenti del sepolcro di Berna Scelfo nella chiesa di S. Teodoro.
I muri del cortile recano le tracce delle vecchie aperture ad arco risalenti al palazzo Lo Squiglio e degli interventi successivi, come ad esempio il passaggio coperto sulla sinistra.
Il palazzo comporta due piani, il primo dei quali, il cosiddetto "piano nobile" è costituito dagli appartamenti padronali, cui si accede da una scala in marmo.
Di fronte alla cappella, inserita in una nicchia racchiusa da due ante come in quasi tutti i palazzi nobiliari ottocenteschi, si svolgeva il rito familiare del rosario serale, così come evocato ne "il Gattopardo". La domenica mattina, un sacerdote poteva celebrare la messa per i soli membri della famiglia e per uno stretto numero di persone di servizio.
Dopo una sequenza di diversi saloni collegati l'uno all'altro, si giunge alla camera da letto, riccamente decorata e caratterizzata, com'era uso nella maggioranza degli ambienti domestici nobiliari, dalla delimitazione di uno spazio ove era situato il letto matrimoniale: l'alcova (dal termine spagnolo alcoba, a sua volta derivato da quello arabo al-qubba). Era chiuso da tende, utili sia per la privacy che per preservare il calore. La stanza da letto infatti, secondo gli usi aristocratici, era sempre vasta, in quanto veniva utilizzata anche per ricevere gli intimi. A Palazzo Pottino, sono state realizzate colonne che costituivano una sorta di baldacchino architettonico.
I soffitti di tutti gli ambienti del piano nobile sono affrescati nello stile della metà dell'800, con vedutine dal tratto lieve e dai colori pastello, incorniciate dai tralci classici.
Al giorno d'oggi, la visuale dai balconi del palazzo è totalmente modificata dalla crescita degli alberi.
Nel 2012 a Palazzo Pottino si è rivissuta l'atmosfera dei tempi antichi, quando lo stesso si è popolato nuovamente di crinoline e tournures, come ai tempi del suo fulgore. Ha infatti ospitato una splendida mostra di 80 preziosi abiti dal 1860 al 1950, dalla Collezione Piraino.
Il Presepe d'InCanto
Nel mese di dicembre, Palazzo Pottino si anima di una speciale magia, accogliendo il Presepe d'InCanto, un'installazione video-sonora e grafica di alta tecnologia, nata nel 2006 da un'idea di Don Calogero La Placa e Leonardo Bruno. Ha l’intento di esaltare i reali significati del Natale e i valori della vita attraverso il silenzio, la meditazione e la contemplazione, nella cornice suggestiva di Petralia Soprana. Montaggio video, mapping, effetti sonori, musiche e regia sono di Leonardo Bruno, mentre le riprese e gli scatti sono del fotografo Damiano Macaluso.
Ringraziamenti (in ordine alfabetico) a Domenico Gulino, Ernesto Messineo, Ettore Pottino e Mario Sabatino
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