LA LUNGA GIORNATA DI UNA DONNA DI CENTO ANNI FA


La moda nel 1918

Volutamente, abbiamo scelto di introdurre l'argomento con immagini della moda femminile di cento anni fa, per rimarcare il divario fra le figure idealizzate di donne-bambola dei giornali di moda di allora, e le donne vere, come quelle che vivevano nelle Madonie.
In quell'epoca, nelle abitazioni petralesi non esistevano ancora luce elettrica né acqua corrente, e molto spesso neanche servizi igienici. I compiti casalinghi femminili di allora, pur essendo grosso modo quelli di oggi, si svolgevano però senza l'aiuto degli elettrodomestici, e soprattutto con la necessità di procurarsi le risorse di base come l'acqua e il fuoco e di elaborare gli alimenti direttamente dalla materia prima.
Vi si aggiungevano, nelle Petralie, le difficoltà derivanti dal clima rigido, dal continuo alternarsi in paese di ripide salite e discese, e dal fatto che le abitazioni fossero in stretto contatto con il pollaio e con la stalla.

Molte delle incombenze, di fatto, venivano svolte direttamente in strada, e per necessità di cose, si faceva ricorso all'aiuto delle vicine. La strada con la sua gente sembrava una grande famiglia.
Questo fenomeno era agevolato dal fatto che, ad eccezione delle case nobiliari, le abitazioni non fossero munite di cortili o di altri filtri rispetto allo spazio pubblico. Inoltre la vita era talmente difficile che la costante cooperazione fra donne era necessaria, a partire dal prestito da una vicina all'altra del lievito madre per la preparazione settimanale del pane, sino all'aiuto collettivo fornito in occasione di gravidanze o di lutti.


Agli inizi del XX secolo, il cappularu d'avrasciu* era
 il riparo contro i rigori invernali

Per cercare di toccare con mano i notevoli mutamenti della vita delle donne, nel breve arco di un secolo, abbiamo immaginato una giornata tipo di allora.
La raccolta dei dati è avvenuta intervistando direttamente le persone anziane, che hanno fornito informazioni tratte dall'esperienza delle proprie madri, vissute appunto cento anni fa.
Ovviamente si tratta di una ricostruzione sommaria; abbiamo scelto di ambientare la nostra giornata in inverno e gli orari indicati sono solo approssimativi.
Esistevano varianti dovute al ceto sociale, e al fatto di potersi permettere o meno l'aiuto di qualche servetta o garzone, per i lavori pesanti. Ma nell'insieme, le incombenze delle donne erano comuni a tutte.
Alla fine del post, abbiamo inserito un glossario dei termini siciliani utilizzati.

Ore 6 - Gestione dei bracieri


Al risveglio, in inverno, la casa è gelida e la prima incombenza urgente è la preparazione in cucina dei bracieri, riempiendoli prima con uno strato di carbonella e poi con uno più superficiale di carbone. Il braciere, a conca*, viene sistemato al centro della stanza ove si soggiorna, con il relativo sostegno in legno, u pede a' conca*. Sul braciere acceso si sistema poi la cuba*, sia a scopo protettivo, specie per i bambini di casa, che per poter asciugarvi sopra i panni. Ciononostante, nelle donne di casa sono frequenti le bruciature alle gambe.



Cuba, conca  e pede 'a conca

Ore 6,30 - La colazione

La colazione mattutina è assicurata dal capraio o dal vaccaro, che passa nella via e porta il latte ancora caldo, perché appena munto.
Il marito e i figli grandi che vanno al lavoro vanno muniti di pane e companatico per la giornata.
Poi è il turno dei bambini, cui va preparata la colazione con pane e latte.



Ore 7 - La pulizia dei cantari
Uno dei primi compiti di pulizia della giornata ma anche il più sgradevole, è lo svuotamento fuori casa e la pulitura dei cantari* riempiti durante la notte. Le abitazioni sono infatti sprovviste di gabinetti. Il compito è anche particolarmente faticoso: per rendersene conto basta sollevare uno di questi spessi recipienti alti mezzo metro, che risultano pesanti persino da vuoti. 


Cantaro dell'800 - Museo Etnografico G. Pitrè

In quell'epoca, i luoghi adibiti allo scarico del letame sia umano che animale sono le concimaie, situate nei terreni poco fuori dell'abitato. Come si può leggere nelle istituzioni di polizia urbana di Petralia Soprana, a fine Ottocento, si rischia una multa salata se il letame o i rifiuti non vengono portati via dal centro urbano dopo otto giorni. Inoltre è proibito scaricarli nella zona ove si svolge annualmente la fiera del bestiame, che deve rimanere pulita

Ore 7,30 - Il rifornimento di acqua

Finita l'acqua esistente in casa per le primissime pulizie, occorre far rifornimento.
L'acqua per tutti gli usi viene infatti attinta dalla fontanella o dal bevaio più vicino, trasportata a casa con le lancedde* e poi portata su per le scale nella cucina, che molto spesso si trova al piano superiore. Nelle lancedde in terracotta viene tenuta l'acqua da bere; in quelle di zinco, quella per gli altri usi.


Fotomontaggio ambientato in via Gessaioli.
In alto a sinistra,
 il cuscinetto usato per stabilizzare il carico sulla testa

Ore 8 - Le pulizie di casa

L'acqua è una risorsa comunque preziosa e viene, per quanto possibile, riutilizzata. Per esempio, l'acqua della bollitura della pasta serve per dare una prima lavata ai piatti sporchi, all'interno dei lemmi* .
Per spazzare a terra, viene usata la scopa di ddisa o di palma nana.
La conca* e le quadare* in rame vengono puliti a gran rinforzo di olio di gomito con limone e con la cenere del braciere stesso.
Le stoviglie vengono lucidate con sabbia fina.
Periodicamente occorre cardare la lana di cuscini e materassi.

L’immondizia viene depositata in un secchio, messo davanti la porta, per il ritiro quotidiano da parte di un addetto. In realtà comunque quasi non se ne produce, dato che i resti alimentari vengono per quanto possibile riutilizzati o propinati agli animali, e perché si cerca di riciclare assolutamente tutto. Quello che oggi consideriamo il "secco indifferenziato" viene in realtà accuratamente conservato per futuri usi: pezze per rammendare, stracci per pulire, tappi o residui di spago, ecc. non si butta via nulla. Persino i capelli restati nel pettine vengono radunati e conservati per essere scambiati con altra merce spicciola (aghi, spilli o elastici), quando passerà il venditore ambulante specializzato, il quale a sua volta, venderà i capelli ai fabbricanti di parrucche.


Caffettiere in alluminio

La cura della persona

Cento anni fa, il concetto di igiene personale era molto diverso da quello attuale, e in assenza di acqua corrente, ogni spreco andava evitato. Perciò il lavaggio quotidiano era limitato allo stretto indispensabile. I capelli si lavavano raramente ma essendo tenuti molto lunghi, venivano comunque curati e puliti con pettine fino e petrolio. D'altronde bisogna tenere presente che non esisteva ancora il phon, per cui asciugarli in inverno era comunque difficile.

La spesa

Non esiste il concetto del "fare la spesa" come lo intendiamo noi oggi. Il cibo proviene direttamente dalla campagna propria, sita nei dintorni. La dispensa è fornita di tutto: farina, legumi, formaggio, vino, frutta secca, conserve varie stipate nelle giare.
All’emporio del paese si compra, solo raramente, la pasta sfusa.
Più in genere sono rarissimi gli acquisti, perché i vestiti sono pochi e per i bambini, vengono passati da uno all'altro dei fratelli, inoltre è la donna che provvede a cucire, a lavorare a maglia e persino a tessere la stoffa necessaria. 
Le poche suppellettili necessarie vengono acquistate dai venditori ambulanti. Praticamente i negozi transitano lungo le strade.

Venditori ambulanti nel 1918. Foto di Ermanno Biagini 

La preparazione del cibo

Un capitolo a parte meriterebbe la preparazione del cibo, che è ovviamente il compito principale riservato alla donna di casa. Ci si limita ad evidenziare i principi che, a differenza di oggi, governavano la cucina: la migliore resa possibile di qualunque sostanza commestibile a disposizione, e l'assenza del benché minimo spreco. 




Il centro dell'attività era ovviamente la cucina economica, munita dei pentoloni in rame con manici in ottone, le quadaredi diversa misura, e il forno munito di un vano sottostante per la legna e la carbonella. Gli attrezzi erano tutta una serie di mestoli, pentolini, teglie, setacci, colabrodi, grattugie etc. simili a quelli che usiamo tuttora, ma di materiali naturali e che richiedevano quindi maggior cura e fatica nella pulizia.
Le materie prime erano tutte ovviamente allo stato originario. Ciò significava dover preliminarmente decorticare, macinare, setacciare, sbucciare, pulire ecc...

Ore 10 - Il pranzo

Il pranzo viene sbrigato in velocità e con cibi semplici, pane e companatico, perché non sono presenti a casa gli uomini, che tornano solo la sera dal lavoro. 

Il cucito

I lavori di cucito sono la regola: tutte le donne rammendano, ricamano, ma sanno anche filare la lana e tessere. 



Chi è munita di telaio o di macchina da cucire può anche affrontare lavori più impegnativi.  E' così che le ragazze si preparano piano piano il corredo, tessendo la tela per le lenzuola, che provvederanno poi anche a ricamare.


Il ricamo al tombolo 

Al cucito, alla maglia e all'uncinetto vengono dedicati tutti i momenti "liberi", e soprattutto in periodo invernale, quelli serali, quando all'esterno non si può far nulla. Vengono così realizzati i piduna di lana per gli uomini. La maglia e l'uncinetto richiedono poca luce, e si possono fare vicino al cufularu*, raccontando magari qualche storia ai bambini.


L'uncinetto eternamente all'opera.
Foto di Rosario Ferrara

Ore 17 - La cena 

E finalmente sta arrivando la sera. Il buio giunge presto e occorre accendere i lumi a petrolio.
Si accende il fuoco nella cucina economica per la preparazione della cena, centrata su di una minestra con legumi e verdure. Si  tratta di un momento di gioia per tutti, perché finalmente la famiglia si riunisce.
Poi, una volta rigovernato tutto, un momento di grande condivisione è la recita serale del Rosario.
Quindi, mentre tutti si trovano in cerchio con i piedi vicini al braciere, il papà o la mamma leggono ad alta voce o raccontano la loro giornata.
Si va a letto molto presto, ma p
rima, occorrerà scaldare i letti che sono vere e proprie ghiacciaie. Ciò significa preparare gli scaldini da inserire nei letti,. Lo scaldino è una  scatoletta in legno, "a scarfetta*, rivestita all'interno di lamiera e con il coperchio di rete metallica.

Scarfetta e scaldino

Quello appena descritto è solo uno schema sommario della routine quotidiana. Ma alle incombenze più faticose venivano poi dedicate giornate intere o più giorni consecutivi. Esaminiamole.

LE INCOMBENZE SETTIMANALI O STAGIONALI

La preparazione del pane

Una volta a settimana, si prepara il pane, che verrà poi conservato, avvolto in una tovaglia, all'interno del cufinu*, ove si manterrà morbido per diversi giorni.


L'occorrente per il pane: cufularu, pala, maidda, tavola e cufinu



La giornata dedicata alla preparazione del pane comincia più presto delle altre, per tenere conto dei tempi di lievitazione e di cottura. Il lievito, u criscenti* viene amalgamato alla semola rimacinata, all'acqua e al sale, nella madia, a maidda*, e viene sottoposto ad un'energica lavorazione. La pasta va infatti manipolata a lungo anche con i pugni.

Una volta suddivisa la pasta nel numero di forme che può contenere il forno, queste vanno riposte fra due lenzuola infarinate, sotto delle coperte, e lasciate lievitare per diverse ore. Nel frattempo, si deve ripulire la maidda col rascaturi* e preparare il forno e portarlo alla giusta temperatura. Per infornare e per poter muovere i pani nel forno, si usa una lunga pala in legno. Il ripiano del forno viene pulito con la scupa di ddisa bagnata. 


Il bucato

In mancanza di acqua corrente, il bucato è una vera e propria impresa.
Per la roba spicciola, si fa una lavata settimanale con l'acqua attinta dalla fontanella o dal bevaio più vicini a casa, a mezzo di brocche e lanceddi*, con la collaborazione dei bambini di casa. 

Bucato grosso

I bucati grossi di lenzuola o coperte vengono fatti invece al fiume, a San Giovanni o a Raffo, soprattutto in primavera e in estate. In quest'ultimo caso, al lavoro si aggiunge la fatica di trasportare la roba da lavare anche per un lungo tragitto. La biancheria viene accumulata in cesti e caricata in testa oppure trasportata con il mulo. Un altro sito adibito a lavatoio è il bevaio di Vaccarizzo.


Al fiume vengono scelti dei punti in cui si trovano pietre piatte che permettono di lavorare i panni ginocchioni. 
Alla fontanella e in casa, invece, il lavoro viene svolto servendosi di bagnarole e della pila* in legno o in legno zincato.
Dopo la fatica fisica del lavaggio - strofina, torci e risciacqua - c'è anche quella della strizzatura, che viene eseguita manualmente da due persone, che tengono i due capi del lenzuolo. La biancheria viene poi stesa sugli arbusti e cespugli vicini.


Pila in legno zincato

Il lavaggio si articola comunque in due giornate consecutive. Nella prima, di pre-trattamento, in cucina, gli indumenti vengono immersi in acqua e liscivia, insaponati e lasciati tutta la notte in ammollo. L'indomani si sciacquano. 
Vanno puliti a mano anche i pannolini, i quali, dopo un primo lavaggio con il sapone molle, sono lasciati al sole per sbiancare e successivamente bolliti in cucina. 
A Petralia Soprana il sapone molle veniva venduto da Filippo U Sardaru, che girava per le vie con il mulo e che, come indicato dal nome, vendeva, oltre che il sapone, anche le sarde salate.

La stiratura

Un altro giorno a settimana viene dedicato alla stiratura, con due diversi tipi di ferri, quelli pieni di braci e quelli piccoli e piatti, riscaldati con l'appoggio diretto sulla cucina economica. I ferri piccoli si raffreddano subito, ma essendo più leggeri, sono più idonei alle finiture.



Base di appoggio del ferro e tipi di ferro da stiro

L'operazione è delicata, perché non c'è possibilità di regolare il calore e bisogna evitare anche di sporcare la biancheria. Si usa infatti una pezzuola inumidita poggiata sulla roba da stirare e il ferro viene pulito regolarmente dai residui di carbone.

Le conserve, la frutta secca e l'astrattu*

Tra i compiti stagionali vi sono la preparazione delle conserve di frutta o di verdure e quella del concentrato di pomodoro per il sugo.
Apposite giornate vengono dedicate anche all'uva passa, ai fichi, alle olive ed ai pomodori secchi.

L'aiuto agli uomini in campagna

In certi periodi dell'anno, è necessario l'aiuto in campagna da parte di tutti. Tipicamente, a fine giugno, per la mietitura e la trebbiatura, l'intera famiglia si sposta in campagna e si installa ivi per un mese circa. Si parte quindi tutti con muli e carretto pieni di utensili e vettovaglie (e persino delle galline), e ci si accampa sul posto. La donna deve provvedere a nutrire tutti e da' anche una mano agli uomini. 
Allo stesso modo, la vendemmia richiede un extra lavorativo a tutte le donne della famiglia.
Sono questi periodi stagionali di grande fatica, ma anche di felice condivisione, legati nei ricordi di chi allora era bambino, ad un profondo senso di appartenenza e di legame con la natura. Era insostituibile la figura della madre di famiglia che badava a tutti, incoraggiandoli e assistendoli con premura.

E la domenica?

Per le faccende quotidiane di casa, il ritmo non cambia molto, però ci sono attività proprie di quella giornata, che la rendono speciale.
Innanzitutto, la mattina presto si prepara il sugo per il pranzo della domenica, incentrato solitamente sulla pasta, ovviamente fatta in casa, il giorno prima o la mattina stessa.
Poi c'è il rito del bagno nella pila* o nella bagnera*, che
va prima riempita d'acqua fatta scaldare al fuoco, e poi svuotata dopo l'uso, a mezzo delle solite lancedde di zinco.


Bagnera 

Poi ci si veste nel modo migliore e ci si reca alla messa domenicale.
Una curiosità: la domenica le vie sono particolarmente animate, anche perché tutti gli uffici del Comune, l’emporio, i negozi del paese e le farmacie sono aperti, per consentire agli abitanti delle campagne e delle borgate di sbrigare pratiche e fare acquisti.



Mamma e bimba pronte per la foto, 
nel vestito della domenica.

Ai quei tempi, le famiglie numerose erano la norma, e per una donna, tre figli erano generalmente il minimo. Inoltre, le spettavano tanti altri ruoli, ad esempio saper sanare le piccole infermità con rimedi casalinghi, e quindi saper scegliere in campagna le erbe mediche, e prendere cura degli anziani di casa. Inoltre era la madre a tenere viva la religiosità dell'intera famiglia, tenendo fioriti gli altarini casalinghi, regolando i ritmi del Rosario, delle preghiere e delle Messe. 

In conclusione, abbiamo cercato di farci un'idea del lavoro quotidiano delle donne nelle Petralie dei primi del XX secolo, ma ci siamo certamente dimenticati di tante incombenze. Si farebbe prima a dire che tiravano avanti come treni, senza mai fermarsi dalla mattina alla sera. Alla loro interminabile e premurosa fatica, vogliamo rendere oggi omaggio, con un ricordo nei cuori dei loro figli, nipoti e pronipoti di oggi, e pensando con quale orgoglio guarderebbero le ragazze di oggi, divenute professioniste o imprenditrici affermate, anche per merito del loro quotidiano lavoro di allora.  


Dintorni di Petralia Soprana
Primo decennio del Novecento


Glossario

Cappularu: pesante mantello con cappuccio in orbace

Concabraciere di metallo

Pede 'a concasostegno circolare in legno per il braciere, ove si potevano poggiare i piedi

Cuba: cupola di rami di salice intrecciati da poggiare sul braciere, sia per protezione che per stendervi sopra panni da riscaldare o asciugare

Lanceddacontenitore per l'acqua, a forma di anfora, in terracotta o zinco

Cantaroalto contenitore in terracotta smaltata dal bordo molto svasato, sul quale ci si poteva sedere, e che fungeva da gabinetto nelle abitazioni sfornite di servizi igienici (dal greco kantharos: coppa con anse). Era provvisto di molti manici per agevolarne la manipolazione e veniva venduto dai cantarari ambulanti.

U rinali era invece più piccolo, munito di un manico, e serviva per i bisogni notturni. Veniva tenuto nella rinalera, cioé nel comodino

Lemme: equivalente di una bacinella, realizzato in terracotta smaltata

Quadara: pentola in rame con manici (dall'italiano caldaja)

Maidda: madia in legno ove si preparava l'impasto per il pane

Rascaturi: arnese in ferro utilizzato per ripulire  la maidda dai residui di impasto, dopo il suo utilizzo

Cufinu: cesto composito in rami di salice che conteneva il pane, e il cui coperchio fungeva da cestino più piccolo

Cufularu: focolare (è una trasformazione di fucularu). Per estensione, designa anche il braciere

Bagnera: vasca di zinco che serviva per farsi il bagno (dal francese baignoire: vasca da bagno)

Pila: vasca in legno o legno zincato, usata per lavare la biancheria, in cui è ricavata una parte piana in pendenza per strofinare i panni.


Donne di Petralia Soprana ai primi del XX secolo

Note bibliografiche:

Giuseppe La Placa, Un Mondo che scompare 
-  Giuseppe La Placa, Un Mondo che scompare vol. II, Edizioni Arianna, 2013
-  Giuseppe La Placa, Sul fremito del passato, MAC SS  2016
- Roberto Sottile, Massimo Genchi, Lessico della cultura dialettale delle Madonie. L'Alimentazione. ALS. Università degli Studi di Palermo, 2010
-  Maria Teresa Alleruzzo Di Maggio, La Dimora  rurale nelle Madonie, in La Casa rurale nella Sicilia occidentale, Olshki editore, 1968

Ringraziamenti:

Per le informazioni e le foto gentilmente concesse, siamo grati (in ordine alfabetico) a Pietro Cassaniti, Elina Cerami, Rosario Ferrara, Domenico Gulino, Giuseppina Pantano, Antonio Scelfo e Carmelo Spitale.

Alcune delle foto provengono dalla Biblioteca di Petralia Soprana o rappresentano oggetti del Museo Etnografico Giuseppe Pitrè di Palermo e della Casa-Museo di Antonio Scelfo a Gisa.

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