RACCONTI DI GUERRA: SOTTO A QUEL FANAL
di Mario Sabatino
Dopo cena, di soppiatto, sgattaiolavamo fuori. Nel periodo bellico c'era l'oscuramento, poche lampade blu.
Una era all'angolo del corso, â pinnina a posta. Emilio era sempre il primo ad arrivare, il minore di otto figli, alloggiava con la famiglia rifugiata da Palermo in una delle casupole vicino a chiazza, di quelle case che gli abitanti delle borgate usavano per cambiarsi di abito quando salivano in paese per la festa. Nel '44 erano tutte occupate dagli sfollati, gente povera della Guadagna e di Borgo vecchio, quartieri di Palermo che avevano subito massicci bombardamenti.
Dopo un po', richiamati dal canto di Emilio, eravamo già in venti. Accovacciati sul marciapiedi, lo ascoltavamo silenziosi. Aveva una voce deliziosa, era ben intonato, conosceva tutte le canzoni in voga, Stella d'argento, Amapola....
Con l'arrivo degli americani rimisero le lampade chiare, non si usciva più al buio, per paura dei soldati ubriachi.
Si facevano scorribande nei campi di Villa Sgadari e di Lo Presti, ma spesso dovevamo darcela a gambe.
C'era ancora molta fame in giro, i ragazzini andavano a caccia delle scatolette di carne che i soldati buttavano via, recuperando qualcosa. Io andavo a caccia di cciunchi, le chewing gum, le scambiavamo con frutti rubacchiati qua e là.
Dopo qualche mese, gli sfollati tornarono a Palermo. Qualche anno dopo andai a trovare Emilio, ma il padre mi disse che non potevo vederlo. Rappresentavo il passato triste, da cancellare. Me ne feci una ragione.
Con te Lili Marleen, tutte le sere sotto quel fanal...
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