INTERROGATIVI DEL CANDELABRO ARABO DI PETRALIA SOTTANA





Da secoli, per Pasqua, nella basilica S. Maria Assunta di Petralia Sottana, è possibile ammirare un pregiato candelabro medievale di fattura araba, utilizzato per reggere il cero pasquale. Si tratta di un'opera di grande interesse che sin dagli anni '30 è stata schedata e analizzata da Maria Accascina, e che è stata poi oggetto di studio da parte di diversi storici dell'arte, anche stranieri. 
La foto qui sopra è tratta dall'Archivio Fotografico dell’Unità Operativa Storico-Artistico della Soprintendenza ai BB. CC. di Palermo del 1937.

Premessa: arabi e cristiani a Petralia
Come descriveremo in un post di prossima pubblicazione, a B.tarliah, durante l'occupazione araba e sino all'arrivo di Ruggero il Normanno, il culto islamico e quello cristiano convissero. E dopo la conquista normanna, anche se venne avviata una decisa campagna di cristianizzazione, in vari centri si trattennero ricchi proprietari musulmani, ai quali non furono fatte pressioni. Sappiamo che prestigiosi rappresentanti della comunità locale araba, come ad esempio il gaìto Maymun, che fu incaricato di amministrare la signoria di Petralia sino al 1142, non solo erano cristiani, ma anche molto impegnati nella fede, tanto da fare donazioni cospicue al clero di rito greco.
Questa premessa è necessaria per inquadrare l'esame del candelabro di Petralia Sottana, che da tempo immemore viene usato come oggetto di culto cristiano, pur essendo un oggetto prettamente arabo per fattura, tipologia e stile decorativo.


Il candelabro usato nel rito pasquale
Foto di Antonio Piro


Unicità del candelabro
Il candelabro, espressione dello stile islamico del IX-XI secolo, è un reperto unico e quindi molto prezioso sotto il profilo sia storico che artistico. Come scrive infatti Jeremy Johns, potrebbe trattarsi dell'unico significativo reperto arabo di lavorazione del metallo in Sicilia, quanto al periodo dell'occupazione islamica. Fatto significativo, perché questa occupazione è durata più di cento anni. 
Importante è anche il fatto che, potenzialmente, l'opera contenga le risposte a svariati interrogativi riguardanti il Medioevo nelle Madonie e più in generale in Sicilia.
In estrema sintesi, il quesito è: si tratta di un oggetto islamico "cristianizzato" e introdotto nella liturgia cattolica successivamente alla dominazione araba, oppure fu opera di musulmani convertiti che realizzarono, nello stile artigianale arabo che avevano importato, un oggetto liturgico cristiano? 


Foto tratta dal sito PetraliaVisit

Come ce lo descrive Maria Accascina, il candeliere, probabilmente risalente al secolo undicesimo, è di bronzo ed è formato da una base liscia, dalla quale si diparte un fusto esagonale ornato da fregi intagliati a traforo e da altri incavati sulla superficie. Tali fregi hanno la forma di caratteri arabi. Sulla parte terminale del fusto si protendono uccelli col becco adunco con un modellato duro e sintetico. Sono visibili anche, poco sotto, delle teste di felini.

Il candelabro è opera di artigiani arabi
Queste caratteristiche, così come le scritte in caratteri cufici, riconducono sicuramente ad artigiani formati nella tradizione islamica della lavorazione del metallo. 
L'oggetto è frutto della giunzione di parti di provenienza diversa, dato che le parti del fusto hanno diametro leggermente diverso, ed esistono segni di un intervento di riparazione, particolarità questa che rende più complessa l'indagine. 

Dove è stato realizzato?
Ci si chiede se si tratti di un oggetto importato o fabbricato in Sicilia.

Ipotesi 1 - Sicilia
È astrattamente possibile che sia stato realizzato nell'isola, e magari a Petralia stessa, da artigiani islamici, adusi a tecniche apprese in altri territori arabi.  
Ma proprio l'unicità in Sicilia del manufatto, fa propendere per l'ipotesi contraria e ritenere che sia un oggetto importato.
Infatti, seppure tenuto conto della possibile distruzione degli oggetti in bronzo, nel corso dei secoli successivi, per riusarne il materiale di base, è comunque strano che una bottega locale di esperienza così raffinata da poter realizzare un oggetto simile, e che disponeva comunque di un'attrezzatura specifica, non abbia prodotto altri oggetti simili. E invece non se ne ritrova traccia in tutta la Sicilia. 

Ipotesi 2 - Spagna
L'ipotesi più accreditata è che si tratti di oggetto proveniente da Al Andalus, cioè dalla Spagna sotto il dominio arabo, in quanto appartiene alla tipologia dei c.d. candelabros arquitectonicos, che riproducono cioè nel fusto strutture e volumi propri dell'architettura, ottagonali, esagonali o quadrangolari, con colonnine e archi. Possiamo notare la similitudine del candelabro di Petralia con vari esemplari di questo stile: da sinistra a destra, nell'illustrazione, un candelabro custodito all'Aga Khan Museum di Toronto, poi un reperto custodito alla David Collection di Copenhagen, e infine uno esposto al Museo Archeologico di Granada. 
In tutti, la forma ottagonale o esagonale del fusto è solamente evocata con colonnine, lasciando vuoto lo spazio centrale. A differenza dell'oggetto di Petralia, in cui le facce sono solo traforate.
Vi è similitudine anche nella composizione, nella parte inferiore del basamento e nel modellato degli uccelli aggettanti e disposti in modo radiale nella parte alta del fusto.


Candelabri architettonici
 di provenienza spagnola


Ipotesi 3 - Iran
Questa caratteristica del fusto esagonale traforato è invece tipica dei candelabri di provenienza iraniana. Troviamo esemplari traforati da motivi floreali e epigrafici, come nel caso di Petralia, anche se di forma più slanciata, e decisamente meno alti. La base è però del tutto diversa, essendo sorretta da tre piedi che rappresentano figure animali. il candelabro di Petralia ha un carattere massiccio e imponente che qui manca totalmente.


Manufatti iraniani in bronzo del XII e XIII secolo



Ipotesi 4 - Nord Africa
Per completezza, si deve osservare che il peculiare modellato delle decorazioni a forma di uccelli, nella parte superiore del candelabro di Petralia, presenta affinità con decorazioni simili ritrovate in Algeria. 


Le figure di uccelli del candelabro di Petralia



Qal‘a dei Banu Hammad, Algeria, XI secolo 

Il candelabro è un oggetto liturgico? e di quale religione? Cristiana o islamica?
Sappiamo con certezza che all'epoca del Gran Conte Ruggero, a B.traliah esisteva una comunità mista, composta da cristiani di rito greco, musulmani e in minor misura ebrei, che convivevano serenamente, tanto che all'arrivo del conquistatore, si misero d'accordo per accoglierlo, anziché resistergli.
E' altrettanto certo che dalla conquista normanna e sino all'epoca sveva, in conseguenza dell'opera di cristianizzazione intrapresa, sia esistito un consistente numero di arabi convertiti al cristianesimo. Si trattava di un fenomeno simile ed opposto a quello che ha visto, nella Spagna sottomessa per svariati secoli al dominio arabo, la creazione del cosiddetto mondo mozarabo, cioè di cristiani passati all'Islam.

Le figure di uccelli 
Elementi utili per rispondere a questo quesito potrebbero giungere dagli elementi di tipo figurativo scolpiti nel bronzo, che raffigurano uccelli e leonesse o pantere.
Già Maria Accascina aveva osservato che i primi richiamavano alla mente qualche decorazione dei capitelli della Zisa.


Capitello della sala della fontana
 della Zisa a Palermo

Ma troviamo figure abbastanza simili usate con lo stessa collocazione, in altri candelabri della stessa epoca di provenienza spagnola.



Uso di figure di uccelli nella decorazione del candelabro di Petralia
e di altri due oggetti simili andalusi della stessa epoca e tipologia 


Sono grifoni ?
E' stato ipotizzato che rappresentino quell'animale fantastico evocato sia nel mondo musulmano che in quello cristiano e appartenente alla mitologia di molte culture (greca e babilonese), cosi come all'immaginario della cultura medioevale. Il grifone ha corpo di leone, testa e ali di aquila. 
E infatti è questo l'aspetto del famoso grifone del Duomo di Pisa (opera araba che risale all'epoca stessa del  candelabro di Petralia), che è munito anche di orecchie di cavallo.


Grifone arabo del Duomo di Pisa. Secolo XII

Nel nostro caso, invece, le sei figure munite di becco appaiono piuttosto una rappresentazione di animali reali, non presentando un aspetto fantastico né una commistione di caratteristiche di altre specie animali.

Le teste di leone o pantera
Neppure le teste di felino sulle quali sono poggiate le zampe degli uccelli, presentano anomalie che le rendano simboli significativi, anziché una semplice raffigurazione naturalistica.


Le zampe degli uccelli sono poggiate
 su teste di felini, leonesse o pantere


La scritta traforata nel fusto
Sono stati adoperati i caratteri cufici, un tipo di scrittura araba ornamentale adottata a scopi decorativi, spesso frammista a motivi vegetali stilizzati. I manufatti metallici arabi del primo Medio Evo sono frequentemente adorni di scritte simili che hanno tre diverse tipologie di contenuto:
a) formule augurali e invocazioni propiziatorie rivolte solitamente al destinatario dell'oggetto;
b) indicazioni sull'artigiano autore dell'opera o sul donatore
c) in caso di doni, dediche al donatario.


Il fusto traforato con caratteri cufici



Le passioni del Re
Nel 1952 Mons. Benedetto Rocco, profondo conoscitore dell'arte islamica medievale, dopo una vita di studio dei tesori della Cappella Palatina di Palermo, ha proposto la seguente lettura della scritta in questione : al-ghibt.a wa-ālām al-malik, tradotta come "Le Passioni del Re. E la Beatudine". Ciò permetterebbe di ricondurre direttamente la dicitura stessa non solo al cristianesimo, con riferimento alla passione di Cristo, ma in particolare alla liturgia del periodo pasquale, alla quale è tuttora destinato il candelabro. 

E' molto particolare che formule liturgiche cristiane possano essere state scritte in arabo. Vero è che il tipo di scrittura decorativa scelta imponeva l'uso dei caratteri cufici, ma un secolo e oltre di passata dominazione islamica in Sicilia non sembra giustificare una permanenza della lingua araba tale da motivare, da parte di arabi cristianizzati, il suo uso rituale cristiano. Sembra cioè più probabile la scelta delle lingue usate per quella liturgia, nel paese dove vivevano, cioè il greco del rito bizantino, oppure il latino adottato dai normanni. 


Dettaglio delle scritte in caratteri cufici
ricavate a traforo nel fusto del candelabro


Una formula augurale 
Secondo l'interpretazione data nel 2012 dallo studioso inglese Jeremy Johns, la scritta sarebbe invece diversa: al-ghibt.a wa-l-yumn al-k[āmila?] che corrisponde a "Beatitudine e [perfetta?] Benedizione".
Così decifrata, si tratterebbe di una scritta augurale del tutto anonima e impersonale che non solo nulla ci direbbe sulla provenienza del candelabro, ma che non lo collegherebbe minimamente ad una finalità liturgica di qualsivoglia religione.
Una formula analoga viene infatti ritrovata in altri esemplari di candelabri o di oggetti artistici islamici di alto pregio della stessa epoca, ritrovati in contesti non cristiani.

La composizione spuria 
La congettura che vede il candelabro come un oggetto nato per la liturgia, ha trovato una base nel fatto che esso presenti una riparazione nella sua parte centrale, diretta a mantenere uniti il fusto e la base. Ciò autorizza a pensare che i due elementi, benché simili, appartenessero ad oggetti distinti, e siano stati accoppiati in un'epoca imprecisata, successiva alla loro realizzazione.
Questa composizione di elementi diversi non appare insolita, perché fra i reperti andalusi di candelabros arquitectonicos, si ritrovano numerosi fusti separati dalle relative basi, così come qualche base priva di fusto.

La tesi in questione (sostenuta dagli studiosi Rocco, Scerrato e Di Natale) afferma quindi che il termine "beatitudine" scritto nella parte superiore del fusto, potrebbe richiamare la composizione dei candelabri del primo medioevo, come quello della Cappella Palatina, caratterizzata da una precisa ripartizione fra la parte inferiore, che riportava motivi evocanti scene della passione di Cristo, e quella  superiore, la quale rappresentava invece la beatitudine della Resurrezione.
D'altronde, già Maria Accascina aveva ritenuto interessante e rara la forma del manufatto di Petralia, che in certo qual modo le ricordava appunto i ceri pasquali romanici.


In primo piano il candelabro pasquale 
della Cappella Palatina di Palermo


Perché il candelabro si trova a Petralia Sottana e da quando?
In conclusione rimane ad oggi avvolto nel mistero il motivo della presenza del prezioso reperto a Petralia Sottana. Si tratta di un oggetto importato dalla Spagna in possesso di qualche ricco rappresentante della comunità araba del posto, come ad esempio il governatore gaìto Maymun? Oppure è opera di artigiani arabi insediatisi a Petralia e cristianizzati che ne fecero dono alla Chiesa locale? Tutti interrogativi ai quali si spera di trovare in futuro una risposta soddisfacente.


Cenni bibliografici

In generale:

Al-Muqaddasi, in Michele Amari, Biblioteca arabo-sicula, Torino Roma 1880-81, 2° vol, p. 672

Illuminato Peri, Uomini, città e campagne in Sicilia dal secolo XI al secolo XIII, Laterza, 1978

Ferdinando Mazzarella, Rosario Ferrara, Petralia Soprana e il territorio madonita: storia, arte e archeologia, Atti del seminario di studi Petralia Soprana Chiesa di San Teodoro 4 agosto 1999, Comune di Petralia Soprana

Salvatore Farinella, Storia delle Madonie dalla Preistoria al Novecento, Edizioni Arianna, 2016

Sul candelabro:

Maria Accascina M., Un sogno che diventa realtà? La mostra dell’Arte Sacra delle Madonie, in “Giglio di Roccia. Rassegna delle Madonie”, a. III, n. 1, maggio-luglio 1937, XV, p. 2.

Gabrieli F., Umberto Scerrato, Gli arabi in Italia, Milano 1979, II. Ed. 1985 p.
 
Benedetto Rocco, Epigrafe arabo-cristiana su un candelabro pasquale di Petralia Sottana (Palermo) sec. XI-XII, in “Atti dell’Accademia di Scienze Lettere e Arti di Palermo”, V, XII, 1991-1992, II, pp. 7-21.

Maria Concetta Di Natale, Il Tesoro della Matrice, in Petralia Sottana, “Kalós Luoghi di Sicilia”, suppl. al n. 2, a. VIII, di “Kalós. Arte in Sicilia”, marzo-aprile 1996, pp. 14-15. 

Elisa Lopatriello, scheda n. II.15, in  Nobiles Officinae. Perle, filigrane e trame di seta dal Palazzo Reale di Palermo, catalogo della mostra (Palermo, Palazzo dei Normanni 17 dicembre 2003-10 marzo 2004, Vienna, Hofburg, Schweizerhof, Alte Geistliche Schatzkammer, 30 marzo-13 giugno 2004) a cura di M. Andaloro, 2 voll., Catania 2006; pp. 148–149 

Annliese Nief, L'histoire des « mozarabes » de Sicile. Bilan provisoire et nouveaux matériaux in "¿Existe una identidad mozárabe? Historia, lengua y cultura de los cristianos de al-Andalus (siglos IX-XII)", Casa de Velázquez no 101, 2008

Lucia Macaluso, Petralia Sottana città d'arte, Il Petrino, 2010, p. 141


Jeremy Johns, A bronze pillar lampstand from Petralia Sottana, Sicily
in Venetia Porter and Mariam Rosser-Owen (eds), Metalwork and Material Culture in the Islamic World. Art, Craft and Text. Essays presented to James W. Allan, London, 2012, pp. 283–300.

Antonio Agostini, Giacomina R. Croazzo, Motivi decorativi di derivazione islamica in Sicilia tra il X e il XVI secolo: alcune riflessioni, Catania, 2014 

La mostra d'arte sacra delle Madonie di Maria Accascina. Il catalogo che non c'era, a cura di Maria Concetta Di Natale, Salvatore Anselmo e Salvatore Vitella, Palermo University Press, 2017

Maria Concetta Di Natale, Un altro scrigno che si apre: gioie, argenti e parati sacri nelle chiese di Petralia Sottana
in Salvatore Anselmo, Rosalia Francesca Margiotta, Maurizio Vitella. Presentazione di Santo Scileppi, Nobilis instrumenta suppellettili liturgiche, ex voto e parati sacri nelle chiese di Petralia Sottana, Edizioni Arianna, 2020


Annliese Nef, Conquérir et gouverner la Sicile islamique aux XIe et XIIe ... Bilan provisoire et nouveaux matériaux", dans ¿ Existe una identidad mozárabe ? 2007 p. 



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