LA CHIESA DI S. TEODORO


Un po' in disparte rispetto agli itinerari turistici tradizionali di Petralia Soprana, S. Teodoro ha un'apparenza arcaica, con la sua facciata schiva, arretrata rispetto al campanile e più bassa della piazzetta antistante. In contrasto con i poderosi suoi bastioni posteriori di pietra, che suggeriscono fantasticherie su di un passato millenario. La chiesa sprigiona un fascino un po' misterioso, sia per le sue origini leggendarie collegate alla conquista di Batarliah da parte di Ruggero d'Altavilla, che per le vicende che hanno portato alla riscoperta di suggestive opere, sepolte all'interno nelle sue vecchie mura.

La chiesa medievale originaria

Secondo la tradizione, la chiesa di S. Teodoro sarebbe stata edificata per volere di Ruggero I per ringraziare la Madonna della sua vittoria sui Saraceni nel "Piano della Battaglia", il giorno 9 novembre di un anno imprecisato fra il 1062 e il 1066. Per questo motivo, oltre che alla "Madonna della Vittoria", la chiesa sarebbe stata dedicata al Santo festeggiato in quel giorno, cioè S.Teodoro d'Amasea. 

Merli del campanile

A sostegno di questa ipotesi sta la scelta del Santo, appropriata per festeggiare una vittoria militare. Infatti il martire Teodoro (morto nel 306) che fu soldato dell'esercito romano nel Ponto., ebbe nel Medioevo un culto assai vasto, come patrono di militari, soldati e reclute. Inoltre onorare S. Teodoro poteva apparire politicamente opportuno per Ruggero, perché si trattava di un santo della Chiesa bizantina, venerato dai monaci basiliani. Erano stati loro a tenere in vita il cristianesimo nel Val Demone, durante la colonizzazione araba, ed a loro naturalmente Ruggero si appoggiò, sia nella fase di riconquista della Sicilia che in quella successiva di rievangelizzazione della stessa.

S. Teodoro di Amasea in un'icona medievale

Ruggero, nei quattro anni in cui ebbe la sua sede militare a Petralia Soprana, fece fortificare la cittadina realizzando anche le principali porte di accesso alla città murata, Porta Seri e la Porta di Moncasi (il cui nome risale ad epoca successiva) che permetteva l'accesso da est. Ora questa porta, distrutta nell'Ottocento, era proprio adiacente alla chiesa di S. Teodoro, ed appare logico che le due costruzioni risalgano alla stessa epoca. 






Di certo la chiesa ha origini remote, come dimostrato innanzitutto dalla sua particolare conformazione. Infatti la pianta è arretrata rispetto al campanile quadrato, che rimane in qualche modo avulso dal resto della costruzione. Ciò farebbe pensare che si trattasse in origine di una torretta difensiva.


Il campanile,
 probabile torretta difensiva

All'interno, restano tracce dell'originario edificio nella parte della sacrestia, che probabilmente era il corpo della chiesa originaria. Vi si vedono ancora oggi diversi elementi costruttivi inglobati in murature più recenti, come archi e colonne con capitelli di chiaro stile romanico, che evocano il fiore del cardo. Inoltre all'ingresso, esistono ancora due pile quattrocentesche. In un documento del '600, la sagrestia viene appunto indicata come "la chiesa vecchia". 



Traccia delle antiche aperture a volta di stile romanico


Capitello ispirato al fiore del cardo

Un'altra traccia della vetustà della chiesa è la presenza, sino agli anni '80, nella cappelletta esterna del prospetto est, di un antico dipinto della Madonna con il Bambino, risalente al 1400. Spezzata a metà e molto malandata, l'opera è stata conservata dai vicini, dato che la cappella era ridotta a un rudere. Ai lati della cappelletta esistevano due colonne antiche, di cui oggi rimane solo una.


La cappelletta esterna

L'opera è un raro esempio di dipinto su pietra arenaria, ed è forse quello più antico esistente a Petralia Soprana. È stata restaurata, ricostruendone laboriosamente le parti mancanti su di una lastra di fibra di carbonio ed è attualmente conservata nella sacrestia di S. Maria di Loreto.
Colpiscono i tratti marcati e "brutti", secondo i canoni dell'arte religiosa successiva, cui siamo abituati. Va però considerato che i criteri ispiratori dell'arte romanica non erano realistici e che "alcune stranezze che vediamo nell’arte medievale derivano da una mancanza di interesse per il naturalismo, con una pittura che assomiglia più all’espressionismo”, per usare le parole del professore Matthew Averett.


Madonna con bambino - XV secolo

Il Seicento 

Nella parte "antica" della Chiesa, fra la fine del 500 e l'inizio del 600, Berna Scelfo, barone di Vaccarizzo, commissionò per sé un sarcofago in pietra a Pietro Tozzo, noto scultore proveniente da Napoli, che si era stabilito a Petralia Soprana.


Cappella della vecchia chiesa
ove è stato ritrovato il sarcofago di Berna Scelfo.

Se ne era persa completamente la traccia, perché nei successivi rifacimenti della chiesa, nel Settecento, venne ricoperto da una scala che portava al lettorino per l'organo e per la cantoria. Nel 1989, nel corso di lavori alla scala in questione, il sarcofago rivide la luce. 


In questo punto si accedeva al lettorino
con una scala, che celava il sarcofago

Si scoprì in quella occasione che si trattava di un cenotafio, in quanto non conteneva alcuna salma, e il suo fondo era collegato ad una cripta sottostante, ove venne ritrovata una quantità notevole di teschi e resti umani. Il sarcofago ha posto inoltre diversi interrogativi perché appare composto di più parti di fattura e di epoca diversa. Delle sculture di animali presenti alla base, abbiamo già parlato nel post A caccia di leoni nelle Petralie. Si suppone che questa base sia la parte più antica e che sia stata riutilizzata da altro sepolcro precedente. 



La scoperta del cenotafio nel 1989

Un altro ritrovamento fortuito è stato quello della statua lignea di Santa Barbara, oggi conservata nella sacrestia della chiesa del SS. Salvatore, e riportata alla luce a metà degli anni '80, perché era stata incredibilmente murata in un’intercapedine della chiesa. 


S. Barbara

Secondo Padre Guido Macaluso, era opera di Giovan Pietro Ragona, eseguita nel 1684. Altri studiosi, come Giuseppe Fazio, hanno poi ritenuto che probabilmente il Ragona si fosse limitato a rimodellare una statua preesistente dei primi del Seicento, forse di altro soggetto, avvolgendola in una cappa movimentata e decorata con motivi vegetali, e aggiungendovi la torre, attributo principale di Santa Barbara.
Una prova del rifacimento si evince dalla mano destinata a reggere la torre, ma anche dal contrasto stilistico fra le fattezze del manto, di stile prettamente barocco, da una parte, ed il carattere rigido e frontale della figura, tipico di statue più antiche, così come la pieghettatura della veste. 

Il Settecento – La chiesa nuova

Il terremoto del 1695 fu probabilmente devastante anche sulle Madonie, e comportò danni ingenti anche alla chiesa di S. Teodoro, tanto che il sacerdote Ferraro nel 1758, donò 40 onze per la "ricostruzione" della chiesa di San Teodoro. 


L'anno di rifacimento della chiesa inciso sul portone d'ingresso

E' stato ritrovato anche il contratto del 1758 che in vista di questi lavori, prevedeva la fornitura di 600 mattoni stagnati da parte di tale Gioacchino Testaiuti di Collesano.
La riedificazione della chiesa, nella forma attuale, fu realizzata nel 1759 su progetto di tale Fra Sebastiano, che fece realizzare i bastioni che dovevano sorreggere la parte nuova dell'edificio, sospesa sullo strapiombo roccioso.



I bastioni di sostegno del prospetto est.
In primo piano la colonna residua delle due preesistenti.

La chiesa settecentesca ha un'unica navata e quattro altari laterali, e vi si accede da un endonartece con un lettorino per l'organo e la cantoria, sorretto da due colonnine, che serve a colmare in parte il dislivello con il piano della piazza antistante.


L'altare principale
Foto di Giuseppe Federico

Nella volta, venne realizzato un grande affresco che raffigura San Teodoro a cavallo mentre sgomina i nemici della Fede e riceve dalla Madonna lo stendardo della Vittoria. La scena evoca il trionfo di Ruggero I d'Altavilla sui Saraceni al Piano della Battaglia. S. Teodoro, conformemente all'iconografia di quell'epoca, viene rappresentato in uniforme da legionario romano.



Affresco della volta centrale

I grandi quadri che sovrastano gli altari sono anch'essi del XVIII secolo, epoca del rifacimento della chiesa. Spicca sull'altare principale la tela "S. Teodoro in ginocchio riceve lo stendardo della Madonna", attribuita a Rosalia Novelli, figlia del celebre Monrealese (1684 circa). Il quadro, con cornice dorata, mostra la Madonna col Bambino in atto di offrire la bandiera a S. Teodoro; in basso a sinistra due putti alati reggono l'elmo del Santo guerriero.

S. Teodoro in ginocchio riceve lo stendardo della Madonna.
Olio su tela del XVII  secolo attribuito a Rosalia Novelli

Il quadro "Madonna della Provvidenza con S. Liborio e S. Lorenzo" di autore ignoto del 1770, raffigura in alto la Madonna col Bambino e due angioletti reggenti canestri di frutta; in basso S. Lorenzo, con un libro e la graticola, e S. Liborio con gli attributi vescovili e un libro. 


Madonna della Provvidenza con S. Liborio e S. Lorenzo - 1770

Altri grandi quadri ad olio sono la "Madonna del Lume" alias "Libera infermi" (1767) e il 
"Gesù Bambino con Sant'Antonio da Padova, San Pietro e Sant'Agata" tela di Crispino Riggio (1762).


Gesù Bambino con Sant'Antonio da Padova, San Pietro e Sant'Agata.
Olio su tela di Crispino Riggio (1762)

XIX secolo 

Ad autore ottocentesco sono attribuibili invece i due grandi quadri "Evangelisti Luca e Marco" ed "Evangelisti Giovanni e Matteo" siti ai due lati dell'altare principale.


Evangelisti Luca e Marco

Della stessa epoca è il gruppo in cartapesta "Madonna della Vittoria e S. Teodoro", recentemente restaurato, ispirato al quadro dell'altare principale della chiesa.



Cartolina degli anni '50


Cenni bibliografici:


- Francesco Ferruzza Sabatino, Cenni storici su Petralia Soprana, Palermo, Pezzino, 1938

- Guido Macaluso, Petralia Soprana, Guida alla storia e all'arte, Palermo 1986

- Matthew Averett, The Early Modern Child in Art and History, Taylor & Francis, 2015

Mario Sabatino, U postali ô Patrinuostru. Come eravamo nel '900 a Petralia Soprana, edizioni Arianna, 2023


Ringraziamenti
a Rosario Ferrara, Giuseppe Federico, Santo La Placa e Mario Sabatino

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