MADONNUZZA
A differenza della maggior parte delle altre frazioni di Petralia Soprana, che sono nate come villaggi agricoli e si sono sviluppate parallelamente al centro storico, con molta lentezza, in alcuni casi nel corso di millenni, la nascita e la crescita di Madonnuzza sono state rapidissime. Infatti, nel censimento delle borgate del 1931, constatiamo che Madonnuzza non viene neppure menzionata. In realtà la storia della frazione è strettamente collegata alla creazione della rete stradale delle Madonie.
Foto di Michael Lodico |
La "rotabile"
Ai primi dell'800 non esisteva una via carrozzabile che collegasse Termini Imerese alle Petralie. Il tragitto veniva compiuto tramite trazzere, a dorso di mulo o in lettiga, e richiedeva circa tre giorni.
Il governo di Ferdinando II di Borbone decise di creare una "rotabile" (l'attuale statale 120), il cui completamento, nel 1875, richiese più di cinquant'anni e svariati progetti, uno diverso dall'altro, quanto al collegamento con le Petralie. In particolare si discuteva se far passare o meno la strada c.d. "consolare" attraverso i vari paesi, e quindi anche per Petralia Sottana.
Dopo accesi dibattiti, venne disposto l'attuale percorso, che passava all'esterno dei borghi, e cui gli stessi dovevano collegarsi mediante strade da realizzare a spese proprie. Questa scelta fu di importanza essenziale per i destini del bivio cosiddetto "della Madonnuzza".
Primi anni '50 |
Sino ad allora infatti, quell'incrocio, il cui nome deriva dalla cappella ottocentesca ivi esistente e dedicata alla Madonna, collegava a Petralia Soprana (tramite le mulattiere di Moncasi e Seri) solo le stradelle provenienti da Fasanò, Trinità e Pianello, Cipampini, Sabatini e Gulini.
Al giorno d'oggi, crocevia delle Madonie |
Ma a partire dalla fine dell'800, il bivio divenne il necessario crocevia di tutto il traffico che si svolgeva sulle Madonie.
Sviluppo
In origine, quindi, e sino agli anni '60, il nucleo di Madonnuzza (che si trova a 991 m sopra il livello del mare) era costituito da pochi edifici, che sono in gran parte ancora visibili.
In origine, quindi, e sino agli anni '60, il nucleo di Madonnuzza (che si trova a 991 m sopra il livello del mare) era costituito da pochi edifici, che sono in gran parte ancora visibili.
Vi abitavano quattro famiglie: i Di Gioia, i Calafato, i D'Alberti e i Sabatino, i quali ultimi si trasferirono successivamente in Toscana. La maggior parte degli abitanti del primo agglomerato di Madonnuzza era di origine gangitana.
Nella foto sopra si distinguono in primo piano a sinistra, sulla strada per Fasanò, il capannone creato da Liddu D'Alberti, rimasto incompiuto per 50 anni, ove si realizzavano blocchi in cemento, e l'abitazione dei Di Gioia.
Madonnuzza vista dal centro di Petralia Soprana nel 1959 Fotogramma dal film "I Mafiosi" |
Nella foto sopra si distinguono in primo piano a sinistra, sulla strada per Fasanò, il capannone creato da Liddu D'Alberti, rimasto incompiuto per 50 anni, ove si realizzavano blocchi in cemento, e l'abitazione dei Di Gioia.
Sulla strada per Petralia Sottana, a partire da sinistra, il mulino e l'edificio dei Sabatino, poi divenuto dei Bongiorno.
Lo sviluppo di Madonnuzza ha risentito della sua origine, dato che, a differenza di altre borgate, nate attorno ad una o più corti di edifici rurali, l'espansione urbanistica è avvenuta lungo il tracciato delle strade che ivi si incrociano.
Madonnuzza vista dal belvedere di Loreto |
Lo sviluppo di Madonnuzza ha risentito della sua origine, dato che, a differenza di altre borgate, nate attorno ad una o più corti di edifici rurali, l'espansione urbanistica è avvenuta lungo il tracciato delle strade che ivi si incrociano.
Madonnuzza dal satellite |
A partire dagli anni '60, il traffico di persone e mezzi e la facilità negli spostamenti, oltre allo spazio a disposizione per una rapida espansione, fecero nascere un nucleo produttivo e artigianale che si aggregò ben presto attorno alle strutture del mulino, dei magazzini del consorzio e dello stazzuni. Il maggior sviluppo di Madonnuzza subentrò negli anni '70, quando divenne zona di espansione artigianale.
Scorcio |
Di grande importanza erano i magazzini del consorzio agrario, tenuti da un dirigente e da un magazziniere.
Ivi venivano portati all'ammasso da tutta la zona i cereali: grano e orzo. L'ammasso dei prodotti agricoli era il conferimento, obbligatorio o su base volontaria, di prodotti agricoli, in vista di una successiva distribuzione organizzata sul mercato. Il consorzio aveva anche funzione di gruppo di acquisto (soprattutto concimi chimici e macchine agricole) a favore degli agricoltori. Nel dopoguerra la gestione ammassi appartenne alla Federconsorzi, che costituiva lo strumento governativo di sostegno dei prezzi agricoli, e che dopo aver subito un clamoroso crack, fu commissariata nel 1991.
Cappella della Madonnuzza |
La cappella
La cappella votiva dedicata alla Madonna, da cui trae il nome la frazione, secondo Guido Macaluso, ne ha sostituito un'altra ben più antica, probabilmente monastica e benedettina.
Nel 2016 sono stati inaugurati nuovi locali adibiti a chiesa della frazione, con annessi oratorio, sala incontri e area ricreativo-culturale.
Il mulino
Ancora oggi, è visibile a Madonnuzza una parte di un antico edificio basso in pietra, il mulino ad acqua. Al fine di procurarsi l'acqua necessaria a muovere la ruota orizzontale del mulino, i suoi proprietari pagavano due tarì al Comune, per l'uso dello scarico della fontana di San Michele.
Anni '50. In primo piano il mulino |
L'acqua della fontana, convogliata in una condotta in terracotta, scendeva lungo i 250 metri di strapiombo, acquisendo, in discesa, la forza necessaria ad imprimere moto alla ruota cui erano collegate le macine del mulino. Nel suo percorso, la condotta forzata passava sotto la strada.
La parte del mulino ancora esistente |
A monte, alla fontana di S. Michele l'acqua proveniva da Savochella, e precisamente dalla sorgente Sconchipani. Il punto di discesa della condotta dal quartiere S. Michele era il dirupo del gatto, u sdirrupu 'u gattu, varco aperto da tempo immemorabile nelle mura normanne del borgo.
Il fotogramma qui sotto, tratto dal film del 1959 I Mafiosi di Roberto Mauri reca una rara testimonianza di una fornace oggi non più esistente.
I fratelli Ragazzo nel 1948 modernizzarono il modo di raffinare l'argilla con una macina trainata da un mulo o da un asino. Lo stazzuni rimase attivo fino al 1959, anno in cui i proprietari si spostarono in zona Pinta.
Stazzuni dei F.lli Ragazzo. 1959 |
Di Madonnuzza si ricorda anche l'officina Di Gioia-Calafato, unica in zona a costruire le ruote dei carri.
Al punto di incrocio delle varie strade, nell'attuale ubicazione del bar, in origine era situato un abbeveratoio, punto di ristoro per i viandanti e per gli animali che vi transitavano.
La visuale dal punto ove era ubicato anticamente l'abbeveratoio |
Il futuro di Madonnuzza
Se il centro storico di Petralia Soprana mantiene l'esclusiva degli uffici pubblici e continua a costituire il centro culturale del comune, negli ultimi decenni, Madonnuzza, per la sua felice posizione, si è imposta come centro commerciale, sede di varie banche e di molti studi di professionisti e di consulenza, così come di centri sanitari, cui affluiscono persone da tutte le Alte Madonie. Rappresenta sede ambita anche dagli abitanti dei paesi limitrofi, che vi trovano spazio per l'apertura di nuovi esercizi.
E' quindi certo che in futuro, grazie anche alle sue possibilità logistiche di espansione, diverrà un centro di sempre maggiore influenza.
Ringraziamenti
a Mario Sabatino e Domenico Gulino
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