SULLE ORME DEI GIGANTI A PETRALIA
Francisco Goya - Il Gigante |
1. Una sensazionale scoperta del Cinquecento:
Nel libro, il Fazello descrive anche altri reperti analoghi da lui collezionati, e fa un elenco dei passati ritrovamenti di scheletri di giganti in altre parti della Sicilia, come quello del famoso "gigante di Erice" che era stato ritrovato seduto con un enorme bastone.
Nell'Ottocento, invece, con l'evoluzione scientifica, gli studiosi concordarono nell'attribuire tutte le ossa anomale ritrovate in passato in Sicilia, e che tanto avevano stimolato la fantasia dei loro predecessori, semplicemente ad animali di notevoli dimensioni ormai scomparsi dall'isola, ma tuttora comuni in Africa, quali elefanti ed ippopotami.
Il gigante Erice non sarebbe stato altro che un elefante e il suo gigantesco bastone, una delle sue stesse zanne.
In questa prospettiva, Giuseppe Alessi, nel 1834, attribuisce la mascella e i denti di Petralia conservati dal Fazello, ad un ippopotamo, dopo aver accertato che dei molari di questo animale corrispondevano al peso di 2 once da lui indicato (3). La mandibola di un ippopotamo appare molto diversa da quella umana, e l'equivoco può spiegarsi solo considerando che vennero esaminati resti solo frammentari.
Cliccare qui per vedere un molare di ippopotamo fossile.
Quanto invece alla costola conservata nella Chiesa Madre di Petralia Sottana, negli Atti dell'Accademia Gioenia di cui sopra, si legge che la stessa è certamente una costola di elefante.
Non vi è dubbio che se fossero esistiti in Sicilia scheletri di giganti o ciclopi, ne sarebbero stati ritrovati altri nei secoli successivi al Cinquecento, cosa che invece non è mai avvenuta. E' impossibile oggi osservare ciò che venne effettivamente trovato nei pressi di Petralia Sottana nel 1552, e non è neppure possibile ricostruire dove si trovassero esattamente le tombe ricoperte di pietre squadrate, ove si trovavano le ossa. La presenza di manufatti umani come quelli delle tombe non comporta necessariamente che quelli ritrovati al loro interno fossero resti umani, dato che potevano essere opera, in epoca antica, di soggetti convinti anch'essi, di trovarsi di fronte allo scheletro di immani giganti, e desiderosi di rendere loro onore e degna sepoltura.
Agli albori del Novecento, l'enigma delle ossa gigantesche continuava ad appassionare gli uomini di cultura petralesi, tant'è che l'Arciprete di Petralia Soprana Francesco Paolo Ferruzza dedicava all'argomento una monografia: "Intorno ai giganti ed alla loro statura", in cui concludeva che i giganti fossero veramente esistiti in tempi biblici, ma che non potessero comunque aver superato il doppio della statura di un uomo normale, per cui le ossa ritrovate appartenevano certamente, a suo parere, ad animali antidiluviani.
2. Il "Santo Gigante" di Petralia Soprana
A fronte della spiegazione scientifica della provenienza di quei reperti, resta però la nostalgia di quella prima interpretazione del Fazello, che con toni entusiastici, descriveva e classificava i ritrovamenti di ossa di "giganti", traendone conclusioni che tutt'oggi fanno viaggiare la nostra fantasia in una immaginaria Petralia abitata da colossi.
3. I giganti della Rocca delle Balate a Petralia Sottana
In questo anfratto, poco appariscente dall'esterno, erano stati trovati resti di grossi recipienti di terracotta (forse usati per la raccolta delle acque e delle derrate), ciotole con ansa e utensili in osso e corno, il che attesta che nella Grotta del Vecchiuzzo trovarono rifugio cacciatori, agricoltori e pastori, per il periodo compreso tra la seconda metà del IV millennio e la metà del III.
tombe di giganti a Petralia Sottana
Nel 1552, la contessa di Collesano, Susanna Gonzaga, vedova del Conte Pietro Cardona, signore delle due Petralie, diede incarico a dei muratori, Bartolo da Petraglia, Artalo, Curzio, e Niccolò da Camerata, di erigere dei granai nei pressi di Petralia Sottana, "in agro Bilicino", cioè in territorio di Bilìci, o Castel Belìce. Nel corso dei lavori, i muratori trovarono molte sepolture di Giganti, chiuse con certe pietre quadre, dentro alle quali trovarono molti corpi umani, i quali superavano gli otto cubiti di lunghezza (cioè i quattro metri).
La contessa, che era nota per la sua cultura (proveniva dalla famiglia dei Gonzaga di
Sabbioneta), ritenendo la scoperta
importante per la ricostruzione del passato della Sicilia, mandò
alcuni dei reperti a Palermo, per sottoporli ad un famoso erudito del
tempo. Si trattava di Tommaso Fazello, personalità di spicco
all'epoca, domenicano di Sciacca, predicatore e insegnante, che aveva
una passione per l'archeologia (scienza allora agli albori), avendo girato la Sicilia in lungo e in largo alla ricerca
di siti antichi, e ancor oggi famoso per la scoperta di Selinunte e di Eraclea Minoa.
Lo storico domenicano Tommaso Fazello (1498-1570) |
Il Fazello stava lavorando al primo trattato che sia stato dedicato alla storia siciliana, un testo latino in due volumi, che ancor oggi rappresenta una pietra miliare della storiografia dell'isola, il De Rebus Siculis, edito nel 1557. Egli era appassionato in particolare del ritrovamento di resti che comprovassero la reale passata esistenza in Sicilia, di una popolazione di mostri mitologici come i ciclopi o i giganti.
Al Fazello la contessa mandò una mascella con due denti mascellari, i quali pesavano quasi due once l’uno (cioè oltre 120 grammi ciascuno).
L'intera vicenda di Petralia viene riferita dal Fazello proprio nel De Rebus Siculis, (tomo I pag. 23)(1).
Il gigante ritrovato a Erice in un'incisione olandese del Seicento |
Nel libro, il Fazello descrive anche altri reperti analoghi da lui collezionati, e fa un elenco dei passati ritrovamenti di scheletri di giganti in altre parti della Sicilia, come quello del famoso "gigante di Erice" che era stato ritrovato seduto con un enorme bastone.
La scoperta fatta a Petralia venne riportata negli stessi anni, anche nel libro Descrizione della Sicilia, scritto da Filoteo degli Omodei, che con ogni probabilità l'aveva appresa dallo stesso Fazello o dalla lettura del suo testo.
Sino alla metà del Settecento, la riferibilità dei reperti trovati nei pressi di Petralia Sottana a scheletri di giganti, non venne mai messa in discussione. Antonio Mongitore riporta fedelmente la notizia quale testimonianza della passata presenza in Sicilia di una razza di uomini di enormi proporzioni (2).
In tutta Europa, soprattutto nel Medio Evo, numerosi erano stati i ritrovamenti di ossa ritenute anomale: i giacimenti del Pliocene e del Pleistocene, per lo più facili da scavare, dato che non consolidati, contenevano spesso ossa di mammut, rinoceronte lanoso e altri animali della tundra. Fino al 17° secolo, le spiegazioni proposte circa la natura delle ossa, ipotizzavano esseri mitici come dragoni, giganti e unicorni, oppure vittime del diluvio o ancora semplici forme generate spontaneamente dalla terra. Deve considerarsi che le conoscenze anatomiche erano limitate e comunque gli autori dei ritrovamenti, i soli che avessero visto l'interezza degli scheletri, non conoscevano l'esistenza di mammut o altri antichi animali, né avevano mai visto rappresentazioni degli stessi. Nelle narrazioni dei ritrovamenti si afferma spesso che gran parte dei resti rinvenuti si polverizzava al solo tocco, per cui si salvarono solo piccole parti degli scheletri rinvenuti, e proprio la parzialità rendeva difficile la loro identificazione agli scienziati cui venivano sottoposti.
Tutti questi reperti vennero portati solitamente nelle chiese, o ricercati da collezionisti privati, come ambite "curiosità".
Ritornando alle ossa scoperte nel 1552 a Petralia Sottana, alcune di esse furono probabilmente conservate nella Matrice di Petralia Sottana. Infatti negli Atti dell'Accademia Gioenia di Catania del 1833, si legge che vi si trova una costola lunga 5 palmi e 2 pollici (circa 1 metro e 35), che costituisce "forse un avanzo" delle ossa trovate da Susanna Gonzaga.
Cranio e mandibola di ippopotamo fossile |
Nell'Ottocento, invece, con l'evoluzione scientifica, gli studiosi concordarono nell'attribuire tutte le ossa anomale ritrovate in passato in Sicilia, e che tanto avevano stimolato la fantasia dei loro predecessori, semplicemente ad animali di notevoli dimensioni ormai scomparsi dall'isola, ma tuttora comuni in Africa, quali elefanti ed ippopotami.
Il gigante Erice non sarebbe stato altro che un elefante e il suo gigantesco bastone, una delle sue stesse zanne.
In questa prospettiva, Giuseppe Alessi, nel 1834, attribuisce la mascella e i denti di Petralia conservati dal Fazello, ad un ippopotamo, dopo aver accertato che dei molari di questo animale corrispondevano al peso di 2 once da lui indicato (3). La mandibola di un ippopotamo appare molto diversa da quella umana, e l'equivoco può spiegarsi solo considerando che vennero esaminati resti solo frammentari.
Cliccare qui per vedere un molare di ippopotamo fossile.
Quanto invece alla costola conservata nella Chiesa Madre di Petralia Sottana, negli Atti dell'Accademia Gioenia di cui sopra, si legge che la stessa è certamente una costola di elefante.
Cranio di elefante nano |
Analogo ridimensionamento avvenne in quell'epoca, circa i pretesi ritrovamenti di crani di ciclopi, che lo stesso Fazello ed altri storici antichi riferivano essere avvenuti in varie parti della Sicilia.
Appare anche oggi verosimile che si trattasse in realtà di crani di elefanti vissuti millenni fa. Il cranio degli elefanti nani, di cui sono stati ritrovati scheletri in Sicilia, presenta un foro nasale, che corrisponde alla proboscide, e che poteva evocare la gigantesca unica orbita di un ciclope. Gli occhi dell'animale sono invece situati ai due lati del cranio.
Paleoloxodon (Elephas) Elefante nano del pleistocene ritrovato in Sicilia |
Non vi è dubbio che se fossero esistiti in Sicilia scheletri di giganti o ciclopi, ne sarebbero stati ritrovati altri nei secoli successivi al Cinquecento, cosa che invece non è mai avvenuta. E' impossibile oggi osservare ciò che venne effettivamente trovato nei pressi di Petralia Sottana nel 1552, e non è neppure possibile ricostruire dove si trovassero esattamente le tombe ricoperte di pietre squadrate, ove si trovavano le ossa. La presenza di manufatti umani come quelli delle tombe non comporta necessariamente che quelli ritrovati al loro interno fossero resti umani, dato che potevano essere opera, in epoca antica, di soggetti convinti anch'essi, di trovarsi di fronte allo scheletro di immani giganti, e desiderosi di rendere loro onore e degna sepoltura.
Agli albori del Novecento, l'enigma delle ossa gigantesche continuava ad appassionare gli uomini di cultura petralesi, tant'è che l'Arciprete di Petralia Soprana Francesco Paolo Ferruzza dedicava all'argomento una monografia: "Intorno ai giganti ed alla loro statura", in cui concludeva che i giganti fossero veramente esistiti in tempi biblici, ma che non potessero comunque aver superato il doppio della statura di un uomo normale, per cui le ossa ritrovate appartenevano certamente, a suo parere, ad animali antidiluviani.
2. Il "Santo Gigante" di Petralia Soprana
Nella Sagrestia della Chiesa Madre di Petralia Soprana sono custodite due costole di gigantesche proporzioni, attribuite per tradizione popolare al “Santo Gigante”. Le stesse sono state portate in tempi diversi da due petralesi, ed erano state attribuite, anche in epoca attuale, così come altri reperti analoghi, ad un elefante fossile. Inaspettatamente, nel 2004, la paleontologa palermitana Carolina Di Patti ha invece affermato trattarsi di costole di balena.
Nelle fotografie eseguite si colgono le dimensioni impressionanti delle stesse, che, come precisato dalla scienziata, non sono fossili, recano tracce di scarnificazione e una, anche di fori, che sono certamente opera umana.
Foto tratta dal profilo del Museo Gemmellaro di Palermo |
Che delle balene occasionalmente possano arenarsi sulle spiagge siciliane è fatto notorio, ma più sorprendente è che le loro ossa siano finite in un paese in cima alle Madonie. Con ogni probabilità, il loro ritrovamento è avvenuto in zone costiere della Sicilia, ma non si hanno dati per comprendere quando le costole siano state lavorate e a quale uso fossero destinati i fori rilevati. Servirebbero accertamenti di datazione che sono però molto dispendiosi.
Scheletro di balena |
A fronte della spiegazione scientifica della provenienza di quei reperti, resta però la nostalgia di quella prima interpretazione del Fazello, che con toni entusiastici, descriveva e classificava i ritrovamenti di ossa di "giganti", traendone conclusioni che tutt'oggi fanno viaggiare la nostra fantasia in una immaginaria Petralia abitata da colossi.
3. I giganti della Rocca delle Balate a Petralia Sottana
Nel 2004 la ricercatrice Emilia Sakharova, tramite una serie di accurate fotografie, eseguite da varie angolazioni ed in diverse condizioni di luce e umidità, sulla parete di Rocca delle Balate, in territorio di Petralia Sottana, ha scoperto la presenza di incisioni opera dell'uomo, figure che raggiungono le dimensioni di venti metri e che rappresentano creature gigantesche: esseri umani o divinità, e animali, tra i quali un enorme serpente.
Nulla di strano se si considera che proprio nella Rocca delle Balate, si apre la grotta del Vecchiuzzo, uno dei siti siciliani più importanti dal punto di vista archeologico, paleo-etnologico e storico in genere, scoperta nel 1936 da Antonio Collisani.
Grotta del Vecchiuzzo |
In questo anfratto, poco appariscente dall'esterno, erano stati trovati resti di grossi recipienti di terracotta (forse usati per la raccolta delle acque e delle derrate), ciotole con ansa e utensili in osso e corno, il che attesta che nella Grotta del Vecchiuzzo trovarono rifugio cacciatori, agricoltori e pastori, per il periodo compreso tra la seconda metà del IV millennio e la metà del III.
Le scoperte della Sakharova in ordine alle gigantesche incisioni della Rocca delle Balate non sono ancora state oggetto di uno studio sistematico, e si attendono sviluppi.
In Italia c'è solo un precedente noto di questa tecnica, in Liguria, , dove è stato scoperto un viso megalitico scolpito in una parete rocciosa, il "Volto di Borzone".
Le enormi proporzioni delle incisioni sulla pietra hanno subito richiamato alla mente della stessa Sakharova il mito dei "Giganti di Petralia", nato con le scoperte rinascimentali del Fazello. E' chiaro che l'idea dell'esistenza, in tempi remoti, di colossi nelle Madonie, risveglia la fantasia del bambino che è in ognuno di noi.
Una immaginaria Petralia Soprana visitata da colossi (elaborazione di una foto di Anna Spitale) |
Note
- Tommaso Fazello, Le due deche dell'Historia di Sicilia, 1557
- Filoteo degli Omodei, Descrizione della Sicilia, 1555,
- Antonio Mongitore Della Sicilia ricercata nelle cose più memorabili, Palermo 1742, tomo 1 pag. 23-26
- Atti dell'Accademia Gioenia di Catania, 1833
- Giuseppe Alessi, Storia critica di Sicilia, dall'epoca favolosa insino alla caduta dell'Impero romano, vol. 1,1 Dai tempi favolosi sino all'arrivo delle greche colonie, 1834
- Antonio Collisani, Badile e gravina nella Rocca delle Balate, in Giglio di Roccia, n.1, 1937 pag.12
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Omero scrisse di un gigante con un solo occhio che viveva probabilmente nei pressi dell'Etna. Semplice fantasiosa poesia? E poi le ossa di balena ad oltre mille metri di quota, conservati in tombe di pietra! Preferisco essere bambino e credere ai giganti, ovviamente non tali da sovrastare un intero paese.
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