LA FIERA DEL BESTIAME DI PETRALIA SOPRANA
La fiera del bestiame a Petralia Soprana ai primi del XX secolo |
Un tempo, la fiera del bestiame di Petralia Soprana, di cui è attestata l'esistenza nel Rinascimento, richiamava allevatori e compratori da ogni parte della Sicilia, e portava animazione all'intero borgo. In occasione dei festeggiamenti dei Santi Pietro e Paolo, dal 26 al 29 giugno, il Piano della Pinta, allora del tutto libero da edifici, in cui spiccava la grande croce in ferro, veniva ricoperto da una moltitudine di persone e da centinaia di animali. Il Ferruzza riporta che nel 1938 il giro di affari ottenuto per la compravendita del bestiame ammontava a non meno di tre-quattro milioni di lire (quasi tre milioni di euro attuali) (1). Lo svolgimento annuale dell'evento era stato autorizzato nel Regno delle due Sicilie, con apposito decreto in data 22.5.1838.
Ordinanza del sindaco di Petralia Soprana del 1840 Biblioteca Comunale Frate Umile Pintorno |
La fiera durava cinque giorni, ed ogni giorno era dedicato ad un tipo di bestiame diverso: il primo agli ovini, il secondo ai suini, il terzo alle vacche, il quarto ad asini e muli, e l'ultimo ai cavalli (7).
Della manifestazione è stata organizzata una rievocazione storica nel 2013.
Secondo lo storico Francesco Figlia, proprio di questa fiera parlava, in epoca normanna (1154), il geografo El Idrisi, quando scriveva che Petralia si distingueva per un "mercato che non la cede per nulla a quelli delle maggiori città", mercato che quindi esisteva già sicuramente dalla precedente epoca araba (2).
Locandina della rievocazione storica |
E' difficile cogliere, all'epoca odierna, l'importanza delle manifestazioni di questo genere nel mondo agro-pastorale. Per secoli e sino a poco più di una cinquantina d'anni or sono, l'acquisto di un capo di bestiame grosso da parte di un piccolo allevatore, costituiva un passo di fondamentale importanza : l'investimento dei magri risparmi in un progetto economico, che doveva garantire la sopravvivenza dell'impresa familiare nel decennio a venire, un affare di rilevanza di certo superiore all'acquisto attuale di un'autovettura (3).
Un ruolo cruciale nelle fiere di bestiame aveva la figura del sensale, "u senzali" (derivante dalla parola araba simsat).
La Fiera di Petralia Soprana negli anni 50 |
Solo tramite questi mediatori specializzati che combinavano le vendite, verso percentuale, la "senzalerìa" (4), i contadini, giunti alla fiera dalle loro campagne anche distanti, riuscivano a trovare in breve tempo il venditore o l'acquirente della giumenta, del mulo, dell'asino o della vacca. I sensali avevano il polso della situazione dei prezzi correnti sia per la giornata della fiera che per l'intera stagione. Le trattative, guidate con gestualità marcata e teatrale, erano solitamente estenuanti e si concludevano ritualmente da parte del sensale, con un segno del bastone, che simbolicamente "rompeva" la residua differenza di prezzo fra venditore e compratore.
In alcuni paesi delle Madonie si narra che nei casi più ostici, estremo rimedio usato dal sensale fosse quello di condurre le due parti in un luogo dove picchiasse il sole, in modo che "cu li corna a lu suli, la testa ca ci cucìa", fosse più facile che qualcuno cedesse. Altro mezzo, un po' più rude, era quello di afferrare l'orecchio del venditore - in genere il padrone di un animale - e torcerlo fino a che non potesse che "accuzzari 'n terra la testa " in segno di accettazione (5).
Bancarelle in centro in occasione della fiera negli anni 50 |
L'atmosfera delle fiere del bestiame nelle Madonie viene rievocata in questo brano del 1942, a firma di Antonio Collisani, archeologo dilettante e articolista, nella Petralia Sottana degli anni Trenta (6):
Foto dalla rivista "Giglio di Roccia" |
"Si vende il vitello. Il contadino indossa i pantaloni lunghi di velluto rigato, il panciotto della festa, nella cui tasca interna la moglie ha riposto carte e denaro, la "birritta" tonda, si arma di un bastone lungo, pone sull'asino le bisacce nuove di lana col formaggio e la cipolla e il pane e il vino, sceglie i quattro o cinque capi, diviene improvvisamente commerciante e parte, con l'ampia fronte piena di cifre verso la meta lontana. La notte la passa all'addiaccio, spesso in luogo paludoso e malsano, purché il bestiame trovi da mangiare e da bere e non si fiacchi, e giunga alla fiera coi fianchi gonfi e palpitanti. Qui arriva nel primo sole e ha da urlare a menare il virgulto tra tutte quelle giovenche spaurite e quei torelli in foia che balzano precipiti or sull'una or sull'altra.
S'iniziano le prime contrattazioni: - Chi è il padrone? - E lì urli e parolacce dei "sensali" e bestemmie e giuramenti e paroline all'orecchio e caparre cacciate in tasca a forza, a prepotenza, sotto quel gran sole, tra quel tanfo di sterco fresco, di fieno, di sudore. Ma il contadino non si scompone, è lì impassibile, colla sua calma olimpica, col suo sorriso sardonico; non cede. Il compratore, dal bastone ritorto, si allontana. - Tornerà - pensa, sicuro di sé e, da vero filosofo, si volge dall'altra parte ad accendere la lunga pipa di terracotta."
Una volta conclusa la vendita, si curava l'aspetto burocratico, con la consegna all'acquirente della bolletta anagrafica, che accompagnava il capo di bestiame dalla vita alla morte.
Prima della fiera, sul bovino giovane veniva impresso un marchio a fuoco, sulla spalla sinistra, da parte del funzionario dell'ufficio anagrafe bestiame del comune, che annotava il capo nel registro anagrafico, mentre un altro marchio recante le iniziali del proprietario e dei simboli a sua scelta, veniva impresso da parte del proprietario sulla natica destra. Queste formalità, dirette a ricostruire, in caso di smarrimento o di furto, la proprietà dell'animale (da dove il detto "Mercu chiama patruni"), avvenivano a Petralia Soprana in un punto appartato, rispetto al piano della Pinta, e precisamente nello spiazzo davanti alla Chiesa di Santa Maria del Gesù, su dei tavoli allestiti appositamente alla bell'e meglio.
Anni '60 Foto di Francesco Lo Mauro |
Prima della fiera, sul bovino giovane veniva impresso un marchio a fuoco, sulla spalla sinistra, da parte del funzionario dell'ufficio anagrafe bestiame del comune, che annotava il capo nel registro anagrafico, mentre un altro marchio recante le iniziali del proprietario e dei simboli a sua scelta, veniva impresso da parte del proprietario sulla natica destra. Queste formalità, dirette a ricostruire, in caso di smarrimento o di furto, la proprietà dell'animale (da dove il detto "Mercu chiama patruni"), avvenivano a Petralia Soprana in un punto appartato, rispetto al piano della Pinta, e precisamente nello spiazzo davanti alla Chiesa di Santa Maria del Gesù, su dei tavoli allestiti appositamente alla bell'e meglio.
Marchio siciliano per bestiame recante l'intero cognome del proprietario "FERRARA" |
Una preziosa testimonianza della Fiera del Bestiame di Petralia Soprana nel 1959 ci proviene da alcune riprese del film "I Mafiosi" del regista castelvetranese Roberto Mauri, girato quell'anno, pellicola ormai caduta nel dimenticatoio. Il brano del film potrà essere visto cliccando qui.
Fotogramma de I Mafiosi (1959) La Pinta e la fiera e in fondo l'abitato di Soprana |
La Pinta prima della costruzione del serbatoio comunale. |
Note bibliografiche
- Francesco Ferruzza Sabatino - Cenni storici su Petralia Soprana, Palermo, Pezzino 1938
- Francesco Figlia, Poteri e società in un comune feudale, Salvatore Sciascia editore, 1990 pag. 33
- Giuseppe La Placa - Un mondo che scompare, Edizioni Arianna, 2013
- Mario Sabatino - Petralia Soprana, ieri e oggi, Bagheria 1998
- Laura Seragusa, Lu senzali, Periodico parrocchiale di Alia "LA VOCE" nr.1/2000, pag. 16
- Antonio Collisani - Gente madonita, Giglio di Roccia n.1/1942
- Mario Sabatino, U postali ô Patrinuostru. Come eravamo nel '900 a Petralia Soprana, edizioni Arianna, 2023
Come sempre puntuale e dettagliata descrizione
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