Un medico nella Petralia del 1600
Ex ospedale di Petralia Soprana |
Nella prima metà del XVII secolo, Petralia Soprana, fiorente cittadina fortificata, era munita di un ospedale.
Già dal 1300, Antonio de Osculo Pacis, un religioso dell'ordine dei Canonici Regolari Ospedalieri di S. Antonio da Vienne o del Fuoco Sacro (c.d. Antoniani) vi aveva fondato un ospizio, ovviamente intitolato a S. Antonio Abate.
S. Antonio Abate raffigurato con la divisa degli Antoniani e la croce Tau |
Questo ordine era nato all'epoca delle Crociate in Francia, per assicurare il soccorso e ricovero dei pellegrini che abbandonavano per un lungo tempo la vita ordinaria, incamminandosi verso i luoghi di fede. Gli Antoniani avevano creato ospizi in tutta Europa, anche in Sicilia, in corrispondenza della c.d. via Francigena, ad esempio a Messina e a Troina, e quindi anche nella Petralia Soprana normanna, ove si erano stabiliti nella stessa epoca anche i Carmelitani.
Nel 1630-1640 l'ospizio venne spostato dalla sua originaria ubicazione (rimasta ignota) e potè trasformarsi in vero e proprio Hospitale, grazie alla donazione di alcuni edifici da parte del duca di Montalto Luigi Guglielmo Moncada Aragona (Collesano, 1614 – Madrid, 1672).
In quell'epoca di dominazione spagnola, i Moncada erano investiti della Contea di Collesano, da cui dipendeva a sua volta la Baronia delle Petralie.
La donazione in argomento era in linea con i principi di carità e religiosità del duca e della sua famiglia. Luigi Guglielmo Moncada, oltre che viceré di Sicilia, fu anche cardinale. Inoltre i suoi genitori, Antonio Moncada Aragona e Juana de la Cerda, precedenti Conti di Collesano, erano giunti nel 1626 ad abbandonare la vita secolare, diventando il primo, sacerdote della Compagnia di Gesù, e la seconda, suora.
Antonio Moncada Aragona Duca di Montalto |
Gli edifici donati, alcuni magazzini situati nei pressi di Porta Seri, principale accesso alla città murata, vennero adibiti parte ad albergo e parte ad ospedale, e a fianco, venne costruita, a spese della popolazione e dell'Università (cioè dell'ente comunale), una nuova chiesa dedicata a S. Antonio Abate, cui era intitolato l'ordine ospedaliero originario.
L'edificio dell'ex ospedale esiste ancora in Corso Umberto I, anche se con aspetto leggermente diverso, essendo stato ristrutturato e ammodernato nel 1934. Vi ha tuttora sede la Guardia Medica, ed è occupato in gran parte dalla Biblioteca Comunale, ove campeggia ancora il ritratto del duca Antonio Moncada. La chiesa, che era diruta, è stata restaurata alcuni anni fa.
Come funzionava un ospedale nel 1600
Chi aveva mezzi si curava a casa; gli ospedali accoglievano solo gli infermi i quali avevano necessità, oltre che di cure, anche di concreta assistenza.
Possiamo ricavare informazioni sulla vita dell'istituzione dalle sue scritture contabili, che risalgono al 1514. Non aveva redditi propri e, per secoli, si mantenne grazie alle elemosine e alle regalìe in natura della cittadinanza, e poi alle donazioni e ai lasciti testamentari di persone abbienti, che permisero di accumulare nel tempo un discreto patrimonio.
Nell'archivio dell'ospedale, sono indicati, a partire dal 1604, i nomi di svariati donatori, nobili e agiati burgisi e professionisti.
L'ospedale, che contava forse una decina di posti letto, era amministrato dall'Arciprete. Oltre ai medici, vi operavano un chirurgo, un infermeri e uno spitaleri, sul quale incombevano la gestione pratica e il sostentamento dei ricoverati. Per le medicine si ricorreva all'acquisto dal locale spiziali.
Va detto che a quel tempo, gli unici a compiere studi specifici erano i medici, i dottori. Il c.d. "chirurgo" invece, aveva conoscenze esclusivamente pratiche, e proveniva dalla corporazione dei barbieri, i quali erano specialisti anche dei salassi e dei clisteri. Così come del tutto illetterati erano cunza ossa e scippa ganghi, cioè i chiropratici e dentisti dell'epoca. Esclusivo compito del medico erano le diagnosi e le prescrizioni. Egli aveva il minor contatto fisico possibile con il paziente, di cui si limitava a palpare il polso e valutare l'orina e le secrezioni. Dopo di che, l'ammalato veniva affidato integralmente alle cure del chirurgo e dell'infermiere.
Costume allegorico di medico |
Il medico era quindi in quei tempi il "dotto" per antonomasia, e lo vediamo infatti raffigurato nelle illustrazioni allegoriche dei mestieri come l'uomo-libro, dalla cui bocca escono diagnosi in latino, e che sa riconoscere dall'orina del malato i segni del suo disturbo.
E' proprio verso la metà del secolo, che Giuseppe FAULISI, un brillante giovane nato a Petralia Soprana il 19.3.1630, decide di diventare medico.
In quei tempi, solo gli appartenenti a famiglie altolocate o comunque ricche, potevano permettersi di avviare studi universitari, che richiedevano di spostarsi in una delle principali città della Sicilia e di soggiornarvi per anni. Va anche considerato che il tragitto Petralia-Palermo richiedeva tre giorni di viaggio.
Il Faulisi non era nobile, ma con doti intellettive eccezionali ed armato di grande determinazione.
Altro particolare del dipinto precedente |
Partì quindi ancora adolescente a studiare a Palermo, anche se non vi esisteva ancora un Ateneo, né una Facoltà medica. Infatti, in tutta la Sicilia, la sola Università di Catania era abilitata a rilasciare diplomi di laurea.
Sin dal 1552 però, il famoso medico Giovanni Filippo Ingrassia da Regalbuto (1510-1580) aveva istituito a Palermo una illustre scuola di medicina. Sulle sue orme, Baldassarre Grassia nel 1621, aveva creato nello "Spedale Grande" l'Accademia di Anatomia. Nel 1645, l'istituto prese il nome di Accademia degli Jatrofisici e di Medicina, detta anche Archiliceo di Medicina. In questa ultima scuola, fondata da Paolo Pizzuto, barone della Carruba e di Torre Rotonda, protomedico di Sicilia, si insegnavano Anatomia e Chirurgia, anche con dissezione su cadavere.
Dissezioni cadaveriche (a mani nude!) per lo studio dell'anatomia |
Fu proprio il Pizzuto a far da maestro allo studente Faulisi. Il giovane, dopo i tre anni di formazione regolamentari, dovette poi spostarsi a Catania per il diploma, ma manifestò in seguito la propria riconoscenza al suo insegnante, dedicandogli la pubblicazione per la quale viene ancora oggi ricordato.
A quell'epoca la medicina stava facendo giganteschi passi avanti, in seguito alla scoperta della circolazione sanguigna e al costante progresso delle conoscenze anatomiche. Era comunque una strada tutta in salita. Basti pensare che non esistevano ancora i disinfettanti.
Lezione di anatomia |
Una volta laureato, il Faulisi si conquistò da subito una fama notevole, sia a Palermo che in altre città di Sicilia, per le sue conoscenze e capacità.
L'attività a Petralia
Dopo aver esercitato in tutta l'isola, egli non mancò di tornare a Petralia Soprana, ove svolse nei nuovi locali dell'Ospedale S. Antonio, l'incarico di protomedico, o archiatra. Era cioè il funzionario amministrativo che sovrintendeva all'esercizio dell'attività sanitaria in generale di quel territorio.
L'amministratore
Per la stima di cui godeva, il Faulisi svolse a Petralia Soprana anche altre funzioni pubbliche, venendo eletto proconservatore e tesoriere dell'Università, cioè di quello che ai giorni nostri è il Comune.
Questi due incarichi erano di estrema importanza per una cittadina feudale, che doveva rispondere della sua gestione al conte di Collesano, e oltre a lui, di fatto anche al gabelloto, cioè all'affittuario del feudo.
Il proconservatore era una figura che doveva godere della fiducia sia del feudatario che degli amministratori di Petralia, perché aveva essenzialmente compiti di controllo: era il garante, agli occhi del conte, dell'operato degli ufficiali locali nell'ambito civico. Imponeva il controllo su tutte le irregolarità nelle funzioni amministrative, per esempio da parte dei giurati (i quattro componenti di ciò che oggi verrebbe chiamata giunta comunale). Aveva compiti di vigilanza sui capitoli di spesa dei bilanci municipali e sullo stato debitorio interno, riferendone al feudatario; coordinava il controllo dei pesi e delle misure, così come la buona qualità dei prodotti presenti sul mercato interno e poteva intervenire nell’imposizione delle mete.
A tutti questi compiti si aggiunga poi quello di tesoriere dell'Università, che gli attribuiva la disponibilità materiale dei fondi civici. A quei tempi, le cariche di questo tipo venivano affidate esclusivamente a persone del "primo ceto", quello nobiliare. Quindi il fatto che le abbia cumulate il Faulisi, che a tale ceto non apparteneva, la dice lunga sulle sue capacità.
La Petralia Soprana di quei tempi
L'aspetto dell'abitato era un po' diverso da quello attuale: non esisteva corso Umberto, né piazza del Popolo. Il centro era tutto scalinatelle e vanelle strette, percorribili solo da persone ed equini. Oltre a S. Rocco, esistevano ancora le chiese del Carmelo, di S. Filippo, S. Nicola e S. Apollonia, tutte oggi scomparse. In luogo di piazza Duomo, vi era il cimitero, mentre il convento dei Frati Minori, e l'annessa chiesa appena ultimati, si ergevano solitari, circondati dalla "silva" e dall'orto dei frati. Il castello di Ruggero era ancora in piedi ma proprio a causa del terremoto del 1647 (quando Faulisi aveva 17 anni) iniziò a crollare.
Il filosofo
Come altri medici del suo tempo, e come il suo stesso maestro Pizzuto, il Faulisi si approcciò anche alla filosofia, tanto da lasciare ai suoi eredi diversi manoscritti in questo campo, così come in quello medico.
Mongitore - 1707 |
Lo scienziato e ricercatore
Il Faulisi, nonostante la breve esistenza, si conquistò in Sicilia una fama tale, da venire definito "medicus ac philosophum celeberrimus" e da venire ricordato in vari dizionari europei di storia della medicina. Le notizie sulla sua vita ci sono state trasmesse essenzialmente da Antonino Mongitore nel 1707 e da Vito Amico nel 1747.
Dizionario medico tedesco del 1747 |
Il frutto più noto delle sue ricerche è costituito da una dissertazione sui vari usi medici della gialappa, data dal Faulisi alle stampe a soli 28 anni, nel 1658.
De viribus salapae, quod non sit venenosa, neque hepati, neque cordi, aut ventricula inimica, nec denique nimis laxativa, medicam discussionem. Panormi apud Petrum de Isola in 8. 1658
La gialappa, o exogonium purga |
I conquistadores non riportarono in Europa solo ricchezze, ma anche una serie di piante che rivoluzionarono la farmacopea del tempo, come per esempio la corteccia di china, efficace contro la febbre o l'ipecacuanha, emetico ed espettorante, o il guaiaco, usato nel trattamento della sifilide e della tubercolosi.
Fra queste vi fu la gialappa (anche scialappa) pianta perenne del Messico della famiglia delle convolvulacee, riportata dalla città messicana Jalapa Enríquez, e destinata ad essere usata per diversi secoli. Le radici dei suoi rizomi, una volta seccate, costituivano infatti una droga purgante di grande efficacia (da dove il nome scientifico della pianta: Exogonium purga).
Non va dimenticata l'importanza che nella medicina di allora assumevano sia purghe e clisteri, che salassi o sanguisughe. Infatti, sino all'Ottocento, restò diffusa l’idea che i residui intestinali tossici provenienti dal cibo ingerito, potessero avvelenare l’organismo, per cui erano in massima auge tutti i possibili approcci clinici per liberare i pazienti.
La morte
Fu a Petralia che il Faulisi si spense prematuramente il 6.12.1669, a soli 39 anni.
Fu sepolto nella chiesa annessa al Monte di Pietà, cioè S. Rocco. Non lontano dall'ospedale, visto che la chiesa, oggi scomparsa, si trovava nell'angolo destro dell'attuale piazza Frate Umile.
Faulisi e Frate Umile
Menzionando Frate Umile, viene spontaneo porre a raffronto il percorso di questi due illustri sopranesi fra loro contemporanei. Giovan Francesco Pintorno era nato 30 anni prima di Giuseppe Faulisi e a differenza di lui, aveva vissuto la terribile esperienza dell'epidemia di peste, terminata nel 1625. Faulisi non incontrò Frate Umile, che alla sua nascita, era già partito da tempo a Palermo, e quando pure lui vi si recò, il celebre scultore vi era già stato sepolto.
Pur operando in ambiti totalmente diversi, i due hanno comunque alcuni punti in comune. Entrambi non sono di nobili natali e si sono fatti da sé. E per una strana coincidenza, muoiono entrambi nel pieno delle forze, a 39 anni.
A differenza di Frate Umile, il Faulisi è però tornato a porre le capacità da lui acquisite al servizio del suo paese di nascita.
Un secolo e mezzo dopo, un altro medico sopranese, Giuseppe Antonio MANCUSO, acquisirà fama anche lui con il suo libro Quadro della vaccina, edito in 4° a Palermo nel 1806, che affrontava l'argomento del vaiolo e della relativa campagna di vaccinazione, in corso all'epoca nel Regno delle due Sicilie. Ma ne tratteremo più avanti...
Josephus Faulisius, Medica discussio ad spectabilem admodum dominum don Paulum Pizzuto baronem Turris Rotundae & Carrubbae, regium consiliarium …, Sacro Consilio s.c.m. generalem Siciliae insularumq; coadiacētium protomedicum … – Panormi : ex typogr. Petri de Isola, 1658.
Antonino Mongitore, Bibliotheca Sicula, sive de scriptoribus Siculis, etc. Volume 1, Didacus Bua, 1707
Grosses vollständiges Universal-Lexicon Aller Wissenschafften und Künste (Lexicon universale approfondito e comprensivo di tutte le scienze e arti), noto anche come Zedlersches Lexicon o semplicemente Zedler, 1731-1734, Halle e Lipsia.
Güldener Denck-Ring, Göttlicher Allmacht und Menschlicher Thaten ecc., volume 31, Johann Joseph Pock, Gedruckt und verlegt von Johann Jacob Lotters Seel. Erben, 1747
Nicolas-François-Joseph Eloy, Dictionnaire historique de la médecine, contenant son origine, etc. Volume 1, J.F. Bassompierre, 1755
Annalen der Pharmacie, Heidelberg. 1834
Alessio Narbone, Bibliografia sicola sistematica o Apparato metodico alla storia letteraria della Sicilia, volume 3, Palermo 1854
Vito Maria Amico, Dizionario Topografico della Sicilia nella traduzione dal latino di Gioacchino di Marzo, pag. 341.
Francesco Ferruzza Sabatino, Cenni storici su Petralia Soprana, Palermo, Pezzino, 1938
Guido Macaluso, Petralia Soprana, Guida alla storia e all'arte, Palermo 1986
Mario Sabatino, Petralia Soprana, ieri e oggi, Comune di Petralia Soprana, 1998
Salvatore Mazzarella, Galleria in Nuove Effemeridi, Rassegna trimestrale di cultura, anno VII n. 27, 1994, Guida
Salvatore Mazzarella, Uomini e cose delle Madonie, Naftolia, 1996
Mario Sabatino, U postali ô Patrinuostru. Come eravamo nel '900 a Petralia Soprana, edizioni Arianna, 2023
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